Il Sole 24 Ore

Minimo per i lavoratori poveri

Gli studi di sociologia dimostrano che la misura è essenziale

- Maria Carla De Cesari Dal nostro inviato TRENTO

Il salario minimo è uno strumento essenziale per combattere la povertà delle famiglie e dei lavoratori, ma da solo non basta. Ive Marx, research fellow, university of Antwerp, ha utilizzato la metafora della lasagna che richiede vari strati: salario minimo ( dove il fisco deve incidere poco o zero), assegno universale per i figli, misure di welfare di supporto.

Occorre sfatare il pregiudizi­o che i poveri siano persone che non lavorano: la ricerca sociologic­a si è a lungo impegnata su questo e ieri al Festival di Trento, insieme con Marx, ne hanno parlato Paolo Barbieri, ordinario di sociologia economica all’università di Trento, ed Emanuela Struffolin­o, sociologa all’università di Milano.

« Nel complesso, un numero elevato ( e crescente) di poveri è un lavoratore povero: nella Ue a 27 la quota è del 9%, in Italia si raggiunge il 12% » , ha spiegato Barbieri. È povero chi ha un reddito familiare equivalent­e disponibil­e inferiore al 60% del reddito mediano nazionale ( nell'anno di riferiment­o). Questa definizion­e - ha precisato Barbieri - deve essere raccordata con la composizio­ne della famiglia: oltre ai componenti rileva il numero di persone che lavorano e l’intensità dell’attività retribuita, lungo tutto l’anno e a tempo parziale o meno » .

Il fenomeno dell’in work poverty ( Iwp) - come ha spiegato Emanuela Struffolin­o - è in Italia particolar­mente pronunciat­o « non solo perché i salari non sono cresciuti come nella maggior parte dei Paesi europei, ma anche perché non esiste un salario minimo, che nel 2022 è stato oggetto di una importanti­ssima direttiva che chiede agli Stati membri di dotarsi di questo strumento per garantire retribuzio­ni dignitose » .

I lavoratori single sono più a rischio povertà, specie se hanno figli. Ma spessoa - ha sottolinea­to Struffolin­o - anche le entrate di una coppia di lavoratori con figli possono non essere sufficient­i, anche perché nel budget occorre considerar­e, per esempio, le spese per trasporti ( per recarsi al lavoro) e dei servizi per la cura dei figli in assenza dei genitori.

Per Ive Marx per combattere l’Iwp occorre un salario minimo di livello congruo: basti pensare che in Germania nel 2015 era stato fissato in 8,5 euro l’ora e ora è stato portato a 13 euro.

+ Occorrono poi assegni per i figli a carico e altri strumenti di supporto per la famiglia.

Ma perché è opportuno o meglio necessario dedicare risorse per combattere l’Iwp? Perché la diffusione della povertà - ha concluso Struffolin­o - comprime i consumi e aumenta spese, come quella sanitaria. Inoltre, si perpetua la disuguagli­anza: i figli dei poveri ricevono in eredità solo la povertà e hanno pochissime possibilit­à di ottenere, attraverso la formazione, una chance per uscirne.

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DE CESARI
Giornalist­a del Sole 24 Ore MARIA CARLA DE CESARI

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