Meta, dopo la multa Ue la scommessa vera è diversificare il business
Il Metaverso delude. Il mercato approva la svolta su efficienza e l’impegno sull’attività dei social. Essenziale, però, articolare i ricavi. Attesa per l’assemblea
Lunedì 22 maggio 2023 è arrivata la multa da 1,2 miliardi. Meta è stata riconosciuta colpevole, da parte della Data protection commission, di avere violato l’art. 46 del regolamento europeo sulla protezione dei dati. L’ex Facebook, definendo la sanzione ingiustificata, ha subito detto che farà ricorso. Al di là della cronaca, il caso in oggetto riguarda il più ampio tema della raccolta e uso dei dati sui social network ( Facebook, Instragram e WhatsApp quelli di Meta). Una questione che, non da oggi, rappresenta un nodo sempre più rilevante per le società del settore, compresa quella di Mark Zuckeberg.
Scandali e norme
La situazione, a ben vedere, non stupisce gli esperti. « La normativa europea, senza peraltro scordare lo scandalo di Cambrigde Analityca - sottolinea Umberto Bertelé, professore emerito di Strategia del PoliMi -, circoscrive lo sfruttamento delle informazioni degli utenti. Un fatto che induce dei limiti all’uso del marketing digitale in capo ad imprese come Meta » . Non solo. « Il sistema Tracking trasparency di Apple, annunciato nel 2021 - aggiunge Nicoletta Corrocher, docente di Economia dell’innovazione alla Bocconi -, ha comportato ulteriori problemi all’ex Facebook » . Avere un minore ammontare di dati a disposizione - legati all’ habitat tecnologico del sistema operativo iOs - « significa, rispetto ad un’ampia base di utenti, realizzare pubblicità meno personalizzate, anche in funzione dei loro comportamenti » . Certo: « molte ricerche rivelano come la consapevolezza dei consumatori rispetto alla privacy sia bassa » . Quindi, non è detto « che il nuovo contesto impatti così profondamente Meta » . Ciò detto, tuttavia, la considerazione di fondo rimane valida. Vale a dire: « a fronte di un simile scenario - dice Giacomo Calef, Country manager di NS Partners - l’essere legati, riguardo alla tipologia delle entrare, essenzialmente al soloadvertising solo advertising è una condizione non efficiente » . « Anche perchè - ricorda Raphael Pitoun, Portfolio manager di Trium Capital - la suddetta condizione rende il business più sensibile al ciclo economico » .
Di questi aspetti, evidentemente, ne é consapevole la stessa ex Facebook. Il cambio di nome e l’avventura nel Metaverso - dopo avere già tentato, non va dimenticato, qualche anno fa l’esperimento con la stablecoin Diem - possono leggersi proprio come la voglia di mutare o, perlomeno, evolvere l’attività. Di scommettere su una nuova frontiera della realtà virtuale immersiva la quale, tra le altre cose, dovrebbe permettere l’offerta di nuovi servizi e generare ulteriori ricavi. Sennonché, solo un anno ( o poco più) dopo il lancio del progetto, il gruppo ha cambiato le carte in tavola. Le parole d’ordine sono diventate: efficienza, riduzione dei costi ( circa 20.000 i licenziamenti) e ri- focalizzazione sul core business ( social network). Il Metaverso, dal canto suo, finisce più sullo sfondo, un programma futuribile. Al che si domanda: cosa è successo? « È accaduto - risponde Bertelé -, da una parte, che la tecnologia è risultata non così avanzata da permettere la realizzazione di una virtual reality realityestrema estrema e comprensiva come l’azienda ipotizzava » ; e, dall’altra, che « i forti investimenti su questo fronte hanno impattato eccessivamente i conti del gruppo » . « Nel 2022 - fa da eco Calef - le perdite operative patite dalla divisione di Reality labs, quella del Metaverso, sono state circa 3,9 miliardi di dollari » . Una cifra che « nell’esercizio in corso, a detta di Meta, sarà probabilmente maggiore » . Di più. In un simile contesto, aggravato dalle strette di politica monetaria, « i corsi azionari del gruppo - riprende Bertelé - sono scivolati ( nel 2022 il titolo ha perso intorno al 64%, ndr), bruciando miliardi di dollari capitalizzazione » . Chiaro come, di fronte a queste dinamiche, Zuckeberg abbia deciso di cambiare rotta ( i maligni dicono ha fatto un’inversione a « U » ). E il mercato lo ha premiato: da inizio anno il titolo Meta guadagna oltre il 108%, sovraperfomando gli indici di riferimento.
