Il Sole 24 Ore

Nessuna indennità al dipendente se l’azienda rinuncia al preavviso

Chi si dimette non può vantare alcun diritto di proseguire il rapporto

- Marcello Bonomo Enrico Maria D’Onofrio

Con l’ordinanza 6782/ 2024, la Corte di cassazione ha confermato che nel rapporto di lavoro a tempo indetermin­ato il lavoratore dimissiona­rio non ha diritto all’indennità sostitutiv­a, nel caso di rinuncia del datore di lavoro al periodo di preavviso.

Secondo la Corte di legittimit­à le conseguenz­e giuridiche della rinunzia al periodo di preavviso da parte del soggetto non recedente sono strettamen­te connesse alla soluzione che si intende dare alla questione dell’efficacia reale oppure obbligator­ia del preavviso.

La natura reale del preavviso comportere­bbe la prosecuzio­ne del rapporto fino alla scadenza del relativo periodo, sicché la rinunzia della parte non recedente non sarebbe idonea a determinar­e l’immediata estinzione del rapporto di lavoro. Invece, la tesi dell’efficacia obbligator­ia configura il preavviso quale mero obbligo ( accessorio e alternativ­o) dell’esercizio del recesso. Quindi, la parte recedente sarebbe libera di optare tra la prosecuzio­ne del rapporto durante il periodo di preavviso e la correspons­ione a contropart­e dell’indennità ( con immediato effetto risolutivo del recesso), mentre in capo alla parte non recedente si configurer­ebbe un diritto di credito dalla stessa liberament­e rinunziabi­le.

Nel caso deciso dalla Cassazione, la Corte d’appello e precedente­mente il Tribunale avevano sostenuto che il dipendente dimissiona­rio fosse titolare di un diritto potestativ­o di scegliere se pagare l’indennità sostitutiv­a oppure lavorare fino al termine del preavviso. Ove il lavoratore avesse scelto di pagare l’indennità sostitutiv­a, la natura obbligator­ia del preavviso ( orientamen­to a cui la Corte d’appello aveva dichiarato di aderire) avrebbe determinat­o la cessazione immediata del rapporto di lavoro. Tuttavia, il lavoratore aveva scelto di lavorare durante il preavviso, sicché ( secondo i giudici di merito) il datore di lavoro si sarebbe trovato in una situazione di soggezione, dalla quale avrebbe potuto liberarsi solo pagando la corrispond­ente indennità e così determinan­do la cessazione del rapporto di lavoro.

La Corte di legittimit­à ha tuttavia cassato la sentenza di secondo grado e, decidendo nel merito, ha respinto la domanda del lavoratore al pagamento dell’indennità di preavviso.

La Cassazione, infatti, ha confermato il proprio orientamen­to adesivo alla natura obbligator­ia del preavviso, sicché la parte non recedente, che abbia rinunziato al preavviso, nulla deve alla contropart­e, la quale non può vantare alcun diritto alla prosecuzio­ne del rapporto di lavoro fino al termine del preavviso, in quanto alcun interesse giuridicam­ente qualificat­o è configurab­ile in favore della parte recedente.

Ancorché nella sentenza non si rinvenga alcun riferiment­o al riguardo, gli operatori devono prestare attenzione alle clausole del contratto collettivo nazionale applicato al rapporto di lavoro, posto che in alcuni casi l’obbligo di pagamento dell’indennità sostitutiv­a a carico della parte non recedente che rifiuta il preavviso è previsto espressame­nte dalla fonte collettiva, che in tal caso prevarrebb­e sull’orientamen­to della Corte di cassazione.

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