« L’Isis- K in Asia centrale più forte con i rimpatri dei foreign fighters »
« Da tempo è in corso una competizione feroce tra l’Isis e al- Qaeda. La loro leadership centrale si è tuttavia molto indebolita. Ma una cosa è certa. Nel mondo la bolla di simpatia per il jihadismo c’è sempre stata. Non è evaporata » . Lorenzo Vidino conosce bene la galassia jihadista. Direttore del “Programma sull’estremismo” presso la George Washington University, è stato chiamato a fare da perito in due processi negli Stati Uniti a carico di due Foreign fighters. Uno di loro, di origine kazaka, faceva il portinaio di un palazzo a Manhattan. Nel 2012 divenne emiro di un battaglione dell’Isis. Rimpatriato, sta ora scontando una lunga pena detentiva in Colorado.
Il presidente francese Macron e il ministro tedesco degli Esteri hanno definito lo Stato islamico del Khorasan ( Isis- K) una minaccia terroristica reale.
Lo Stato islamico del Khorasan è la minaccia più seria da quasi due anni, soprattutto in Germania, ma anche in Austria, in Olanda e in Francia. In Italia non vi sono stati finora attentati sventati. Si tratta di gruppi diversi. Vi sono cellule dormienti legate all’Isis- K, alcune pronte ad entrare in azione, altre invece senza contatti diretti con l’Afghanistan. Tra di loro militano kirghisi, tagiki, uzbeki, cittadini con passaporto russo di etnia varie, qualcuno proviene dal Caucaso.
L’attentato di Mosca ha riacceso i riflettori sull’Isis- K. In realtà opera da tempo in Afghanistan, e nei Paesi limitrofi. L’Isis- K è attivo dal 2015. Ma ha acquistato forza negli ultimi anni. Soprattutto in Afghanistan dove colpisce con regolarità e dove aveva compiuto un attentato pochi giorni prima di colpire a Mosca. In Afghanistan è in corso un conflitto molto duro tra i Talebani, che comunque controllano gran parte del territorio, e l’Isis- K, presente in un’area ristretta, ad Achin, nella provincia del Nangarharn. I canali di finanziamento sono tasse, contrabbando di armi e traffico di droga. Oltre alle immancabili Hawala ( trasferimenti informali di denaro basati sulla fiducia) provenienti dai Paesi del Golfo.
Perché l’Isis è divenuto così forte in Asia centrale?
La politica dei rimpatri dei foreign fighters ha contribuito in modo deciso alla crescita del jihadismo in questa regione. La priorità degli Stati Uniti era svuotare i campi in Siria e Iraq dove erano stati confinati i foreign fighters affinché non rappresentassero più un pericolo in quell’area. Gli Usa premevano perché fossero rimandati nei loro Paesi di origine. Ma se i jihadisti provenienti dall’Europa erano in buona parte dilettanti alla prima esperienza in teatri di guerra, i foreign fighters provenienti dall’Asia centrale erano la punta della lancia dell’armata internazionale dell’Isis ( che ai tempi contava oltre 20mila combattenti stranieri). Erano addestrati molto bene, con esperienza di guerra alle spalle, spesso in Afghanistan. Ed erano anche loro molto numerosi.
E che fine hanno fatto?
Una volta rimpatriati nei Paesi dell’Asia centrale, non di rado sono stati scarcerati in tempi molto brevi, anche dopo pochi giorni. Ma in questi Paesi, soprattutto nelle aree rurali, i jihadisti godono di molto credito tra una parte della popolazione. Sono considerati, soprattutto dai giovani, alla stregua di eroi. In questo contesto si crea un terreno fertile per attività di proselitismo volte a creare gruppi estremisti.
L’attentato di Mosca può essere l’inizio di una nuova stagione di terrorismo di matrice islamica anche nei Paesi occidentali? Perché si verifichi una nuova stagione di attentati sono necessari, secondo le Intelligence, almeno due elementi contestuali: un evento politico scatenante ed un gruppo che funga da polo di attrazione. Nel 2012 l’evento politico era il cruento conflitto civile in Siria, i bambini morti, i massacri tra la popolazione sunnita. Il gruppo forte fu l’Isis. La presenza di questi due elementi può generare fenomeni di emulazione nei Paesi occidentali, incoraggiare i lupi solitari, che sono imprevedibili. Oggi l’evento scatenante potrebbe essere la guerra a Gaza. Se ci fosse un gruppo jihadista capace di agire come fonte di ispirazione e polo di attrazione, ipotesi da non escludere, potrebbe crearsi un contesto pericoloso. Ma non dimentichiamo che ogni anno ci sono sei- sette attentati di matrice jihadista in Europa. In Africa sono quasi all’ordine del giorno. Semplicemente se ne parla poco.