La falsa attestazione mantiene rilevanza penale
Arriva la prima sentenza della Cassazione sulla successione di norme Confermata la condanna a carico del professionista per falsa informazione
L’entrata in vigore del Codice della crisi d’impresa non ha avuto come effetto una parziale depenalizzazione della falsa attestazione da parte del professionista. Con una sentenza destinata a costituire punto di riferimento, la Cassazione interviene per la prima volta sul punto della successione di norme penali nel tempo, dove al “vecchio” articolo 236 bis della legge fallimentare si è sostituito il nuovo articolo 342 del Codice. A sostenere la tesi dell’effetto parzialmente abrogativo della riforma era la difesa di un professionista condannato dal Gip, dopo giudizio abbreviato, a dieci mesi e 20 giorni di detenzione oltre a circa 27mila euro di multa per avere esposto e omesso informazioni rilevanti nel contesto di un piano di concordato preventivo ( indicazione di 200mila euro di nuova finanza mai arrivati a una Srl).
Per la Cassazione, nel confrontare le norme, cruciale è l’aggiunta, nell’ultima versione, del riferimento alla « veridicità dei dati contenuti nel piano o nei documenti in esso allegati » in relazione alle informazioni omesse. Una formulazione che avrebbe ridotto l’area di rilevanza penale, limitandola alla sola veridicità dei dati aziendali, con esclusione implicita delle attività del professionista indirizzate alla valutazione della fattibilità economica del piano presentato dal debitore. Decisivo in questo senso sarebbe l’utilizzo del termine « dati » , che sarebbe incompatibile con il concetto di valutazione.
La Cassazione però, nel suo esame, ricorda che il termine « dati » deve essere collocato in relazione con il contenuto delle diverse attestazioni e relazioni richiamate dalla norma. Già quando era in vigore l’articolo 236 bis della legge fallimentare era stato valorizzato questo legame, ritenendo che la nozione di « informazioni » non dovesse essere circoscritta ai semplici dati aziendali, ma piuttosto estesa proprio alle attività del professionista relative alla fattibilità economica del piano. Necessità di legame che esiste tuttora, precisa la Cassazione, visto che quelle attestazioni e relazioni sono ancora richiamate nella norma.
Inoltre, sempre con riferimento alla legge fallimentare, a essere rilevante penalmente, afferma ancora la Corte, non era tanto la valutazione del professionista sulla fattibilità economica del piano, quanto invece la correttezza e completezza della base informativa e dei criteri utilizzati per la valutazione. E allora, con riferimento a questi profili dell’attività svolta dal professionista « si può ritenere che la novella non abbia determinato alcun effetto abrogativo, essendosi il legislatore delegato limitato a riformulare la norma con l’inserimento di un inciso che non lasci dubbi circa la non applicabilità di essa alla valutazione prognostica del professionista » .
Non sono quindi penalmente irrilevanti le attività del professionista relative alla correttezza e compiutezza del set di informazioni utilizzato e dei metodi impiegati per formulare la prognosi sulla fattibilità economica del piano.
Una conclusione che alla Cassazione appare essere in linea con le intenzioni del Codice della crisi che, nella relazione illustrativa, afferma la sostanziale coincidenza del perimetro penale delle due disposizioni che si sono succedute nel tempo. Inoltre era la stessa legge delega a escludere espressamente interventi di abrogazione delle fattispecie penali. Un limite particolarmente stringente, per la Cassazione, perché è la stessa Corte costituzionale a mettere in evidenza come i principi posti dal legislatore delegante rappresentano non solo base e limite delle norme delegate, ma anche strumento interpretativo della loro portata. Perciò, vista la consistenza della falsa informazione, pari a un quarto dell’attivo, la Cassazione conferma la condanna al professionista.