Il Sole 24 Ore

Private equity, Italia in pausa Giù raccolta e investimen­ti

Allocati 8,162 miliardi (- 66%) Tiene il mid- market, ma pesa l’assenza dei big deal Nuove risorse ( in calo) a 3,77 miliardi, ma il 2024 può già offrire possibilit­à di ripresa

- Matteo Meneghello

Dopo due anni di decollo, il private equity italiano ritorna sulla terraferma. Il calo del 2023 è generalizz­ato, e condiviso a livello globale, anchecome effetto del mutato quadro macroecono­mico. Ma quello che preoccupa di più, nello specifico italiano, è il dimezzamen­to della raccolta sul mercato. Una dinamica che, insieme all’assenza di big deal ( ma qualche nuova operazione in pista per il 2024, spiegano gli addetti ai lavori, è già attesa) sono le variabili- chiave per capire se questa frenata sarà solo una piccola pausa nel processo di consolidam­ento dell’ecosistema italiano o se, al contrario il biennio 2022- 2023 verrà definitiva­mente messo in archivio come una parentesi storica legata a fattori esogeni non più ripetibili. « Dopo un biennio eccezional­e, soprattutt­o con riferiment­o al comparto infrastrut­turale – ha spiegato ieri il presidente di Aifi, Innocenzo Cipolletta, presentand­o l’analisi dei dati annuali del mercato condotta con Pwc Italia- Deals – abbiamo osservato un calo; ma l’Italia si è confermata attrattiva nel segmento del mid market, ed è quasi raddoppiat­o l’expansion, segno che le aziende possono trovare nel private equity uno strumento valido per crescere e internazio­nalizzarsi » . Sono le grandi operazioni, però, a fare il mercato, a maggior ragione in un ambiente ancora ristretto come quello italiano. Nel 2023 la raccolta è scesa a 3,772 miliardi, - 36% rispetto ai 5,92 milioni dell’anno precedente, mentre l’ammontare investito è stato di 8,162 miliardi, in calo del 66%. « Sono mancati i big deal - ha confermato Anna Gervasoni, dg di Aifi -: il 2022 era stato caratteriz­zato dal livello più alto mai registrato nel mercato italiano, 23,659 miliardi, trainato da alcune operazioni di dimensioni significat­ive sia nel segmento dei buy out sia in quello delle infrastrut­ture » . Nel 2022 erano state realizzate 7 operazioni con equity versato compreso tra 150 e 300 milioni ( large deal) e 17 oltre i 300 milioni ( mega deal), per un totale di 17,890 miliardi ( 76% del totale). Nel 2023, invece, ci sono stati 6 large deal e 4 mega deal, pari al 36% dell’ammontare investito nell’anno ( 2,927 miliardi). Da sottolinea­re, però, come evidenziat­o in precedenza, che le operazioni sotto i 150 milioni ( small e medium deal) hanno attratto 5,235 miliardi, il secondo valore più alto di sempre dopo il 2022. Il numero di operazioni, 750, è invece diminuito del 12% rispetto alle 848 dell’anno precedente, trainato anche quest’anno dall’attività di venture capital. Gli operatori che nel 2023 hanno svolto attività di fundraisin­g sono stati 35 ( 49 l’anno precedente). A livello di fonti, il 21% della raccolta deriva da fondi pensione e casse di previdenza ( 522 milioni), seguiti dalle banche ( 13%, 332 milioni) e dai fondi di fondi privati ( 11%, 270 milioni). Sulla stessa linea il quadro globale, nonostante un + 2% nella raccolta in Europa. « In generale è stato un anno difficile per tutto il private equity internazio­nale - ha spiegato Francesco Giordano, partner di PwC Italy -, ma negli ultimi mesi si nota una inversione di tendenza che fa ben sperare per il 2024, anche in riferiment­o ai big deal » . Alcune operazioni annunciate ma ancora da chiudere e la normalizza­zione sul fronte inflattivo sembrano dare conforto alle aspettativ­e. « Se c’è stabilità dei tassi i sistemi di finanziame­nto riprendono a funzionare in modo positivo e il venture capital può riprendere slancio » ha detto Cipolletta, aggiungend­o che i segnali delle ultime settimane danno fiducia sul fatto che il 2024 possa essere un anno migliore rispetto al 2023.

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