Ricostruzione storica per valutare la continuità aziendale delle Pmi
Nelle piccole imprese senza piani prospettici bisogna ripercorrere i dati pregressi
Nelle aziende di minori dimensioni, dove spesso non vengono elaborati dati prospettici, come deve essere valutata la continuità aziendale ai fini della corretta redazione del bilancio?
1 Gli obblighi
Tra gli obblighi gravanti sul redattore del bilancio vi è quello di indagare sulla capacità dell’azienda di continuare a costituire un complesso funzionante destinato alla produzione di reddito per un prevedibile arco temporale futuro, relativo a un periodo di almeno dodici mesi dalla data di riferimento del bilancio.
La valutazione presuppone quindi un’analisi prospettica, che non è propria del bilancio che per sua natura è un documento che rappresenta la situazione passata ( e quindi storica).
2 L’analisi dell’equilibrio economico e finanziario
Da quando il Codice della crisi d’impresa ( Dlgs 14/ 2019) ha previsto l’obbligo di istituire i cosiddetti “adeguati assetti”, il lavoro del redattore del bilancio è semplificato, considerato che l’azienda, oltre allo scadenziario, ha in uso il conto economico prospettico e il piano di cassa prospettico a dodici mesi: due documenti che, se correttamente redatti, ben consentono di verificare la sussistenza ( o meno) di continuità.
3 Gli strumenti alternativi per le Pmi
Nelle imprese che non redigono questi documenti – si pensi a quelle di piccole dimensioni non in situazioni di difficoltà, che potrebbero erroneamente escluderne la rilevanza – il redattore potrebbe monitorare i dati pregressi dei valori economici monetari e delle posizioni debitorie, ma affinché l’analisi sia efficace, occorre che venga ricostruita la serie storica in modo che il trend possa permettere di prevedere l’evoluzione futura.
4 L’analisi qualitativa
A questo tipo di analisi è poi opportuno aggiungerne anche una qualitativa.
Spunti interessanti sono contenuti nel principio di revisione 570 e nel documento della Fondazione Odcec del luglio 2023, che individuano tre tipologie di indicatori:
quelli finanziari ( prestiti a scadenza fissa senza capacità di rinnovo o di rimborso; eccessiva dipendenza da prestiti a breve termine; consistenti perdite operative; discontinuità nella distribuzione dei dividendi; incapacità nel rispettare i covenant; cambiamento delle forme di pagamento concesse dai fornitori);
quelli gestionali ( perdita di amministratori o di dirigenti o dipendenti chiave o degli organi di controllo, perdita di mercati fondamentali, di contratti, ingresso di nuovi concorrenti);
altri indicatori ( capitale ridotto, contenziosi legali e fiscali di particolare entità, modifiche legislative o politiche governative con effetti sfavorevoli all’impresa, mancanza dei requisiti per il mantenimento delle autorizzazioni necessarie allo svolgimento dell’attività sociale prevalente).