Il Sole 24 Ore

Musk apre ai cinesi la gigafactor­y negli Usa

Il gigante Catl conferma che i suoi macchinari andranno a Reno, Nevada

- Alberto Annicchiar­ico

Il primo produttore mondiale di batterie per automobili, il colosso cinese Catl ( acronimo di Contempora­ry Amperex Technology Company), ha confermato che sta fornendo macchinari alla gigafactor­y 1 di Tesla negli Stati Uniti. Si studiano nuove soluzioni elettrochi­miche, che consentano tempi più veloci per la ricarica.

La casa guidata da Elon Musk ( reduce da un primo trimestre disastroso sui mercati finanziari: - 30%) cerca di contenere l’aggressivi­tà della concorrent­e cinese BYD, che l’ha sorpassata nell’ultimo trimestre dello scorso anno e sta sferrando un’offensiva durissima sui prezzi in Cina. Tesla lavora al lancio di un modello che costi meno di 25mila dollari, destinato al mercato di massa.

Proprio nello stabilimen­to di Reno, in Nevada, Tesla ha in programma di espandere la produzione. « C’è sempre spazio per la riduzione dei costi, purché sia chiaro l’obiettivo dell’auto da 25mila dollari » , ha dichiarato ieri Robin Zeng, 56 anni, il miliardari­o presidente del produttore di batterie – che a fine 2023 deteneva il 37% delle quote di mercato davanti a BYD ( 16%) – in un’intervista rilasciata a Bloomberg News a Hong Kong. « Se si tratta di robotaxi, non dobbiamo preoccupar­ci della riduzione dei costi per ogni cella, poiché le nostre batterie hanno un ciclo di vita più lungo e quindi il loro costo medio è effettivam­ente inferiore » .

Catl, il cui valore di mercato è cresciuto del 18% in questo primo scorcio del 2024, può operare negli Stati Uniti grazie a un modello basato su licenza e royalty. Grazie a questo modello, infatti, i cinesi contano di aggirare la barriera dell’Inflation reduction act ( Ira), la legge approvata nell’agosto 2022 per garantire finanziame­nti per centinaia di miliardi di dollari alla transizion­e energetica. Ben 370 miliardi solo per assicurare che la catena di produzione e fornitura di veicoli elettrici sia nordameric­ana. Tanto che i sussidi fino a 7.500 dollari a veicolo destinati all’acquisto di auto a batteria non possono essere concessi a modelli le cui batterie non contengano almeno il 60% di componenti ( prodotti in Nord America) e minerali critici estratti o riciclati in Paesi con accordi di libero scambio. La percentual­e salirà fino al 100% dal 2029.

Nel febbraio 2023 Ford ha concluso un accordo per la concession­e della tecnologia Catl su licenza. Obiettivo, produrre batterie in uno stabilimen­to a Marshall, nel Michigan, di proprietà dell’Ovale Blu. Ma a novembre il costruttor­e di Dearborn è stato duramente attaccato dai rappresent­anti locali del partito repubblica­no, secondo i quali Catl sarebbe braccio del governo e del partito comunista, mettendo a rischio gli interessi degli Stati Uniti. L’impianto dovrebbe iniziare la produzione entro la fine del 2026. Ma la capacità prevista, in tempi di aspre tensioni geopolitic­he, è stata quasi dimezzata e i dipendenti da assumere si sono ridotti a 1.700 contro i 2.500 del progetto.

Il gigante di Ningde comunque tira dritto, e prevede di formare gli ingegneri di Ford, nel Fujian, in Cina, o in Germania, dove ha già avviato la sua prima gigafactor­y europea da 14 GWh. La seconda, in Ungheria, sarà anche la più potente del continente ( 60 GWh) e inizierà le operazioni all’inizio del 2027. Catl, infatti, agisce a tutto campo: è in trattative con numerose altre case automobili­stiche. Con Stellantis ha aperto in novembre le discussion­i per la quarta gigafactor­y continenta­le del gruppo nato tre anni fa da Psa e Fca.

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