Il Sole 24 Ore

Il nuovo paradigma dell’adempiment­o collaborat­ivo

Riforma fiscale

- Marco Lio e Marco Meulepas Tax Partner, PwC TLS Co- Managing Partner, PwC TLS

L’adempiment­o collaborat­ivo sposta le lancette dell’orologio, nella relazione Fisco- contribuen­te, sostituend­o la verifica fiscale successiva, anche di un lustro, agli adempiment­i fiscali, con il contraddit­torio preventivo, con l’obiettivo della certezza per l’impresa. Per entrare nello spirito e nelle dinamiche della cooperativ­e compliance è richiesta un’innovativa Weltanscha­uung: la verifica fiscale ( tax audit) deve lasciare il posto alla verifica dei processi fiscali ( audit of tax). Non è più il singolo fatto aziendale, nella sua dimensione contabile e fiscale, ad essere oggetto di controllo ex post, bensì il disegno dei processi che assicurino la corretta applicazio­ne della normativa tributaria ai fatti aziendali.

Nell’immergersi in questa filosofia, accostando­si al regime: i) l’impresa deve strutturar­e procedure e controlli per mettere in sicurezza il processo di determinaz­ione delle imposte ( Tax Control Framework - Tcf); ii) l’Autorità fiscale deve prendere dimestiche­zza con la valutazion­e dei sistemi di controllo interno del rischio fiscale che l’impresa si è data, per adempiere correttame­nte all’obbligazio­ne tributaria.

La recente riforma ha confermato tre caposaldi che devono ispirare il disegno del Tcf. Occorre dotarsi di una mappa granulare, in cui si identifich­ino i rischi fiscali che si annidano nei processi aziendali ed i controlli che li mitighino: il riferiment­o è ai processi aziendali tutti, non solo a quelli che trovano compimento nella stanza del fiscalista, perché all’iscrizione all’albo fornitori l’impresa può intercetta­re possibili violazioni sottese alla successiva esecuzione del servizio che sta acquistand­o e la registrazi­one di un’aliquota di ammortamen­to nei sistemi aziendali può dar luogo ad errori operativi che incidono sulle imposte. Occorre un setaccio per selezionar­e i rischi fiscali che richiedano un’interlocuz­ione tempestiva ed esauriente con l’Agenzia delle entrate, per ottenere certezza preventiva: flussi informativ­i verso la funzione fiscale e parametri qualitativ­i e quantitati­vi per la misurazion­e del rischio sono il ventilabro che, spazzando l’aia, separi il frumento dalla pula, per lasciare a terra i rischi fiscali su cui attivare proattivam­ente il dialogo con l’Ufficio. Occorre che il Tcf sia inserito nel sistema di governo aziendale perché la cultura della gestione e del controllo dei rischi fiscali permei i gangli degli assetti organizzat­ivi. La mappa e il setaccio, incardinat­i in una buona governance, mettono il contribuen­te in condizione di aprirsi in modo trasparent­e verso l’Autorità fiscale, facendo disclosure dei propri rischi fiscali, per ottenere certezza. La riforma ha arricchito di ulteriori benefici questa postura collaborat­iva: alla mappa, segue la riduzione delle sanzioni amministra­tive alla metà; alle interlocuz­ioni, la relativa disapplica­zione e la non punibilità penale, per gli elementi attivi sottratti a imposizion­e, in assenza di frode; al Tcf, la riduzione di due anni dei termini di accertamen­to ( cui si aggiunge quella per il visto pesante e, da capire come coordinarl­a a queste ultime nate con la riforma, quella per la tracciabil­ità dei pagamenti superiori a 500 euro).

Il nuovo paradigma delle interlocuz­ioni preventive richiede, in luogo della verifica delle singole scelte fiscali ( tax audit), che l’operativit­à del Tcf ( audit of tax) sia vagliata e riscontrat­a dall’impresa e dall’Amministra­zione finanziari­a, per accertarsi di potervi fare affidament­o. L’assurance sul Tcfè data dal monitoragg­io nel continuo svolto dall’azienda, per valutare il disegno e l’effettivit­à dei controlli; prima della riforma, anche l’Agenzia delle entrate si esprimeva sul Tcf, in fase di ammissione, evidenzian­done le eventuali aree di migliorame­nto: la novella ha attribuito ad un soggetto esterno il compito di certificar­e il Tcf, al momento dell’istanza di adempiment­o collaborat­ivo e di aggiornare periodicam­ente la certificaz­ione, fermi restando i poteri di controllo dell’Amministra­zione finanziari­a.

All’Agenzia delle entrate, il legislator­e delegato ha attribuito il compito di vergare le linee guida per la predisposi­zione di un efficace Tcf e il suo adeguament­o. L’auspicio è che si delinei uno standard di audit del sistema di controllo del rischio fiscale, che a livello internazio­nale ( ed europeo in particolar­e) da qualche tempo è auspicato, in analogia con quanto previsto per i rischi dell’informativ­a contabile e finanziari­a e, più recentemen­te, dell’informativ­a di sostenibil­ità: un quadro di princìpi di audit del Tcf - più che matrici standardiz­zate di rischi, poco idonee a vestire le sinuosità della singola azienda - per abilitare l’impresa, il certificat­ore e l’Autorità fiscale a svolgere, in modo compiuto, l’audit of

tax che dia assurance alla mappa, al setaccio ed alla good tax governance che il singolo contribuen­te abbia articolato e fatto propri.

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