Lavoro agile, da aprile stop al diritto ma priorità ad alcune categorie
Smart working. Se l’azienda decide di avvalersene, dovrà privilegiare lavoratori con grave disabilità, con figli fino a 12 anni o disabili, caregiver e anziani
Da aprile finisce il sistema normativo eccezionale imposto dalla pandemia, e il ricorso al lavoro agile torna ad essere disciplinato dalle norme ordinarie. Il 31 marzo, infatti, è scaduta l’ultima proroga del diritto allo smart working nel settore privato per genitori di figli sotto i 14 anni e lavoratori fragili. La conseguenza è che per il lavoratore cessa il diritto allo smart working emergenziale sancito dalla legge, e si ritorna ad un disciplina ordinaria che, nel caso di utilizzo del lavoro agile, assegna una priorità a determinate categorie di lavoratori.
La gran parte di questi casi è individuata nella legge istitutiva del lavoro agile, la n. 81 del 2017 ( art. 18 comma 3bis), che assegna priorità alle richieste formulate dalle lavoratrici e dai lavoratori con figli fino a dodici anni di età, o senza alcun limite di età nel caso di figli in condizioni di disabilità, ai lavoratori con disabilità in situazione di gravità accertata, o che siano caregivers.
Peraltro, la priorità alle richieste di smart working presentate da queste categorie di lavoratrici e lavoratori deve essere garantita dal datore di lavoro anche per non rischiare “sanzioni indirette”, come l’impossibilità di richiedere la certificazione della parità di genere e l’accesso a bonus contributivi o bandi nazionali. Un’altra categoria alla quale recentemente è stata riconosciuta una priorità nella richiesta del lavoro in modalità agile, è quella degli anziani da 65 anni in su, prevista dal decreto legislativo n. 29 del 15 marzo 2024, il cosiddetto decreto anziani.
« Priorità non vuole dire essere titolari di un diritto - osserva Arturo Maresca, ordinario di diritto del lavoro all’Università La Sapienza di Roma, con una lunga esperienza nella consulenza alle imprese -, nel senso che, se il datore di lavoro attiva lo smart working in azienda, questa modalità d’esecuzione della prestazione lavorativa va prioritariamente riconosciuta a determinate categorie previste dalla legge. Ma se l’azienda non prevede di avvalersi del lavoro agile, il lavoratore anche se appartenente a queste categorie non potrà pretendere di lavorare in modalità agile » .
Durante la pandemia in molte aziende, soprattutto quelle di grandi dimensioni, il ricorso allo smart working è stato disciplinato dai contratti collettivi stipulati tra le parti a livello aziendale. Se l’accordo è a tempo indeterminato, le imprese potranno apportare modifiche, ad esempio sulla ripartizione delle giornate da alternare in presenza e da remoto, e proporre eventualmente un patto modificativo al lavoratore che non ha bisogno di essere comunicato al ministero del avoro. Se gli accordi individuali sono a termine, alla scadenza potranno essere rinnovati e, in questo caso, comunicati al ministero del Lavoro.
Un tema che andrà affrontato a livello normativo, è quello dei lavoratori fragili, che si rivolgono al medico competente o a strutture del servizio sanitario nazionale, ottenendo una prescrizione medica con l’obiettivo di poter lavorare in modalità agile: « La modalità agile deve essere concordata dalle parti - aggiunge Maresca - e non può essere imposta alle parti o ad una di esse, in mancanza di un’espressa disposizione di legge o di contratto collettivo » .
Secondo l’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano nel 2023 erano oltre 3,585 milioni i lavoratori da remoto in Italia, in leggera crescita rispetto ai 3,570 milioni del 2022, rispetto al pre Covid si tratte del 541% in più.
I lavoratori da remoto sono aumentati nel 2023 soprattutto nelle grandi imprese, dove sono oltre uno su due lavora in modalità agile ( 1,88 milioni di persone). La crescita ha interessato anche le Pmi dove, però, rappresentano solo il 10% della platea potenziale ( 570mila lavoratori). Nel 2024 si stimano 3,65 milioni di smart worker.
Durante la pandemia molte grandi aziende hanno disciplinato lo smart working con i contratti collettivi