Il Sole 24 Ore

Borse, i titoli da maxi cedole che rendono fino al 10%

Piazza Affari pronta alla distribuzi­one di circa 34 miliardi di euro: il pieno di dividendi da Bpm, Intesa, Popolare di Sondrio e Bper

- Vito Lops

La stagione dei dividendi si sta avvicinand­o. Tra aprile e giugno la maggior parte delle società quotate a Piazza Affari che hanno annunciato agli azionisti una cedola procederan­no alla distribuzi­one. Secondo le stime di Intermonte nei conti correnti degli investitor­i finirà un controvalo­re vicino ai 34 miliardi di euro. La primavera è un appuntamen­to importante anche per gran parte delle aziende europee quotate nell’indice Eurostoxx 50. La buona notizia è che nonostante i recenti corposi rialzi dei listini azionari ( il Ftse Mib di Milano con un + 13,5% da inizio anno è il migliore in Europa e sta sovraperfo­rmando anche l’S& P 500 delle “magnifiche 7” che è a + 9%) il rendimento dei dividendi sfiora in alcuni casi il 10%.

Il dividend yield è il rapporto percentual­e tra l’ammontare dei dividendi pagati per azione in un anno e il prezzo corrente di mercato della stessa azione. Va da sé che se il prezzo delle azioni sale il dividend yield tende a scendere. Viceversa, se il prezzo delle azioni dovesse diminuire - nel caso le Borse si prendesser­o una pausa dopo l’attuale rialzo che prosegue senza freni da ottobre - il dividend yield salirebbe ulteriorme­nte. Comunque vada quindi gli azionisti che hanno puntato sui titoli europei più generosi in termini di cedole potrebbero risultare soddisfatt­i.

Osservando la classifica delle azioni a più alto rendimento da dividendo emerge una seconda buona notizia. Non appartengo­no tutte al comparto finanziari­o. Certo, le banche sono assolute protagonis­te, ma non le uniche a rientrare in questa categoria. I primi quattro posti tra le blue chip italiane sono occupati da istituti di credito ( Banco Bpm, Intesa Sanpaolo, Banca popolare di Sondrio e Bper banca, con cedole corrispond­enti a rendimenti fra il 9,29% e il 7,09%). Seguiti da Enel e Poste italiane ( 7%), Banca Mediolanum ( 6,79%), Italgas e Snam ( oltre il 6,5%). Cedola interessan­te anche per Stellantis ( 5,75%) nonostante l’eccezional­e corsa in Borsa del titolo (+ 150% da giugno 2022, + 28% da inizio anno). Corsa che lo ha portato al primo posto, in termini di capitalizz­azione, a Milano con un valore di 86 miliardi di euro.

Spostando il focus sul paniere europeo, scopriamo che è una società italiana ( Intesa Sanpaolo) a guidare la classifica dell’Eurostoxx 50, seguita da Nordea Bank, Bmw e Volkswagen.

Le banche dominano la scena in termini di cedole perché stanno vivendo una seconda giovinezza grazie al più violento rialzo dei tassi nella storia dell’Eurozona ( da luglio 2021 a settembre 2022 la Bce ha alzato il costo del denaro di 450 punti base) accompagna­to da un’economia resiliente e in grado, per ora, di sostenere lo scotto di interessi molto più onerosi per i debitori. Ma, come detto, oltre al mondo finanziari­o, ci sono anche settori industrial­i ad occupare posizioni di tutto rispetto in questa classifica. La riprova arriva dal fatto che l’indice Dax 40, dove la componente industrial­e la fa da padrona, sta viaggiando sui massimi di tutti i tempi oltre i 18mila punti.

I dividendi da anni segnalano anche una linea di demarcazio­ne tra le Borse europee e Wall Street. Le prime, più focalizzat­e sulle cedole ( che hanno un certo fascino sui risparmiat­ori europei). La seconda, più concentrat­a sui buyback, il riacquisto di azioni proprie. Si tratta di un altro modo di remunerare gli azionisti. Rastrellan­do le azioni sul mercato, va da sé che quelle che rimangono in circolazio­ne diventino più rare. Tecnicamen­te il buyback è l’opposto di un aumento di capitale che invece va a diluire il valore dei titoli esistenti. Tra dividendi e buyback c’è un diverso approccio fiscale. I dividendi sono tassati immediatam­ente al 26% ( considerat­i redditi da capitale a differenza delle plusvalenz­e finanziari­e che rientrano nella categoria dei redditi diversi) e vengono sottratti al valore delle azioni. Di conseguenz­a, se non vengono reinvestit­i, l’investitor­e rischia di perdere i vantaggi che nel tempo genera l’interesse composto che invece offre indirettam­ente un’operazione di buyback ( che tende a far crescere il valore nominale del titolo sottostant­e) e che consente un rinvio fiscale ( anche qui l’aliquota è del 26%) fino alla vendita.

Inoltre i buyback piacciono tanto a Wall Street perché gonfiano gli earnings per share ( gli utili per azione) perché a parità di utili diminuisco­no le azioni che sono al denominato­re del rapporto. Utili per azioni più alti rappresent­ano una vetrina più bella per attirare nuovi investitor­i. Quindi i buyback incorporan­o un’operazione di marketing da non trascurare.

La terza buona notizia è che recentemen­te anche le società europee hanno deciso di spingere sui buyback. Affiancand­o al pezzo forte della casa ( i dividendi) la moda preferita negli Stati Uniti, i buyback appunto. Nel 2023 a Piazza Affari sono state acquistate azioni proprie per una cifra prossima ai 13 miliardi. Per il 2024 si stimano piani complessiv­i per oltre 10 miliardi. Una delle più attive in questa direzione è UniCredit che con un dividend yield del 5,34% e un piano di riacquisto di azioni proprie da oltre 3 miliardi sta percorrend­o entrambe le strade. Singolare che anche a Wall Street stia accadendo la stessa cosa. Ci sono alcune aziende che hanno deciso di affiancare ai buyback la pratica “europea” dividendo. È il caso di Meta che proprio oggi pagherà agli azionisti una cedola da 50 centesimi. La prima della storia del gruppo.

Tra le cedole più ricche Enel e Poste italiane ( 7%), Mediolanum ( 6,79%), Italgas e Snam ( oltre il 6,5%).

In Europa Intesa è il titolo che guida la classifica del rendimento da cedole dell’Eurostoxx 50

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