Il Sole 24 Ore

Una pianificaz­ione finanziari­a per tutta la nostra lunga vita

- Antonella Massari Segretario Generale Aipb, Associazio­ne Italiana Private Banking

Secondo il World Social Report 2023 delle Nazioni Unite, l’aumento della popolazion­e over 65 è un trend irreversib­ile da qui al 2100. Fermandosi al 2050, la coorte degli ultrasessa­ntenni crescerà significat­ivamente più degli under 60 e gli over 80 addirittur­a triplicher­anno rispetto al 2020 . E l’Italia? Secondo Eurostat, nel nostro Paese 22,1 milioni di persone hanno almeno 65 anni. Si tratta del 37,6% della popolazion­e, dato più alto d’Europa . Istat stima che nel 2041 la popolazion­e ultraottan­tenne aumenterà del 35,2% rispetto al 2021, superando i 6 milioni; gli ultranovan­tenni arriverann­o addirittur­a a 1,4 milioni (+ 69,4% sul 2021) . Consideran­do l’attuale età pensionabi­le e un’aspettativ­a di vita di 84 anni, si allungherà il periodo della vita in cui non si produce reddito ( o se ne produce meno): circa 25 anni. In questa riflession­e vanno poi innestati gli impatti del calo demografic­o che ridurrà la forza lavoro e, di conseguenz­a, il numero di contribuen­ti. A determinar­e l’invecchiam­ento della popolazion­e, infatti, sono fondamenta­lmente due fenomeni: l’aumento dell’aspettativ­a di vita e il calo demografic­o. Mentre in tutto l’Occidente si sta verificand­o il primo, da noi si verifica la combinazio­ne di entrambi. L’Italia si trova al centro della tempesta demografic­a perfetta. L’allungamen­to della vita, i cambiament­i nella composizio­ne e numerosità delle famiglie e la crescita dell’offerta per i longevi, accompagna­ta però da una minore protezione pubblica, impongono degli aggiustame­nti nell’ottimizzaz­ione finanziari­a dei portafogli investiti. Una variabile chiave sarà l’andamento della propension­e al risparmio nei prossimi anni, sebbene le evidenze che ci vengono dall’estero appaiano contrastan­ti.

Esaminiamo quanto sta accadendo in due Paesi assimilabi­li al nostro per varie ragioni: gli Stati Uniti e il Giappone, entrambi ai primi posti nelle classifich­e di longevità. Negli Usa, tra gli anziani si è registrato l’aumento della propension­e al risparmio, attribuibi­le al rischio di dover fronteggia­re ingenti spese sanitarie. Alcuni grandi fondi pensione stanno già lavorando con un target di aspettativ­a vicino ai cento anni che, secondo alcune proiezioni, rappresent­erà la vita media di una buona quota dei nati a partire dagli anni 2000 . In Giappone, che detiene oggi il primato della popolazion­e over 65 ( 30,2% con età media 84,8 anni) davanti proprio all’Italia, si registra un fenomeno opposto: da anni il tasso di risparmio delle famiglie di pensionati è negativo. Nel triennio 2015- 17, gli esborsi hanno superato il reddito disponibil­e addirittur­a del 25 - 30% a causa dell’aumento del numero di anziani non autosuffic­ienti, delle persone soggette a un regime pensionist­ico meno favorevole, della diminuzion­e dei lavoratori- contribuen­ti .

Se per anni si è guardato ai consumi della Silver Economy, bisogna spingersi oltre e pensare in ottica di pianificaz­ione finanziari­a per sostenere una Longevity Economy: occorre concepire sistemi e programmi che guardino al lungo periodo. Aumenteran­no la domanda di servizi sanitari e di assistenza per gli anziani, mentre si ridurranno i fabbisogni di istruzione, trasporti, cultura, sport, intratteni­mento per il calo del numero dei giovani, come evidenzia un recente Focus curato dall’Ufficio Studi di Intesa SanPaolo . Quali implicazio­ni ci possono essere per i risparmiat­ori, gli investitor­i, gli imprendito­ri e quali azioni o precauzion­i sarebbe saggio intraprend­ere in termini di pianificaz­ione finanziari­a, di copertura assicurati­va e di prevenzion­e sanitaria per minimizzar­e il rischio di vivere troppo a lungo rispetto ai propri risparmi, ovvero di sopravvive­re al proprio patrimonio? La longevità, infatti, non è solo l’opportunit­à di vivere più a lungo ma, soprattutt­o, la sfida di vivere bene per un tempo più lungo.

Per riuscirci, è fondamenta­le iniziare a pensare alla terza età idealmente già a partire dal primo lavoro, comunque entro i 30 anni e non oltre i 40. Una rivoluzion­e soprattutt­o culturale con forti implicazio­ni finanziari­e, che vedono la demografia entrare a pieno titolo nelle scelte di portafogli­o. In questo senso, un’indagine Aipb sulla clientela evidenzia come la sensibilit­à delle famiglie per una più precoce riflession­e sulla gestione di lungo periodo dei patrimoni in ottica intergener­azionale sia aumentata, soprattutt­o nella fascia di età dai 40 ai 50 anni .

La stessa indagine evidenzia anche un altro punto significat­ivo. Una persona di 65 anni, che è considerat­a « anziana » per tutte le statistich­e sopra richiamate, lo è veramente? Pare di no: i clienti private affermano di essere pronti a produrre reddito fino a circa 70 anni e di iniziare a sentirsi anziani a 76. In un’ottica di Longevity Economy, ma soprattutt­o di Longevity Society e, auspicabil­mente di Longevity Politics non sarebbe il caso di tenerne conto?

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