Questione di correlazioni
Già, gli indici di riferimento. Il risparmiatore, su questo fronte, pone un quesito: Meta, e in generale i titoli tecnologici, sono realmente sostenuti dai fondamentali? La risposta, analizzando in maniera grezza la dinamica del conto economico rettificato, è positiva. Nel 2012 ( anno dell’Ipo), secondo il terminale Bloomberg, l’allora Facebook aveva un giro d’affari di circa 5 miliardi. Lo scorso esercizio il fatturato, sempre rettificato, di Meta si è assestato a 116,7 miliardi. L’utile netto adjusted, invece, valeva 32 milioni. Nel 2022 è risultato di 27,3 miliardi ( 23,2 miliardi i profitti reported). Ebbene: il titolo, nel frattempo, è passato dai 38 dollari del prezzo di quotazione agli attuali oltre 240 dollari. Cioè: all’incremento del conto economico ha corrisposto la salita del titolo. « Sennonché - spiega Calef -, analizzando la correlazione matematica tra fondamentali e quotazioni ci si accorge che l’indicatore, a livello complessivo e sul periodo di 10 anni, è piùttosto basso » . Riguardo, ad esempio, « all’Ebitda margin la correlazione è di 0,16 volte » . Vero! Ha inciso « la forte discesa del rapporto tra Ebitda e ricavi dell’ultimo esercizio » . E, tuttavia, « il numero segnala come il trend in Borsa sia anche la conseguenza di altri fattori: dalle politiche monetarie ai miliardari buy back sulle azioni fino al peso dei titolo di Meta sugli indici globali » . Una caratteristica, quest’ultima, « la quale incide sulle strategie di portafoglio di fondi passivi e non » .
modelli di business
Fin qui alcune considerazioni su norme, recenti strategie e dinamiche business. Quali, però, le prospettive riguardo proprio a quest’ultimo? In generale Meta ha costruito il suo successo anche, e soprattutto, sul cosiddetto effetto “platform”. Cioè: la creazione di luoghi digitali dove più i soggetti sono attratti ad usare la piattaforma e più la stessa piattaforma si espande. In simili casi l’oggetto del prodotto siamo noi, i nostri comportamenti. La formula di successo di Meta ( ex Facebook) è avere capito per prima che le persone hanno una voglia contagiosa di sapere degli altri, d’interagire. Basta pensare a quando si posta una foto e si la tagga ad un’altra persona: quest’ultima subirà il desiderio di vedere cosa c’è in quella foto che gli è stata segnalata. Non viene sfruttata una esigenza singola della persona, bensì l’intero portato emotivo di ciascuno di noi.
Ai e pubblicità
Una simile piattaforma è, per il marketing digitale, una vera miniera d’oro. La quale però, in scia proprio alle restrizioni sull’uso dei dati, rischia di inaridirsi. Di qui la necessità, a detta di diversi esperti, della diversificazione. Ciò detto, però, non tutti concordano con la necessità di una maggiore articolazione dell’attività. « La dipendenza dall’advertising nel breve- medio periodo - spiega Lorenzo Batacchi di Assiom Forex - non preoccupa. Parliamo di un gruppo che è già di per sé diversificato in 3 importanti social network. Piattaforme con circa 3 miliardi di utenti » . Una barriera « contro la concorrenza rilevante » . « Certo - riprende Corrocher - non può escludersi, come nel caso di Tik Tok, che nuovi social, facendo leva su un utenza giovane e modalità d’interazione più semplici ed immediate ( ad esempio brevi video, ndr), siano in grado di acquistare quote di mercato » . E, però, « l’effetto network di Meta rimane importante » , rimarca Calef. A ben vedere, come ha sottolineato lo stesso gruppo nell’ultima trimestrale, una mano sul fronte del business la offre l’Artificial intelligence ( Ai). « Gli investimenti effettuati nell’Ai- indica Batacchi - consentono l’efficientamento proprio dell’advertising » . Tanto che la società, tra le altre cose, « ha indicato il miglioramento, quarter su quarter, della monetizzazione sui Reels ( brevi video usati sul social, ndr) del 30% in Instagram e del 40% in Facebook » . « Inoltre - riprende Calef - l’Ai, da una parte, potrebbe risolvere i problemi legati alla privacy, analizzando in maniera maggiormente efficace il dati » ; e, dall’altra, « l’intelligenza artificiale - rimarca Saverio Papagno, Head of Growth Strategies e Senior Portfolio Manager Gruppo Azimut - è allenata su un cosi vasto set di dati che i competitor più piccoli non possono avere » . Insomma: un’altra importante barriera d’ingresso che limita la concorrenza.
Già, la concorrenza. Anche rispetto a quest’ultima, rimane il fatto che sarebbe meglio un’attività meno legata al solo advertising. È questo - una questione di modello di business - il tema che si pone sul futuro di Meta. Molto più delle miliardarie multe inflitte dall’Ue ( e non solo). Quelle, lo si è visto nella seduta di Borsa di lunedì 22 Maggio durante la quale il titolo è salito, il mercato ormai le snobba.