La polizza vita a favore di uno solo dei legittimari
Un genitore, contraente/ assicurato di una polizza vita di capitalizzazione, dispone che beneficiario in caso di sua morte sia solo uno dei suoi figli, e provvede comunque affinché tutti gli altri suoi eredi - che hanno diritto di legittima - ricevano tramite testamento quanto loro dovuto a compensazione, soddisfacendo così tutti i diritti di legittima. Nel caso descritto, il figlio beneficiario della polizza potrà ricevere e trattenere l'importo liquidatogli per il caso morte del genitore assicurato? Qualora, invece, il figlio fosse chiamato alla collazione dagli altri eredi, potrà trattenere solo l'eventuale utile dell'investimento, ma dovrà suddividere con gli altri eredi i premi pagati dal genitore?
La certezza dell’attribuzione testamentaria, in presenza di legittimari, può acquisirsi solo attraverso l’operazione cosiddetta di riunione fittizia, che si esegue all’apertura della successione: "relictum", meno debiti, più "donatum". È su questa sommatoria che si calcola la quota disponibile, assolutamente intangibile. Altra notazione, a carattere generale, riguarda la composizione della legittima, da intendere in senso quantitativo, e non qualitativo. Essa, cioè, deve rispettare il valore dei beni spettanti per legge, ma non comprendere in ogni quota una parte di qualsiasi cespite ereditario. Fatte queste premesse, il beneficiario di una polizza vita non va considerato erede, ma titolare di un diritto acquisito iure proprio, inter vivos, che non rientra nell’asse ereditario ( articolo 1920 del Codice civile).
Infine, circa la citata "riunione fittizia", nella quantificazione di eventuali diritti dei legittimari lesi assumeranno rilevanza i soli premi della polizza corrisposti dal defunto, che possono assumere la natura di
donazione indiretta e, in quanto tali, rientrare nella massa ereditaria. Se in base a tale computo non si supera la quota disponibile, il figlio destinatario della polizza potrà stare tranquillo.