Il nuovo paradigma dell’adempimento collaborativo
Riforma fiscale
L’adempimento collaborativo sposta le lancette dell’orologio, nella relazione Fisco- contribuente, sostituendo la verifica fiscale successiva, anche di un lustro, agli adempimenti fiscali, con il contraddittorio preventivo, con l’obiettivo della certezza per l’impresa. Per entrare nello spirito e nelle dinamiche della cooperative compliance è richiesta un’innovativa Weltanschauung: la verifica fiscale ( tax audit) deve lasciare il posto alla verifica dei processi fiscali ( audit of tax). Non è più il singolo fatto aziendale, nella sua dimensione contabile e fiscale, ad essere oggetto di controllo ex post, bensì il disegno dei processi che assicurino la corretta applicazione della normativa tributaria ai fatti aziendali.
Nell’immergersi in questa filosofia, accostandosi al regime: i) l’impresa deve strutturare procedure e controlli per mettere in sicurezza il processo di determinazione delle imposte ( Tax Control Framework - Tcf); ii) l’Autorità fiscale deve prendere dimestichezza con la valutazione dei sistemi di controllo interno del rischio fiscale che l’impresa si è data, per adempiere correttamente all’obbligazione tributaria.
La recente riforma ha confermato tre caposaldi che devono ispirare il disegno del Tcf. Occorre dotarsi di una mappa granulare, in cui si identifichino i rischi fiscali che si annidano nei processi aziendali ed i controlli che li mitighino: il riferimento è ai processi aziendali tutti, non solo a quelli che trovano compimento nella stanza del fiscalista, perché all’iscrizione all’albo fornitori l’impresa può intercettare possibili violazioni sottese alla successiva esecuzione del servizio che sta acquistando e la registrazione di un’aliquota di ammortamento nei sistemi aziendali può dar luogo ad errori operativi che incidono sulle imposte. Occorre un setaccio per selezionare i rischi fiscali che richiedano un’interlocuzione tempestiva ed esauriente con l’Agenzia delle entrate, per ottenere certezza preventiva: flussi informativi verso la funzione fiscale e parametri qualitativi e quantitativi per la misurazione del rischio sono il ventilabro che, spazzando l’aia, separi il frumento dalla pula, per lasciare a terra i rischi fiscali su cui attivare proattivamente il dialogo con l’Ufficio. Occorre che il Tcf sia inserito nel sistema di governo aziendale perché la cultura della gestione e del controllo dei rischi fiscali permei i gangli degli assetti organizzativi. La mappa e il setaccio, incardinati in una buona governance, mettono il contribuente in condizione di aprirsi in modo trasparente verso l’Autorità fiscale, facendo disclosure dei propri rischi fiscali, per ottenere certezza. La riforma ha arricchito di ulteriori benefici questa postura collaborativa: alla mappa, segue la riduzione delle sanzioni amministrative alla metà; alle interlocuzioni, la relativa disapplicazione e la non punibilità penale, per gli elementi attivi sottratti a imposizione, in assenza di frode; al Tcf, la riduzione di due anni dei termini di accertamento ( cui si aggiunge quella per il visto pesante e, da capire come coordinarla a queste ultime nate con la riforma, quella per la tracciabilità dei pagamenti superiori a 500 euro).
Il nuovo paradigma delle interlocuzioni preventive richiede, in luogo della verifica delle singole scelte fiscali ( tax audit), che l’operatività del Tcf ( audit of tax) sia vagliata e riscontrata dall’impresa e dall’Amministrazione finanziaria, per accertarsi di potervi fare affidamento. L’assurance sul Tcfè data dal monitoraggio nel continuo svolto dall’azienda, per valutare il disegno e l’effettività dei controlli; prima della riforma, anche l’Agenzia delle entrate si esprimeva sul Tcf, in fase di ammissione, evidenziandone le eventuali aree di miglioramento: la novella ha attribuito ad un soggetto esterno il compito di certificare il Tcf, al momento dell’istanza di adempimento collaborativo e di aggiornare periodicamente la certificazione, fermi restando i poteri di controllo dell’Amministrazione finanziaria.
All’Agenzia delle entrate, il legislatore delegato ha attribuito il compito di vergare le linee guida per la predisposizione di un efficace Tcf e il suo adeguamento. L’auspicio è che si delinei uno standard di audit del sistema di controllo del rischio fiscale, che a livello internazionale ( ed europeo in particolare) da qualche tempo è auspicato, in analogia con quanto previsto per i rischi dell’informativa contabile e finanziaria e, più recentemente, dell’informativa di sostenibilità: un quadro di princìpi di audit del Tcf - più che matrici standardizzate di rischi, poco idonee a vestire le sinuosità della singola azienda - per abilitare l’impresa, il certificatore e l’Autorità fiscale a svolgere, in modo compiuto, l’audit of
tax che dia assurance alla mappa, al setaccio ed alla good tax governance che il singolo contribuente abbia articolato e fatto propri.