IL GIOCO DELLE PARTI TRA CINA E STATI UNITI
Non mancano le sorprese sul fronte della geopolitica economica. Solo ieri, si sono verificati due episodi poco comprensibili ad una lettura superficiale. I ceo delle principali imprese americane si sono recati in pellegrinaggio da Xi Jinping e hanno formulato dichiarazioni lusinghiere sull’importanza del mercato cinese. Il segretario del Partito Comunista ha replicato evidenziando che il dialogo UsaCina è di fondamentale importanza per il futuro del pianeta. In contemporanea la Cina ricorre al Wto per presunti sussidi americani riguardanti l’auto elettrica.
Che cosa ci dicono questi episodi? In termini razionali, un dato scontato: le imprese americane non si possono astenere dall’avere relazioni con il mercato cinese: troppo grande per essere abbandonato ( basti pensare che Apple dipende per oltre il 20% dei suoi ricavi da Pechino), troppo efficiente dal punto di vista del trinomio infrastrutturecompetenze- costi per rinunciare ad avere insediamenti produttivi. Una consapevolezza speculare esiste da parte cinese: lo sviluppo economico del Dragone non può prescindere dal mercato americano, il cui know how è ancora troppo importante per rinunciarvi in nome di un processo autarchico di sviluppo dell’innovazione. Spostandoci su un piano meno razionale, si rileva invece una plastica inversione dei ruoli tra le parti. Gli Usa stanno varando politiche molto simili al capitalismo in salsa cinese: la Casa Bianca è sempre più protagonista del sistema economico ricorrendo a decisioni protezionistiche. Due casi su tutti. Quello di TikTok, dove Washington si farà carico di decidere il futuro assetto proprietario dell’azienda affinché possa continuare ad operare in America. In secondo luogo, il presidente Biden ha bloccato l’acquisizione di US Steel da parte di Nippon Steel, ovvero un’azienda siderurgica di uno Stato amico, il Giappone. Di converso, la Cina emula gli Stati Uniti secondo una duplice prospettiva. Evocando la fallacia di misure protezionistiche nel momento in cui ricorre al Wto e manifestando un atteggiamento da super potenza quando propone l’allargamento dei Brics e afferma una proiezione internazionale sempre più marcata ( si pensi all’Africa).
Quali le ragioni di uno spartito che sembra uscito dalla penna di Pirandello? La globalizzazione ha generato squilibri molto rilevanti. Alcuni dati relativi ai due giganti del Pacifico possono tornare utili: l’economia cinese rappresenta il 18% del Pil mondiale, quando la sua manifattura pesa per il 31% e i suoi consumi per il 13% di quelli globali. Al contrario, gli Usa, che rappresentano il 24% del Pil mondiale, vantano un sistema industriale che pesa per il 17% di quello globale e una domanda interna che è quasi un terzo di quella del Pianeta.
È del tutto evidente che le due superpotenze sono differenti espressioni di un medesimo sbilanciamento tra manifattura e consumi. In questo senso, la risposta non può essere trovata attraverso politiche protezionistiche, che rischiano di introdurre ulteriori squilibri e inefficienze, quanto piuttosto attraverso un dialogo orientato a stabilire condizioni di maggiore reciprocità.