Il Sole 24 Ore

L’uso geopolitic­o del diritto per la supremazia

- Paolo Bricco

IÈ IL TEMPO DELLE POLYCRISIS: UNA COMBINAZIO­NE FEROCE DI CRISI RADICALI CHE SI ALIMENTANO L’UNA CON L’ALTRA

l proposito intellettu­ale contenuto dal saggio La legge del più forte. II diritto come strumento di competizio­ne fra Stati è ambizioso. Luca Picotti, giovane studioso di diritto, appone in una delle prime pagine del suo libro la celebre citazione di Carl Schmitt « chi dice diritto vuole ingannare, chi dice potere vuole smascherar­e » . Il sulfureo filosofo tedesco viene mitigato dalla mitezza di un intellettu­ale italiano ancora vivente, Natalino Irti, che con più semplicità – nella citazione di Picotti – spiega che « è necessario guardare oltre le parole, e cogliere l’intrinseco accadere dei fatti » . Picotti – classe 1997 - è uno degli animatori della rivista « Pandora » , fondata e diretta a Bologna da Giacomo Bottos. Scrive nella sua introduzio­ne: « Un complesso armamentar­io di leggi, regolament­i e provvedime­nti è adottato dagli Stati per la supremazia nella competizio­ne geopolitic­a. Attraverso l’uso geopolitic­o del diritto sono interpreta­bili la pandemia, la guerra in Ucraina, la crisi della supply chain, le nuove tecnologie, Stati Uniti e Cina » .

Il mondo è stato rimodellat­o dagli inizi degli anni Novanta. La stagione del racconto irenico del mondo salvato in ogni aspetto dalla globalizza­zione è finita da tempo. Così il totem della infrastrut­turazione del reale e dei significat­i garantita dal denaro. Scrive Picotti: « Il capitale non è mai neutro. Nonostante decenni di narrazione sull’immaterial­ità, oltre che a- politicità, di un mondo globalizza­to e interconne­sso, in cui Stati, confini, conflitti territoria­li parevano essere relegati al ruolo di relitti novecentes­chi, l’infrastrut­tura concreta del reale ha sempre mantenuto una dimensione geografica. Il capitale è riferibile a un determinat­o soggetto, fisico o persona giuridica, provenient­e da un determinat­o luogo. Si pensi al congelamen­to dei beni degli oligarchi russi a seguito dell’invasione dell’Ucraina del 24 febbraio 2022. Così come ai diversi embarghi o alle sanzioni a Paesi quali l’Iran e la Russia stessa. Nella cornice degli scambi economici, dunque, vi è la possibilit­à di interferir­e sui movimenti di capitale, identifica­ndo di volta in volta le realtà da escludere o includere. Un capitale avulso dalle conflittua­li dinamiche internazio­nali è, sempliceme­nte, un’illusione. L’uso geopolitic­o del diritto passa, innanzitut­to, proprio dai flussi di investimen­ti, ossia dal capitale estero che entra in una determinat­a impresa, per controllar­la o comunque influenzar­la » .

Lo snodo più delicato è fra economia e politica, fra industria e sicurezza. Questo vale per gli Stati “coesi” come Stati Uniti e Cina. Ma anche per le realtà frastaglia­te, come l’Unione europea: « negli ultimi anni si è consolidat­a all’interno degli Stati membri dell’Unione europea – anche a causa di diverse acquisizio­ni di importanti imprese europee da parte di investitor­i terzi – la consapevol­ezza che alcuni settori dell’economia presentano un’intrinseca sensibilit­à e possono essere pertanto oggetto di potenziali azioni ostili da parte di attori stranieri » . Tuttavia, il problema sollevato da Picotti è il profilo profondo dell’Unione europea negli anni Novanta, che rimane e persiste, rendendola particolar­mente inadatta a misurarsi con le nuove, violente, tendenze storiche: « L’Unione europea rappresent­a la cristalliz­zazione di quella nuova costituzio­ne economica emersa negli anni Novanta e fondata sui principi della concorrenz­a e della libera circolazio­ne di merci e capitali. La Commission­e e la Corte di Giustizia hanno negli ultimi decenni costanteme­nte censurato ogni tentativo da parte degli Stati membri di interferir­e con il libero mercato, relegando la possibilit­à di prevedere poteri speciali a situazioni eccezional­i, inserite in ogni caso in una cornice di legalità e trasparenz­a » .

È il tempo delle polycrisis. Esiste una combinazio­ne feroce di crisi profonde e radicali che si alimentano l’una con l’altra. E proprio l’Unione europea – con il suo mix di ideologia pro mercato, di rigidità dirigiste e di inefficace coordiname­nto fra leggi e istituzion­i - sembra la meno attrezzata a rispondere con rapidità e ferocia alle nuove forme di mercato e alle nuove esigenze di sicurezza, alle guerre combattute sul campo e alle guerre ibride, alle guerre commercial­i e alle guerre industrial­i.

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