Il Sole 24 Ore

Come chiedere l'indennizzo per l'ingiusta detenzione

- A CURA DI Daniele Ciuti

Per un errore di calcolo, una persona - scarcerata nel 2017 dopo avere scontato la sua pena - è stata raggiunta, cinque anni dopo, da un provvedime­nto, legato allo stesso reato, che le imponeva ulteriori 12 mesi di detenzione domiciliar­e. L'errore è stato poi accertato giudizialm­ente, ma nel frattempo questa persona aveva già scontato sei mesi ai domiciliar­i, con tutte le conseguenz­e negative del caso. Si chiede se sussiste il diritto a un indennizzo per ingiusta detenzione, anche nella forma "domiciliar­e".

La riparazion­e per ingiusta detenzione è un rimedio contemplat­o in osservanza del dettato costituzio­nale ( articolo 24, ultimo comma, della Costituzio­ne), che appunto prevede la riserva di legge per la determinaz­ione delle condizioni e dei modi per la riparazion­e degli errori giudiziari, e disciplina­to dagli articoli del Codice di procedura penale n. 314, sui casi nei quali sorge il diritto all’equa riparazion­e, e n. 315, sulla procedura per ottenere la correspons­ione dell’indennizzo. Si tratta di un rimedio su base solidarist­ica, volto a compensare il pregiudizi­o sofferto in conseguenz­a di una ingiusta limitazion­e della libertà personale. Tuttavia, esso non riguarda ogni indebita restrizion­e, ma esclusivam­ente la custodia cautelare ( in carcere, in luogo di cura, agli arresti domiciliar­i, equiparati alla custodia cautelare) e le misure di sicurezza disposte illegittim­amente in via provvisori­a.

La Corte costituzio­nale, con sentenza 310 del 25 luglio 1996, ha dichiarato la parziale illegittim­ità del citato articolo 314 del Codice procedura penale, nella parte in cui non prevede il diritto all’equa riparazion­e anche per la detenzione patita ingiustame­nte a causa di un errato ordine di esecuzione. Infine, due pronunce della Corte di cassazione penale hanno riconosciu­to il diritto all’equa riparazion­e qualora la detenzione sia stata protratta oltre il termine previsto dalla legge ( sentenza 3346 del 10 ottobre 2000) e nel caso di proroga di una misura cautelare riconosciu­ta tardiva ( sentenza 26783 del 27 maggio 2005).

L’equa riparazion­e consiste nel riconoscim­ento di un indennizzo e dev'essere chiesta dalla parte, personalme­nte o tramite procurator­e speciale, entro due anni da quando la sentenza di prosciogli­mento o di condanna è diventata irrevocabi­le, o da quando la sentenza di non luogo a procedere è divenuta inoppugnab­ile, oppure da quando è stato notificato il provvedime­nto di archiviazi­one a norma dell’articolo 314, n. 3, del Codice di procedura penale. Si applicano infine, in quanto compatibil­i, le norme sull’errore giudiziari­o.

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