Acciona, via al progetto da 40 milioni di euro per la realizzazione del dissalatore a Cefalù
Ogni giorno l’impianto tratterà 50mila mc di acqua e servirà 300mila persone
Sarà la divisione Agua in Italia del gruppo spagnolo Acciona – specializzata nel settore del ciclo idrico integrato e tra i leader mondiali nel settore della dissalazione, presente nel nostro Paese dal 2000 – a progettare e realizzare il potabilizzatore di Cefalù voluto da Amap, la società municipalizzata di Palermo. Il contratto è stato firmato giovedì scorso e il gruppo – dopo i pareri positivi della Conferenza dei servizi – conta di avviare lavori a maggio, per completarli entro novembre 2025. L’impianto sarà così in grado di desalinizzare le acque della sorgente Presidiana e renderle potabili per una popolazione di oltre 300mila persone, con una capacità di trattamento dai 500 ai 600 litri al secondo, pari a 50mila metri cubi al giorno. Un’opera fondamentale per integrare e alleggerire il sistema idrico palermitano, gravato non solo da inefficienze della rete, ma anche dai sempre più frequenti e intensi fenomeni di siccità dovuti ai cambiamenti climatici.
Il progetto nel suo complesso avrà un costo di circa 40 milioni di euro, per il 75% finanziati dal Pnrr e per il restante 25% dalla stessa
Amap. Si tratta di un impianto paragonabile – per tipo di tecnologia adottata, ovvero l’osmosi inversa, e per capacità di trattamento – al dissalatore che sarà realizzato a Taranto, la cui gara è stata bandita dall’Acquedotto Pugliese e vinta da una cordata guidata da Cisa spa con Suez Italy, Suez international, Edil Alta ed Ecologica, che avrà una capacità di oltre 600 litri al secondo.
Si parla di « potabilizzatore » e non di dissalatore perché l’acqua trattata in questo caso è di sorgente e non di mare, ma il processo è il medesimo, spiegano da Acciona Agua, che ha costruito oltre 90 impianti a osmosi inversa in tutto il mondo e anche alcuni tra i pochi ( circa 28, non tutti operativi) presenti nel nostro Paese.
« Purtroppo in Italia si continua ancora a considerare i dissalatori come uno strumento di emergenza a servizio delle isole minori, che necessitano di essere approvvigionate da acqua di mare dissalata – osserva Luigi Patimo, corporate country manager Italy di Acciona –. Non abbiamo finora pensato di inserire queste opere come strumenti complementari all’interno del sistema idrico complessivo, e non come elementi primari » . Questi impianti infatti – molto diffusi in aree geografiche come il Medio Oriente, l’Australia o gli Stati Uniti e, in Europa, in Spagna – nel nostro Paese stentano a decollare, nonostante lo scorso anno il decreto Siccità abbia introdotto alcune norme per semplificare gli iter autorizzativi e da più parti vengano indicati come possibile soluzione alternativa nei sistemi di approvvigionamento idrico, in uno scenario in cui i fenomeni siccitosi sono destinati ad aumentare.
Come soluzione « alternativa » , quindi, e non unica, ribadisce Patimo, ricordando che una soluzione unica non esiste, ma che ogni situazione deve essere affrontata in modo specifico e con approccio integrato tra sistemi differenti. « Lo sfruttamento eccessivo delle forme primarie di approvvigionamento, ovvero pozzi e sorgenti, crea un aumento dei sali all’interno dell’acqua, che pertanto diventa non più potabile – spiega Patimo –. I dissalatori ci permettono di aggiustare la salinità dell’acqua che altrimenti sarebbe impossibile immettere in rete, e di prenderla dal mare quando le precipitazioni, e dunque anche la risorsa idrica, scarseggiano » .
Non mancano tuttavia le criticità attribuite a questo tipo di impianti, che si riferiscono soprattutto all’elevato consumo energetico necessario per farli funzionare e agli scarti da essi prodotti ( in particolare, la salamoia). « Sono entrambe due critiche infondate, perché ampiamente superate dalle tecnologie, che negli ultimi dieci anni si sono enormemente evolute – spiega Patimo –. Dobbiamo dare risposte ai problemi con esempi virtuosi, come abbiamo fatto ad esempio alle isole Pelagie, dove i dissalatori hanno sostituito il sistema di approvvigionamento tramite navi cisterna, che comportava elevati costi e criticità di trasporto » . Permettendo inoltre di ridurre il costo dell’acqua potabile da 14 euro a 2 euro al metro cubo.
Per quanto riguarda i consumi energetici, « i dissalatori moderni consumano mediamente 2,8 kWh per produrre un metro cubo di acqua, contro i 6 kWh necessari dieci anni fa o addirittura i 15 kWh di 29 anni fa – spiega Pietro Tota, country manager Agua Italy di Acciona –. Per i potabilizzatori come quello di Cefalù il consumo scende addirittura a 0,48 kWh » . Sul tema della salamoia sono in corso ricerche e progetti per il riutilizzo degli scarti a uso industriale, in un’ottica di economia circolare.
In Italia qualcosa sta cambiando, aggiunge Tota: « Sono in corso molti progetti e studi di fattibilità, ad esempio in Sardegna, Puglia e Lazio, che potrebbero vedere la luce già quest’anno o il prossimo. È importante agire in fretta: molti Paesi, europei e non solo, hanno da tempo compreso le potenzialità di queste opere e il rischio è di affrontare il problema quando gli altri avranno già fatto la corsa per accaparrarsi le tecnologie » .
SISTEMA INTEGRATO Patimo: « Occorre uscire dalla logica emergenziale Queste opere vanno inserite in un sistema integrato complessivo »
CONSUMI ENERGETICI Tota: « Le tecnologie si sono evolute rispetto a 10- 20 anni fa: oggi un impianto consuma 2,8 kWh per mc di acqua »