Ricerca e sviluppo, i giudici bocciano i recuperi del Fisco arrivati oltre i termini
Richiamando la Cassazione, le Cgt respingono la qualifica del credito come inesistente Finisce sotto esame anche la necessità del parere ( facoltativo) del ministero
La giurisprudenza di merito, in tre recenti occasioni, respingendo le contestazioni dell’amministrazione finanziaria, ha confermato l’ormai consolidato orientamento in materia di crediti d’imposta per la ricerca e sviluppo, in particolar modo sotto il profilo della carenza “tecnica” degli organi accertatori in materia. Si tratta, rispettivamente, delle pronunce della Cgt di secondo grado della Campania n. 6212/ 7/ 2023 ( presidente e relatore Tarallo), della Cgt di secondo grado della Lombardia n. 164/ 25/ 2024 ( presidente Colavolpe e relatore Ferrero) e della Cgt di primo grado di Sondrio n. 7/ 2/ 2024 ( presidente La Salvia e relatore Lamberti).
Il parere del ministero
Nella prima sentenza presa in esame la Cgt campana ha rigettato l’appello dell’amministrazione finanziaria, ribadendo quanto già espresso in precedenza in analoga questione ( con la sentenza n. 3780/ 2023), anche con richiami di numerosi precedenti giurisprudenziali favorevoli al contribuente.
La Corte è intervenuta su due aspetti:
da un lato ha riconosciuto che l’articolo 8, comma 2 del decreto ministeriale del 27 maggio 2015 contempla solo una facoltà per l’agenzia delle Entrate di richiedere al competente ministero di esprimere un parere in ordine a valutazioni di carattere tecnico;
dall’altro ha ritenuto che, nel caso di specie, tale facoltà avrebbe dovuto essere esercitata, in ragione delle problematiche tecniche di complessità non trascurabile.
A parere dei giudici campani, pertanto, l’ufficio non potrebbe rivendicare il possesso di conoscenze di natura tecnico- scientifica tali da permettere una congrua e appropriata disamina circa la rispondenza delle attività di ricerca e sviluppo ai parametri normativamente previsti per la fruizione del credito d’imposta; inoltre, in assenza di un parere tecnico emesso dall’organo a ciò preposto ( seppur facoltativo), le motivazioni esposte nell’atto di recupero « si pongono di fatto sullo stesso piano delle altrettanto articolate deduzioni difensive e, quindi, appaiono intrinsecamente insufficienti a legittimare la pretesa impositiva » ( si veda analogamente la sentenza della Ctp Napoli n. 4988/ 30/ 2022).
A ciò si aggiunga che la parte, a supporto della propria tesi difensiva, aveva depositato due perizie giurate, i cui contenuti non venivano confutati, da un punto di vista prettamente tecnico, dall’agenzia delle Entrate.
I termini di accertamento
Con la seconda sentenza presa in esame, la Cgt della Lombardia ha rigettato l’appello dell’amministrazione, ritenendola, nel caso in questione, decaduta dal potere di accertamento per avere emesso l’atto di recupero del credito d’imposta ricerca e sviluppo oltre gli ordinari termini previsti dall’articolo 43, comma 1, del Dpr 600/ 1973 e ( impropriamente) entro il maggior termine di otto anni previsto dall’articolo 27, comma 16, del Dl 185/ 2008.
I giudici lombardi hanno ritenuto corretto e coerente l’iter motivazionale percorso dalla Ctp, in particolar modo in relazione al fatto che le circolari ministeriali in materia tributaria non rappresentano una fonte del diritto e, pertanto, non possono imporre al contribuente adempimenti non previsti dalla legge e nemmeno istituire cause di revoca di agevolazioni fiscali non contenute nelle norme.
Oggetto del contendere era il credito d’imposta per la ricerca e sviluppo maturato nell’anno 2008 e utilizzato dal contribuente nell’anno 2011.
L’amministrazione, nelle proprie contestazioni, insisteva sul fatto che la parte non avrebbe inserito il credito nella dichiarazione dei redditi dell’anno 2011 ( anno di utilizzo), bensì in quella relativa all’anno 2008 ( anno di maturazione). Questo, evidentemente, al solo fine di sostenere la qualificazione del credito d’imposta come “inesistente” e quindi per poter emettere l’atto di recupero nel termine di otto annualità.
La Corte, dopo aver puntualizzato la correttezza dell’operato del contribuente e ritenuto il credito in oggetto certo ed esistente, ha dichiarato l’agenzia delle Entrate decaduta dal potere di accertamento, avendo emesso l’atto di recupero nel 2019 e quindi ben oltre gli ordinari termini di accertamento, rigettandone conseguentemente l’appello.
La terza ed ultima pronuncia in esame qualifica il credito d’imposta ( a tutto voler concedere) come “non spettante”, rifiutando l’inquadramento dell’agenzia delle Entrate come “inesistente”.
La Cgt di Sondrio, in particolare, dopo aver ricordato la recente pronuncia della Cassazione ( Sezioni unite n. 34419/ 2023) in tema di distinzione tra crediti “non spettanti” e “inesistenti”, ha accolto il ricorso del contribuente, non ritenendo “inesistente” il credito in esame e dichiarando, anche in questo caso, l’amministrazione finanziaria decaduta dal potere di accertamento, per aver emesso l’atto di recupero oltre gli ordinari termini di cui all’articolo 43, comma 1, del Dpr 600/ 1973.
Da notare, peraltro, che il decreto delegato sulle sanzioni ( Ag 144) dovrebbe qualificare come inesistenti i crediti per i quali mancano, in tutto o in parte, i presupposti costitutivi, formulazione da interpretare anche alla luce del criterio distintivo delineato dalle Sezioni unite.
L’importo va definito come non spettante e di conseguenza l’avviso va emesso nei termini ordinari
Non si applica il termine di accertamento di otto anni previsto dall’articolo 27, comma 16, del Dl 185/ 2008