Superbonus, spunta l’argine blocca spese
Niente cessioni e sconti in fattura per le vecchie Cilas che non hanno fatto lavori
Nel testo finale del nuovo decreto Superbonus spunta a sorpresa l’argine finale contro il rischio di nuovi rigonfiamenti delle spese. Lo stop è scritto al comma 5 del primo articolo, che cancella la possibilità di cessione dei crediti e sconti in fattura per chi era riuscito a spuntare le deroghe dal decreto di febbraio 2023, prenotando il diritto al vecchio trattamento grazie alla presentazione di una comunicazione asseverata di inizio lavori entro il 16 febbraio dell’anno scorso. Ora, spiega il nuovo provvedimento che sarà pubblicato oggi in Gazzetta Ufficiale, il diritto si perde se finora non si è sostenuta alcuna spesa.
L’obiettivo è semplice: spuntare la spada di Damocle che ancora pende sui conti pubblici ed è prodotta dalle vecchie Cilas, che secondo il decreto dello scorso anno avrebbero potuto utilizzare il trattamento originario per tutti i tre anni della loro durata. Alzando una minaccia al momento non cifrabile sui saldi di finanza pubblica.
Facciamo un passo indietro. Il decreto cessioni di febbraio 2023 ( Dl n. 11/ 2023) ha vietato i trasferimenti di crediti, salvaguardando però una serie di casi, soprattutto per effetto del pressing parlamentare di quei giorni. Tra questi spiccavano quelli di chi, per accedere al superbonus, aveva presentato una Cilas entro il 16 febbraio 2023 e, nel caso dei condomini, aveva anche approvato una delibera entro la stessa data. E quelli di chi, per accedere ai bonus diversi dal 110%, aveva presentato un titolo abilitativo, sempre entro la scadenza cruciale del 16 febbraio.
Tutte queste pratiche depositate nei cassetti dei Comuni rappresentano una riserva di cessioni teoricamente amplissima e di lungo periodo. Anche perché a queste si aggiungono le Cilas e i titoli depositati a novembre 2022, in grande quantità, per evitare il taglio del superbonus dal 110 al 90 per cento. Tutti questi documenti, anche senza l’avvio dei lavori, davano finora diritto, a tempo indeterminato, a prendere la strada della cessione del credito e dello sconto in fattura. E rappresentavano una potenziale mina per la tenuta dei conti pubblici.
Ora questa mina, con un colpo a sorpresa, viene sostanzialmente disinnescata con la chiusura totale a ogni forma di permanenza in vita della versione più favorevole delle agevolazioni introdotte con il decreto Rilancio dell’estate del 2020.
L’ultima versione del decreto Blocca cessioni, frutto dell’accordo politico sulle aree terremotate e destinata ad approdare oggi in Gazzetta Ufficiale ( si veda l’articolo in basso), agisce proprio sulle deroghe previste dal decreto 11 del 2023. Queste non si applicheranno più, facendo di nuovo scattare il divieto totale di cessione del credito e di sconto in fattura, per chi
La nuova regola cancella la minaccia ulteriore sui conti pubblici prodotta dalle deroghe 2023
alla data di entrata in vigore del provvedimento ( presumibilmente domani) non abbia sostenuto « alcuna spesa, documentata da fattura, per lavori già effettuati » . Quindi, chi non ha aperto un cantiere, con relativa effettuazione di qualche spesa, si troverà improvvisamente in fuorigioco.
Resterà, invece, pericolosamente in mezzo al guado chi, pur avendo già avviato un cantiere, non abbia ancora effettuato spese fatturate di nessun tipo. Del resto, l’incrocio per l’amministrazione finanziaria non sarà difficile, visto che ha a disposizione tutti i dati attraverso la fattura elettronica.
Insieme alla stretta su Terzo settore, Iacp e aree terremotate ( seppure depotenziata nell’ultima versione, si veda l’altro articolo un pagina), questo stop rappresenta davvero la chiusura della stagione della cessione del credito che, a questo punto, avrà una coda, presumibilmente poco onerosa, soltanto per chi ha già i lavori in fase avanzata.