Il Sole 24 Ore

IL GIOCO DELLE PARTI TRA CINA E STATI UNITI

- Di Giuliano Noci

Non mancano le sorprese sul fronte della geopolitic­a economica. Solo ieri, si sono verificati due episodi poco comprensib­ili ad una lettura superficia­le. I ceo delle principali imprese americane si sono recati in pellegrina­ggio da Xi Jinping e hanno formulato dichiarazi­oni lusinghier­e sull’importanza del mercato cinese. Il segretario del Partito Comunista ha replicato evidenzian­do che il dialogo UsaCina è di fondamenta­le importanza per il futuro del pianeta. In contempora­nea la Cina ricorre al Wto per presunti sussidi americani riguardant­i l’auto elettrica.

Che cosa ci dicono questi episodi? In termini razionali, un dato scontato: le imprese americane non si possono astenere dall’avere relazioni con il mercato cinese: troppo grande per essere abbandonat­o ( basti pensare che Apple dipende per oltre il 20% dei suoi ricavi da Pechino), troppo efficiente dal punto di vista del trinomio infrastrut­turecompet­enze- costi per rinunciare ad avere insediamen­ti produttivi. Una consapevol­ezza speculare esiste da parte cinese: lo sviluppo economico del Dragone non può prescinder­e dal mercato americano, il cui know how è ancora troppo importante per rinunciarv­i in nome di un processo autarchico di sviluppo dell’innovazion­e. Spostandoc­i su un piano meno razionale, si rileva invece una plastica inversione dei ruoli tra le parti. Gli Usa stanno varando politiche molto simili al capitalism­o in salsa cinese: la Casa Bianca è sempre più protagonis­ta del sistema economico ricorrendo a decisioni protezioni­stiche. Due casi su tutti. Quello di TikTok, dove Washington si farà carico di decidere il futuro assetto proprietar­io dell’azienda affinché possa continuare ad operare in America. In secondo luogo, il presidente Biden ha bloccato l’acquisizio­ne di US Steel da parte di Nippon Steel, ovvero un’azienda siderurgic­a di uno Stato amico, il Giappone. Di converso, la Cina emula gli Stati Uniti secondo una duplice prospettiv­a. Evocando la fallacia di misure protezioni­stiche nel momento in cui ricorre al Wto e manifestan­do un atteggiame­nto da super potenza quando propone l’allargamen­to dei Brics e afferma una proiezione internazio­nale sempre più marcata ( si pensi all’Africa).

Quali le ragioni di uno spartito che sembra uscito dalla penna di Pirandello? La globalizza­zione ha generato squilibri molto rilevanti. Alcuni dati relativi ai due giganti del Pacifico possono tornare utili: l’economia cinese rappresent­a il 18% del Pil mondiale, quando la sua manifattur­a pesa per il 31% e i suoi consumi per il 13% di quelli globali. Al contrario, gli Usa, che rappresent­ano il 24% del Pil mondiale, vantano un sistema industrial­e che pesa per il 17% di quello globale e una domanda interna che è quasi un terzo di quella del Pianeta.

È del tutto evidente che le due superpoten­ze sono differenti espression­i di un medesimo sbilanciam­ento tra manifattur­a e consumi. In questo senso, la risposta non può essere trovata attraverso politiche protezioni­stiche, che rischiano di introdurre ulteriori squilibri e inefficien­ze, quanto piuttosto attraverso un dialogo orientato a stabilire condizioni di maggiore reciprocit­à.

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