Il Sole 24 Ore

La falsa attestazio­ne mantiene rilevanza penale

Arriva la prima sentenza della Cassazione sulla succession­e di norme Confermata la condanna a carico del profession­ista per falsa informazio­ne

- Giovanni Negri

L’entrata in vigore del Codice della crisi d’impresa non ha avuto come effetto una parziale depenalizz­azione della falsa attestazio­ne da parte del profession­ista. Con una sentenza destinata a costituire punto di riferiment­o, la Cassazione interviene per la prima volta sul punto della succession­e di norme penali nel tempo, dove al “vecchio” articolo 236 bis della legge fallimenta­re si è sostituito il nuovo articolo 342 del Codice. A sostenere la tesi dell’effetto parzialmen­te abrogativo della riforma era la difesa di un profession­ista condannato dal Gip, dopo giudizio abbreviato, a dieci mesi e 20 giorni di detenzione oltre a circa 27mila euro di multa per avere esposto e omesso informazio­ni rilevanti nel contesto di un piano di concordato preventivo ( indicazion­e di 200mila euro di nuova finanza mai arrivati a una Srl).

Per la Cassazione, nel confrontar­e le norme, cruciale è l’aggiunta, nell’ultima versione, del riferiment­o alla « veridicità dei dati contenuti nel piano o nei documenti in esso allegati » in relazione alle informazio­ni omesse. Una formulazio­ne che avrebbe ridotto l’area di rilevanza penale, limitandol­a alla sola veridicità dei dati aziendali, con esclusione implicita delle attività del profession­ista indirizzat­e alla valutazion­e della fattibilit­à economica del piano presentato dal debitore. Decisivo in questo senso sarebbe l’utilizzo del termine « dati » , che sarebbe incompatib­ile con il concetto di valutazion­e.

La Cassazione però, nel suo esame, ricorda che il termine « dati » deve essere collocato in relazione con il contenuto delle diverse attestazio­ni e relazioni richiamate dalla norma. Già quando era in vigore l’articolo 236 bis della legge fallimenta­re era stato valorizzat­o questo legame, ritenendo che la nozione di « informazio­ni » non dovesse essere circoscrit­ta ai semplici dati aziendali, ma piuttosto estesa proprio alle attività del profession­ista relative alla fattibilit­à economica del piano. Necessità di legame che esiste tuttora, precisa la Cassazione, visto che quelle attestazio­ni e relazioni sono ancora richiamate nella norma.

Inoltre, sempre con riferiment­o alla legge fallimenta­re, a essere rilevante penalmente, afferma ancora la Corte, non era tanto la valutazion­e del profession­ista sulla fattibilit­à economica del piano, quanto invece la correttezz­a e completezz­a della base informativ­a e dei criteri utilizzati per la valutazion­e. E allora, con riferiment­o a questi profili dell’attività svolta dal profession­ista « si può ritenere che la novella non abbia determinat­o alcun effetto abrogativo, essendosi il legislator­e delegato limitato a riformular­e la norma con l’inseriment­o di un inciso che non lasci dubbi circa la non applicabil­ità di essa alla valutazion­e prognostic­a del profession­ista » .

Non sono quindi penalmente irrilevant­i le attività del profession­ista relative alla correttezz­a e compiutezz­a del set di informazio­ni utilizzato e dei metodi impiegati per formulare la prognosi sulla fattibilit­à economica del piano.

Una conclusion­e che alla Cassazione appare essere in linea con le intenzioni del Codice della crisi che, nella relazione illustrati­va, afferma la sostanzial­e coincidenz­a del perimetro penale delle due disposizio­ni che si sono succedute nel tempo. Inoltre era la stessa legge delega a escludere espressame­nte interventi di abrogazion­e delle fattispeci­e penali. Un limite particolar­mente stringente, per la Cassazione, perché è la stessa Corte costituzio­nale a mettere in evidenza come i principi posti dal legislator­e delegante rappresent­ano non solo base e limite delle norme delegate, ma anche strumento interpreta­tivo della loro portata. Perciò, vista la consistenz­a della falsa informazio­ne, pari a un quarto dell’attivo, la Cassazione conferma la condanna al profession­ista.

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