UN NETWORK JIHADISTA ANARCHICO E IMPREVEDIBILE
Lo Stato Islamico non è più uno Stato. Da quasi sette anni. Il Califfato di Abu Bakr al Baghdadi, il grande regno del terrore sorto tra l’Iraq nord occidentale e la Siria Nord Orientale, si è sgretolato nel 2017, con la caduta di Raqqa e Mosul, per poi scomparire ufficialmente nel 2019, con la caduta di Baghouz, la cittadina siriana sulle rive dell’Eufrate dove si erano asserragliati migliaia di jihadisti. Di questo Califfato, esteso quanto il Regno Unito, sotto le cui spietate leggi medioevali vivevano otto milioni di persone, non resta più nulla.
Eppure l’Isis non è mai morto. Perché non è morta la sua ideologia. E perché non è un monolite. Se il primo Isis, quello siro- iracheno, sta oggi lottando per la sua sopravvivenza, in tutto il mondo i gruppi affiliati allo Stato Islamico, o perché riconosciuti da quel che resta della leadership siriana, o perché autoproclamatisi come tali, sono ancora tanti e pericolosi.
Il più letale e organizzato è lo Stato islamico del Khorasan, la cui roccaforte è il distretto afghano di Achin. Ma il Continente dove i gruppi jihadisti sono divenuti più numerosi è senz’altro l’Africa. Dall’immenso territorio desertico del Sahel alle foreste della Congo Rdc, fino alla Savana del Mozambico, la galassia jihadista qui ha gioco più facile. Il movimento più feroce, quello che con cadenza settimanale si macchia di stragi efferate nei villaggi del Congo nordorientale, è la formazione ugandese nota come Allied democratic Forces ( Adf). La sua affiliazione all’Isis ha seguito una procedura per così dire standard. Dopo essersi distinta per le sue stragi, anche di civili, nel 2019 ha giurato fedeltà allo Stato islamico. Che a stretto giro l’ha riconosciuta ufficialmente, inviando in seguito addestratori in loco, insieme a finanziamenti. Vi sono fondati motivi per ritenere che l’Adf abbia esteso la sua rete in Sudafrica e in Somalia. Nel sud di quest’ultimo Paese agiscono, anzi dominano gli alShabaab, un grande e feroce movimento estremista, affiliato però ad al- Qaeda. L’investitura ufficiale dell’Isis non è però la sola strada percorribile per fregiarsi di questo prestigioso marchio del jihadismo internazionale. Altri gruppi si auto proclamano affiliati. Per loro decisione. Senza alcun contatto.
Insomma, le realtà sono diverse. Le agende diverse. Gli obiettivi diversi. Tuttavia, c’è più di un punto in comune; che sia l’Islamic State in Central Africa Province ( Iscap), che ora ha assunto una dimensione transnazionale espandendosi dal Congo in Mozambico e Tanzania, e ambisce alla creazione di un Califfato in Africa, o che sia lo Stato Islamico nel Grande Sahara ( Isgs), il marchio è sempre lo stesso: Isis. Il fanatismo pure. Il fatto che la leadership siriana non riesca ad avere una catena di comando diretta - anche se lo volesse non ha più i mezzi per farlo - può rappresentare un vantaggio. Agendo in modo indipendente, queste formazioni sono difficili da tracciare. Gli attentati e le stragi di questo “quasi anarchico” network jihadista sono più difficili da prevenire. L’Isis è ancora vivo. Scomparirà quando morirà la sua ideologia. I presupposti perché accada, però, ancora non si vedono.