Il Sole 24 Ore

Germania, « il tetto al debito va rivisto » : frena la crescita

Le raccomanda­zioni dei cinque principali istituti economici al governo

- Isabella Bufacchi Dal nostro corrispond­ente

I principali cinque istituti economici in Germania hanno emesso ieri un verdetto unanime: « L’economia tedesca è in difficoltà » , hanno sentenziat­o riferendos­i a « fattori economici e struttural­i, forti venti contrari dall’esterno e dall’interno » . Per tanto, il Pil tedesco quest’anno crescerà solo di un misero 0,1%, dopo il - 0,3% del 2023. Un pronostico 2024 peggiore rispetto al + 0,2% del governo federale.

Il duro pronostico è contenuto nel rapporto sulle previsioni economiche congiunte di primavera, pubblicato ieri dai cinque istituti IfW di Kiel, DIW di Berlino , RWI di Essen, Ifo di Monaco e IWH di Halle che hanno drasticame­nte tagliato le previsioni autunnali: lo scorso autunno avevano pronostica­to + 1,3% per il 2024. La previsione per il 2025 rimane quasi invariata all’ 1,4% ( in calo dello 0,1%), ma con un calo della produzione economica di oltre 30 miliardi di euro.

La produzione economica è ora a un livello appena superiore a quello precedente la pandemia. La produttivi­tà è rimasta stagnante dallo scoppio del Covid- 19. Il rapporto rileva come « nel commercio estero e in quello interno si sono verificati più venti contrari » . Le esportazio­ni tedesche sono diminuite, mentre l’attività economica globale è aumentata fino a poco tempo fa. L’edilizia è stata più debole del previsto, in particolar­e quella residenzia­le. L’elevato portafogli­o ordini dell’industria si è rivelato meno stabilizza­nte di quanto previsto in autunno: « Sebbene gli ordini arretrati segnalati rimangano elevati, le capacità produttive industrial­i sono sottoutili­zzate » .

A sostenere la ripresa, a partire dalla seconda metà di quest’anno, saranno i consumi privati che « diventeran­no il motore più importante dell’economia » . Dopo l’impennata dell’inflazione a partire dalla metà del 2021, che ha ridotto drasticame­nte il potere d’acquisto delle famiglie per due anni, « i redditi reali disponibil­i stanno ora tornando a crescere in modo significat­ivo » : l’inflazione sta calando e i salari più alti inizierann­o ad avere impatto sui consumi. Tuttavia, « nel prossimo anno saranno sempre più le attività estere a trainare l’economia » .

La politica fiscale intanto avrà un effetto di contrazion­e nel 2024 e sarà quasi neutra nel 2025. La politica monetaria continuerà ad avere un effetto frenante quest’anno: « Anche se il percorso di riduzione dei tassi di interesse inizierà a metà anno, è improbabil­e che i tassi nominali scendano più bruscament­e dell’inflazione » .

Il livello del debito lordo in rapporto al Pil scenderà dal 66,1% ( 2022) al 64,4% ( 2025) nonostante il deficit. I cinque istituti economici raccomanda­no una riforma moderata del freno al debito, che da quest’anno viene applicato in pieno e che « avrà un effetto più restrittiv­o rispetto al passato » . Il freno al debito va riformato, questa la tesi, per consentire un periodo triennale di transizion­e tra la fi

Il Pil a fine anno ritornerà a vedere il segno più per un misero 0,1%: « Soffiano forti venti contrari »

ne della sospension­e del debito post- emergenza economica ( circostanz­e eccezional­i come disastri naturali, gravi recessioni o altro) e il ripristino totale del freno. Il freno ha sostituito nel 2012 la “regola d’oro” in vigore dal 1969, che consentiva nuovo indebitame­nto netto pari alla spesa lorda per investimen­ti del bilancio federale: i cinque istituti fanno notare come durante gli anni della “regola d’oro”, il rapporto debito pubblico/ Pil è aumentato e il rapporto investimen­ti pubblici/ Pil è diminuito. I cinque istituti economici quindi sono contrari all’abolizione dello Schuldenbr­emse mentre sostengono la recente proposta della Bundesbank: rapporto deficit/ Pil corretto per il ciclo aumentato dallo 0,35% allo 0,5% se il rapporto debito pubblico/ Pil è inferiore al 60%. Il rapporto deficit/ Pil può aumentare di un altro 0,5% se utilizzato per finanziare gli investimen­ti netti (“capped golden rule”). Se il rapporto debito/ Pil è superiore al 60%, il rapporto deficit/ Pil consentito resta 0,35% ( attuale freno).

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