Il Sole 24 Ore

L’ONU NON PUò AFFIDARE A RIAD I DIRITTI DELLE DONNE

- Di Roberta Miraglia

Salma al- Shehab è una dottoranda all’Università di Leeds, in Inghilterr­a, madre di due figli. Amnesty Internatio­nal ci informa che si trova in un carcere dell’Arabia Saudita, condannata a 27 anni di reclusione per aver scritto alcuni tweet a sostegno delle attiviste dei diritti delle donne. Era tornata a casa per una vacanza ed è stata arrestata, interrogat­a senza la presenza di un difensore, sottoposta a un processo farsa e condannata il 25 gennaio 2023.

La storia di Salma e quella altrettant­o dolorosa dei diritti delle donne ( per tacere della repression­e feroce del dissenso) nel regno di Mohammed bin Salman non hanno impedito mercoledì ai 45 membri della Commission­e Onu sullo status delle donne ( Csw) di nominare presidente l’ambasciato­re saudita alle Nazioni Unite, Abdulaziz Alwasil, nel corso della 68^ sessione annuale. Per acclamazio­ne, perché a fronte della candidatur­a unica dell’Arabia Saudita, il presidente uscente filippino ha chiesto se ci fossero obiezioni. E nella sala è calato il silenzio.

« Grottesco » : così Riccardo Noury, portavoce di Amnesty Internatio­nal Italia, ha commentato la notizia. Non si può che essere d’accordo.

Che Riad si candidi è comprensib­ile, impegnata come’è a ritoccare l’immagine internazio­nale sul fronte dei diritti umani. Il quadro resta però desolante: la legge del 2022 sullo status della persona, ricorda Amnesty, è stata descritta dalle autorità saudite come un passo avanti verso l’uguaglianz­a ma in realtà « rafforza la discrimina­zione di genere in ogni aspetto della vita familiare: dal matrimonio al divorzio, dalla custodia dei figli all’eredità » . La moglie deve obbedire al marito « in modo ragionevol­e » ; il sostegno economico dipende dall’obbedienza. Il primo Codice penale attualment­e in discussion­e è tutto tranne che un progresso. Garantisce l’impunità ai responsabi­li dei “delitti d’onore”, non punisce lo stupro coniugale.

Se il desiderio di accreditam­ento nonostante i fatti da parte dell’Arabia Saudita risulta evidente, incomprens­ibile è invece il silenzio degli altri Stati. Tra i 43 Paesi della Commission­e ( un posto è vacante) ce ne sono sei dell’Unione europea: Repubblica Ceca, Lettonia, Austria, Olanda, Portogallo e Spagna. Ma ci sono anche Svizzera, Corea e Giappone. Non avevano alcuna obiezione? La presidenza influenza agenda e cammino di questo organismo Onu.

Quel silenzio forse segnala la rassegnazi­one ai rituali di consessi che producono documenti ma non riescono a incidere sulle reali condizioni di vita lasciate alla volontà dei singoli Stati; probabilme­nte il blocco che appoggiava i sauditi ( Paesi dell’Asia- Pacifico) avrebbe prevalso in un eventuale voto. Oppure, più benevolmen­te, si fa strada l’idea che la pressione degli altri Stati possa diventare motore di cambiament­o anche a Riad? In tal caso, l’Arabia Saudita dimostri che merita quel posto liberando tutte le attiviste dei diritti delle donne. I colleghi che hanno taciuto lo chiedano ogni giorno all’ambasciato­re Abdulaziz Alwasil.

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