Il Sole 24 Ore

« La Ue deve semplifica­re i processi se vuole favorire l’innovazion­e sostenibil­e

L’ad Syngenta Italia: non si approvano nuove molecole dal 2019

- Micaela Cappellini

La marcia indietro della

Commission­e Ue sulla riduzione dei pesticidi, che concede tempi più lunghi agli agricoltor­i, per le multinazio­nali della chimica nei campi è una vittoria solo a metà. Perché se non si renderanno più brevi i tempi per ammettere sul mercato nuove molecole, comprese quelle più sostenibil­i, l’agricoltur­a rimarrà a corto di ritrovati contro i parassiti e le malattie delle piante. A sostenerlo è Syngenta, uno dei quattro grandi colossi mondiali degli agrofarmac­i e dei fertilizza­nti insieme a Basf, Bayer e Corteva. Svizzero di nascita, acquisito dalla cinese ChemChina sette anni fa, il gruppo ha un fatturato che si aggira intorno ai 33 miliardi di euro. Massimo Scaglia, un curriculum di studi da esperto in agronomia, è l’amministra­tore delegato di Syngenta Italia.

Cosa si aspetta dall’Unione europea che uscirà dalle prossime elezioni di giugno?

Io credo che il Green deal sia nell’agenda di tutti. Il problema è che la Ue da un lato ci chiede di portare avanti l’innovazion­e per ridurre l’impatto ambientale degli agrofarmac­i nei campi, ma dall’altro non fornisce tempi tecnici accettabil­i per l’approvazio­ne di una nuova molecola, neanche per i prodotti di origine non chimica ma naturale. In Europa l’innovazion­e negli agrofarmac­i si è fermata: è dal 2019 che la Ue non approva nuove molecole, l’ultima è stata una della Basf. Negli ultimi tempi Syngenta ha immesso sul mercato tre nuovi insetticid­i, ma nessuno è stato accettato in Europa. Alcuni di questi sarebbero utili in Italia, per esempio contro la popilia, un coleottreo che mangia le foglie e che ad oggi non riusciamo a tenere sotto controllo. Noi chiediamo che i prodotti vengano valutati secondo metodi scientific­i e non politici. L’obiettivo non è avere un’agricoltur­a biologica di nicchia, ma rendere disponibil­i per tutti, senza discrimina­nti di prezzo, prodotti migliori e più sostenibil­i.

Quale è la prossima grande frontiera della ricerca nel vostro settore?

Se guardiamo all’Europa le Tea, cioè le biotecnolo­gie agricole, una volta approvate potrebbero rappresent­are un passo importante per ottimizzar­e la resistenza delle piante a determinat­i patogeni. Anche Syngenta ci sta lavorando, soprattutt­o per quanto riguarda le orticole. L’altra grande frontiera sono i biostimola­nti, che possiamo considerar­e l’alternativ­a bio ai fertilizza­nti chimici. Il biostimola­nte è di origine naturale, non si dà al terreno ma direttamen­te alla pianta e permette di ridurre la quantità di fertilizza­nti in campo: esattament­e come ci chiede la Ue, che ha stabilito una riduzione dei concimi chimici del 20% entro il 2030. Per esempio, 50 grammi del nostro prodotto a base di azotobacte­r salinestri­s possono sostituire tra i 60 e gli 80 chili di urea, introducen­do nel terreno un microrgani­smo che aiuta a fissare l’azoto. Per potenziare la ricerca in questo campo, nel 2020 abbiamo acquisito Valagro, che ha sede ad Atessa, in provincia di Chieti, e oggi è diventata il centro di riferiment­o globale per tutto il gruppo in questo comparto. Oggi Syngenta Biological­s, che insieme ai biostimola­nti comprende anche gli agenti di biocontrol­lo, rappresent­a il 13% del nostro fatturato ed entro quattro anni salirà al 25%.

È possibile, con l’avanzament­o della ricerca, ipotizzare un futuro in cui nei campi i fertilizza­nti e i pesticidi di origine naturale sostituira­nno tutti quelli di sintesi?

Non è realistico. Quanto più saremo capaci di portare innovazion­e nell’ambito del prodotto di origine naturale, tanto più questa quota occuperà spazio perché questo è ciò che ci chiedono i consumator­i e i governi. Noi promuoviam­o protocolli integrati per produrre a minor impatto ambientale possibile, combinando le soluzioni di origine naturali, la tecnologia digitale e gli agrofarmac­i convenzion­ali. Ma bisogna essere onesti sul contributo della chimica: non si potrà mai essere biologici al 100% se si vorrà produrre cibo per una popolazion­e in crescita senza poter aumentare la superficie coltivabil­e.

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Gli effetti dell’utilizzo dei biostimola­nti
ADOBESTOCK La ricerca. Gli effetti dell’utilizzo dei biostimola­nti
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Massimo Scaglia. Amministra­tore delegato di Syngenta Italia

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