« La lezione di Don Milani, mai mettere a tacere i libri »
Ai 100 anni dalla nascita del priore di Barbiana: « Ci abituò al confronto, mai zittire qualcuno » . Il riferimento alla Roccella dopo le proteste al Salone del Libro
Forse è conosciuto più il suo motto della sua persona. ” I care” ha attraversato i confini italiani diventando il messaggio identitario di chi concepisce l'esistenza come passione civile e di chi mette al bando l’indifferenza. Ma, appunto, dietro quelle due parole che rappresentano una visione della vita c'era lui, Don Lorenzo Milani di cui ieri Mattarella ha voluto ricordare i cento anni dalla nascita. Morì a soli 44 anni, mandato nei boschi del Mugello, a Barbiana, perché « i suoi canoni, la sua radicalità » venivano visti con diffidenza negli ambienti ecclesiastici. E in quel borgo - dove ieri è andato il capo dello Stato - tra la canonica, la chiesa, poche case e tanta povertà, lasciò la sua lezione di « cui siamo ancora riconoscenti » . Una lezione ricordata nei suoi tratti più forti, addirittura dirompenti in quell'epoca in cui educazione e povertà, cultura e marginalità, non si potevano avvicinare. E invece, ricorda Mattarella, Don Milani diceva che « il mondo si divide in due categorie: non è che uno sia più intelligente e l'altro meno intelligente, uno ricco e l'altro meno ricco. Un uomo ha mille parole e un uomo ha cento parole » . Ecco, le parole.
Per la prima volta ci fu chi parlò della povertà di linguaggio che è, sottolinea il capo dello Stato « veicolo di povertà completa, e genera ulteriori discriminazioni: guadagnare le parole voleva dire incamminarsi su una strada di liberazione » . E avere parole vuol dire anche saper esprimere pensieri diversi, averne rispetto, esercitare lo spirito critico. È qui che Mattarella aggancia l'attualità e le recenti polemiche scoppiate al Salone del Libro di Torino quando un gruppo di contestatori ha impedito alla ministra Roccella di presentare il suo libro. « Don Milani cercava di instaurare l'abitudine a osservare senza sottrarsi mai al confronto, senza pretendere di mettere qualcuno a tacere, tanto meno – vorrei aggiungere - un libro o la sua presentazione » .
Ricorda “Lettera a una professoressa”, scritto con i suoi alunni quando era già malato e il senso profondo del suo insegnamento. « La scuola è di tutti. La scuola deve essere per tutti. Il merito non è l’amplificazione del vantaggio di chi già parte favorito ma dare nuove opportunità a chi non ne ha » . Una lezione utile anche oggi - e sempre - visto che privilegio ed emarginazione sono il binomio della storia dell'umanità. E la scuola è la cura, « come luogo di promozione e non di selezione sociale » . Proprio Don Milani sviluppò « una acuta sensibilità circa il rapporto - che si pretendeva gerarchico - tra centri e periferie » . E a quelle domande - « come uscire dall’emarginazione? Come contribuire al progresso della Repubblica? » – la risposta è sempre stata la scuola « come leva per contrastare le povertà. Anzi, le povertà » . Alla commemorazione hanno partecipato il cardinale Zuppi e Betori, il Governatore, il sindaco Nardella, Rosy Bindi e il presidente della Fondazione Burberi. Naturalmente risuona il suo “I care”, che è « il motto di chi rifiuta l’egoismo e l’indifferenza » ma, chiude Mattarella, Don MIlani diceva anche: « Finché c'è fatica, c'è speranza » .
Nel pomeriggio il capo dello Stato si è spostato a Firenze per la commemorazione della strage dei Georgofili su cui ieri la premier Meloni ha detto parole durissime. « Nessun fiorentino, nessun italiano, potrà mai dimenticare. Così come nessuno potrà mai cancellare dalla memoria quegli anni così difficili per la nostra nazione. Il Governo rivolge il suo pensiero commosso a tutti i famigliari delle vittime e rinnova il suo ringraziamento ai servitori dello Stato che hanno lottato e lottano contro la mafia » .
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