L’uso geopolitico del diritto per la supremazia
IÈ IL TEMPO DELLE POLYCRISIS: UNA COMBINAZIONE FEROCE DI CRISI RADICALI CHE SI ALIMENTANO L’UNA CON L’ALTRA
l proposito intellettuale contenuto dal saggio La legge del più forte. II diritto come strumento di competizione fra Stati è ambizioso. Luca Picotti, giovane studioso di diritto, appone in una delle prime pagine del suo libro la celebre citazione di Carl Schmitt « chi dice diritto vuole ingannare, chi dice potere vuole smascherare » . Il sulfureo filosofo tedesco viene mitigato dalla mitezza di un intellettuale italiano ancora vivente, Natalino Irti, che con più semplicità – nella citazione di Picotti – spiega che « è necessario guardare oltre le parole, e cogliere l’intrinseco accadere dei fatti » . Picotti – classe 1997 - è uno degli animatori della rivista « Pandora » , fondata e diretta a Bologna da Giacomo Bottos. Scrive nella sua introduzione: « Un complesso armamentario di leggi, regolamenti e provvedimenti è adottato dagli Stati per la supremazia nella competizione geopolitica. Attraverso l’uso geopolitico del diritto sono interpretabili la pandemia, la guerra in Ucraina, la crisi della supply chain, le nuove tecnologie, Stati Uniti e Cina » .
Il mondo è stato rimodellato dagli inizi degli anni Novanta. La stagione del racconto irenico del mondo salvato in ogni aspetto dalla globalizzazione è finita da tempo. Così il totem della infrastrutturazione del reale e dei significati garantita dal denaro. Scrive Picotti: « Il capitale non è mai neutro. Nonostante decenni di narrazione sull’immaterialità, oltre che a- politicità, di un mondo globalizzato e interconnesso, in cui Stati, confini, conflitti territoriali parevano essere relegati al ruolo di relitti novecenteschi, l’infrastruttura concreta del reale ha sempre mantenuto una dimensione geografica. Il capitale è riferibile a un determinato soggetto, fisico o persona giuridica, proveniente da un determinato luogo. Si pensi al congelamento dei beni degli oligarchi russi a seguito dell’invasione dell’Ucraina del 24 febbraio 2022. Così come ai diversi embarghi o alle sanzioni a Paesi quali l’Iran e la Russia stessa. Nella cornice degli scambi economici, dunque, vi è la possibilità di interferire sui movimenti di capitale, identificando di volta in volta le realtà da escludere o includere. Un capitale avulso dalle conflittuali dinamiche internazionali è, semplicemente, un’illusione. L’uso geopolitico del diritto passa, innanzitutto, proprio dai flussi di investimenti, ossia dal capitale estero che entra in una determinata impresa, per controllarla o comunque influenzarla » .
Lo snodo più delicato è fra economia e politica, fra industria e sicurezza. Questo vale per gli Stati “coesi” come Stati Uniti e Cina. Ma anche per le realtà frastagliate, come l’Unione europea: « negli ultimi anni si è consolidata all’interno degli Stati membri dell’Unione europea – anche a causa di diverse acquisizioni di importanti imprese europee da parte di investitori terzi – la consapevolezza che alcuni settori dell’economia presentano un’intrinseca sensibilità e possono essere pertanto oggetto di potenziali azioni ostili da parte di attori stranieri » . Tuttavia, il problema sollevato da Picotti è il profilo profondo dell’Unione europea negli anni Novanta, che rimane e persiste, rendendola particolarmente inadatta a misurarsi con le nuove, violente, tendenze storiche: « L’Unione europea rappresenta la cristallizzazione di quella nuova costituzione economica emersa negli anni Novanta e fondata sui principi della concorrenza e della libera circolazione di merci e capitali. La Commissione e la Corte di Giustizia hanno negli ultimi decenni costantemente censurato ogni tentativo da parte degli Stati membri di interferire con il libero mercato, relegando la possibilità di prevedere poteri speciali a situazioni eccezionali, inserite in ogni caso in una cornice di legalità e trasparenza » .
È il tempo delle polycrisis. Esiste una combinazione feroce di crisi profonde e radicali che si alimentano l’una con l’altra. E proprio l’Unione europea – con il suo mix di ideologia pro mercato, di rigidità dirigiste e di inefficace coordinamento fra leggi e istituzioni - sembra la meno attrezzata a rispondere con rapidità e ferocia alle nuove forme di mercato e alle nuove esigenze di sicurezza, alle guerre combattute sul campo e alle guerre ibride, alle guerre commerciali e alle guerre industriali.