Sanzioni accessorie troppo penalizzanti
Commercialisti, consulenti, Uncat e Lapet in audizione sul decreto di riforma
Nella riforma fiscale un tasto particolarmente delicato riguarda il sistema sanzionatorio. Obiettivo dello schema di decreto legislativo ( atto del Governo 144) che revisiona le sanzioni tributarie è quello di avvicinare la legislazione nazionale a quella degli altri Stati dell’Unione Europea, meno vessatoria.
L’attuale testo, però, secondo i rappresentanti delle professioni ( commercialisti, Lapet ed Uncat) ieri in audizione presso le commissioni riunite Giustizia e Finanza della Camera, contiene alcune criticità. Tra queste le sanzioni accessorie eccessivamente penalizzanti per chi è fuori dal concordato, compensazioni più ampio, l’assenza di una distinzione incisiva tra chi dichiara e chi no, la necessità di una più chiara definizione di crediti d’imposta non spettanti e inesistenti, l’esclusione della rateizzazione in caso di definizione agevolata delle sanzioni, la mancata applicazione retroattiva delle norme.
Per il consigliere nazionale dei commercialisti delegato alla fiscalità, Salvatore Regalbuto le norme che prevedono l’applicazione delle sanzioni accessorie - tra cui la sospensione dall’esercizio di attività di lavoro autonomo o di impresa - sono troppo penalizzanti nei confronti dei contribuenti che sono fuori dal concordato preventivo . « Soprattutto nel caso di non accettazione della proposta – ha sottolineato Regalbuto - la previsione rischia di tramutarsi in una indebita pressione all’accettazione della proposta medesima » .
Prevedere una modalitù di compensazione più ampia inserendo anche i crediti precedenti al 2023 è la richiesta avanzata da Stefano Sassara, tesoriere del Consiglio nazionale dei consulenti del lavoro.
Lapet ( tributaristi) propone una ulteriore riduzione dell’aliquota sanzionatoria a favore dei contribuenti che, con dichiarazioni integrative, provvedono ad integrare i redditi dichiarati. Secondo il presidente Lapet Roberto Falcone l’integrazione volontaria della dichiarazione dovrebbe essere sanzionata al pari di un omesso versamento o poco più, e vada invece applicata la sanzione al 70% nei casi di maggiori imposte scaturenti da integrazioni frutto di attività accertativa.
L’applicazione del nuovo regime sanzionatorio per i fatti commessi dal 29 aprile 2024, e quindi senza effetto retroattivo secondo Gianni Di Matteo, presidente dell’Unione nazionale delle Camere avvocati tributaristi è un errore perché l’annunciato nuovo regime vedrà in questo modo concreta ed effettiva applicazione solo tra diversi anni ed è alto il rischio di contenzioso.
Per i commercialisti si traducono in un’indebita pressione per spingere ad accettare la proposta