Washington- Pechino- Mosca: possibile ultimo round tra democrazie e autocrati
Gli scontri tra grandi potenze sono scontri di idee e di interessi. Da quando è entrato in carica, il presidente Joe Biden ha definito la minaccia dei rivali degli Stati Uniti, in primis la Cina, in termini segnatamente ideologici. La competizione di Washington con Pechino e Mosca è l’ultimo round di una lunga lotta per decidere se il mondo sarà plasmato dalle democrazie o dagli autocrati, iniziata con la prima guerra mondiale e proseguita, con brevi interruzioni come quella determinata dal crollo dell’Urss, sino ad oggi. Ogni volta, gli Stati Uniti sono intervenuti per garantire la loro sicurezza e per mantenere l’equilibrio di potere consentendo l’espansione del liberalismo e la sopravvivenza della democrazia. Adesso, la competizione Usa- Cina si connota come una prova decisiva di quale modello politico possa meglio soddisfare le esigenze dell’era moderna.
Usa e Cina, i due paesi con i sistemi produttivi globalmente più interconnessi, sono destinati a dominare l’economia del XXI secolo cercando la supremazia nelle tecnologie informatiche, militari, biotecnologiche, dell’energia pulita. Queste dinamiche di “interdipendenza armata” hanno modificato anche i confini fra governi e grandi corporations, relazioni internazionali e commercio che si sono tanto offuscati da divenire evanescenti ( come ha dimostrato il caso di Elon Musk che ha concesso l’uso del suo sistema di comunicazione Starlink all’Ucraina, prima, salvo poi negarlo per operazioni di Kiev in Crimea).
In un mondo di rinnovata rivalità tra grandi potenze, le medie potenze sono alla ricerca di opportunità. Mosca è particolarmente abile nello sfruttare la diffidenza nei confronti di Washington in paesi come Brasile, India, Indonesia, Messico e Sud Africa. La sfida per Washington è contrastare la disinformazione russa e mostrare a questi paesi che le opportunità più fruttuose risiedono negli Stati Uniti e nei suoi alleati. Con una strategia di disinformazione di successo, il Cremlino ha convinto buona parte del mondo che l’allargamento della NATO minacciava l’integrità territoriale della Russia e che Mosca non aveva altra scelta che difendersi lanciando una “operazione militare speciale” in Ucraina. Ma la Russia non ha più le risorse per procedere da sola. Dopo che l’Occidente ha reciso quasi tutte le interazioni economiche nel 2022, Mosca ha trovato fonti alternative dell’offerta dalla Cina: le importazioni russe da Pechino sono aumentate del 64% dal 2021. Invece, altri paesi hanno aperto agli Stati Uniti. Come l’Indonesia che si è mossa per diversificare le sue partnership di difesa, e che ha rifiutato di unirsi al gruppo
BRICS allargato, puntando invece sull’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, in gran parte occidentale.
Quando la guerra in Ucraina finirà, l’ordine globale sarà diverso da quello che era prima
dell’invasione russa. Le medie potenze continueranno a cercare nuove coalizioni e a tenersi alla larga dalle rivalità tra grandi potenze. L’attenzione di Washington è ora concentrata sulle guerre in Europa e in Medio Oriente, ma non dovrebbe trascurare i passi importanti per prepararsi al mondo che verrà. Per la prima volta in un ventennio, le autocrazie sono divenute maggioranza nel mondo. Gli Stati Uniti e i loro alleati devono dimostrare concretamente ai paesi indecisi i benefici che la loro partnership può offrire. Mentre le tensioni geopolitiche elettrizzano la corsa globale ai minerali critici – le materie prime che sono alla base dei sistemi di difesa avanzati e delle tecnologie energetiche pulite – gli Stati Uniti e la Cina hanno fatto a gara per espandere la loro influenza sul mercato minerario in Africa.
NUOVI PAESI HANNO APERTO AGLI USA: è IL CASO DELL’INDONESIA CHE HA DA POCO RIFIUTATO DI UNIRSI AI BRICS
Washington sta ora intensificando gli sforzi per ritagliarsi una partecipazione nel settore dei minerali critici. In una delle più ambiziose offerte infrastrutturali americane in Africa, l’amministrazione Biden si è impegnata a prestare centinaia di milioni di dollari per far rivivere il Corridoio Lobito, una ferrovia lunga 1.200 miglia che trasporterebbe minerali critici dalla
Repubblica Democratica del Congo e dallo Zambia al porto di Lobito in Angola.
Le politiche di Stati Uniti e Cina sono guidate dall’obiettivo strategico di plasmare le loro economie in modo da ridurne la vulnerabilità e aumentarne la influenza. Washington lo definisce de- risking. Il protezionismo sembra in ascesa. La strategia del leader cinese Xi Jinping per l’autosufficienza in ogni campo, dalle tecnologia critiche come i semiconduttori e gli aerei da combattimento, alla produzione di grano e semi oleosi. Una direttiva del governo cinese, impartita nel 2022, cerca di spingere la tecnologia statunitense fuori dal paese per rendere la Cina meno dipendente dall’Occidente. Negli Stati Uniti, la legge bipartisan sulle infrastrutture e l’Inflation Reduction Act ( IRA) sono concepiti per competere con Pechino, oltre che per la riduzione delle emissioni. A livello internazionale, queste nuove norme potrebbero emanare un G7 allargato all’Australia e alla Repubblica di Corea. Ciò aumenterebbe la potenza economica del blocco, e potrebbe far individuare le opportunità per catene di approvvigionamento più resilienti. Secondo l’intelligence statunitense, la Russia sta cercando di sviluppare un’arma nucleare che potrebbe essere lanciata nello spazio e utilizzata per colpire i satelliti, ma Putin ha definito i rapporti una bugia, progettata per mettere in cattiva luce Mosca. Intanto, il leader nordcoreano e alleato di Putin Kim Jong Un ha trasformato il suo paese in una minacciosa potenza nucleare.
A novembre 2023, l’incontro Biden- Xi di San Francisco ha ripristinato i contatti militari bilaterali, e il Segretario al Commercio Usa Gina Raimondo ha affermato: « abbiamo differenze ma non cerchiamo scontri, vogliamo un robusto interscambio con la Cina » che, a sua volta, è « pronta a essere partner degli Stati Uniti » . Come insegna la storia del XX secolo, le potenti autocrazie rendono il mondo assai insicuro per le democrazie. Malgrado una competizione degli Stati Uniti con la Cina e la Russia sia inevitabile, è cruciale che essa resti una “competizione gestita” o una “coesistenza competitiva”, come osserva il politologo Joseph S. Nye, Jr.