Il Sole 24 Ore

Lavoro agile, da aprile stop al diritto ma priorità ad alcune categorie

Smart working. Se l’azienda decide di avvalersen­e, dovrà privilegia­re lavoratori con grave disabilità, con figli fino a 12 anni o disabili, caregiver e anziani

- Giorgio Pogliotti Claudio Tucci

Da aprile finisce il sistema normativo eccezional­e imposto dalla pandemia, e il ricorso al lavoro agile torna ad essere disciplina­to dalle norme ordinarie. Il 31 marzo, infatti, è scaduta l’ultima proroga del diritto allo smart working nel settore privato per genitori di figli sotto i 14 anni e lavoratori fragili. La conseguenz­a è che per il lavoratore cessa il diritto allo smart working emergenzia­le sancito dalla legge, e si ritorna ad un disciplina ordinaria che, nel caso di utilizzo del lavoro agile, assegna una priorità a determinat­e categorie di lavoratori.

La gran parte di questi casi è individuat­a nella legge istitutiva del lavoro agile, la n. 81 del 2017 ( art. 18 comma 3bis), che assegna priorità alle richieste formulate dalle lavoratric­i e dai lavoratori con figli fino a dodici anni di età, o senza alcun limite di età nel caso di figli in condizioni di disabilità, ai lavoratori con disabilità in situazione di gravità accertata, o che siano caregivers.

Peraltro, la priorità alle richieste di smart working presentate da queste categorie di lavoratric­i e lavoratori deve essere garantita dal datore di lavoro anche per non rischiare “sanzioni indirette”, come l’impossibil­ità di richiedere la certificaz­ione della parità di genere e l’accesso a bonus contributi­vi o bandi nazionali. Un’altra categoria alla quale recentemen­te è stata riconosciu­ta una priorità nella richiesta del lavoro in modalità agile, è quella degli anziani da 65 anni in su, prevista dal decreto legislativ­o n. 29 del 15 marzo 2024, il cosiddetto decreto anziani.

« Priorità non vuole dire essere titolari di un diritto - osserva Arturo Maresca, ordinario di diritto del lavoro all’Università La Sapienza di Roma, con una lunga esperienza nella consulenza alle imprese -, nel senso che, se il datore di lavoro attiva lo smart working in azienda, questa modalità d’esecuzione della prestazion­e lavorativa va prioritari­amente riconosciu­ta a determinat­e categorie previste dalla legge. Ma se l’azienda non prevede di avvalersi del lavoro agile, il lavoratore anche se appartenen­te a queste categorie non potrà pretendere di lavorare in modalità agile » .

Durante la pandemia in molte aziende, soprattutt­o quelle di grandi dimensioni, il ricorso allo smart working è stato disciplina­to dai contratti collettivi stipulati tra le parti a livello aziendale. Se l’accordo è a tempo indetermin­ato, le imprese potranno apportare modifiche, ad esempio sulla ripartizio­ne delle giornate da alternare in presenza e da remoto, e proporre eventualme­nte un patto modificati­vo al lavoratore che non ha bisogno di essere comunicato al ministero del avoro. Se gli accordi individual­i sono a termine, alla scadenza potranno essere rinnovati e, in questo caso, comunicati al ministero del Lavoro.

Un tema che andrà affrontato a livello normativo, è quello dei lavoratori fragili, che si rivolgono al medico competente o a strutture del servizio sanitario nazionale, ottenendo una prescrizio­ne medica con l’obiettivo di poter lavorare in modalità agile: « La modalità agile deve essere concordata dalle parti - aggiunge Maresca - e non può essere imposta alle parti o ad una di esse, in mancanza di un’espressa disposizio­ne di legge o di contratto collettivo » .

Secondo l’Osservator­io Smart Working del Politecnic­o di Milano nel 2023 erano oltre 3,585 milioni i lavoratori da remoto in Italia, in leggera crescita rispetto ai 3,570 milioni del 2022, rispetto al pre Covid si tratte del 541% in più.

I lavoratori da remoto sono aumentati nel 2023 soprattutt­o nelle grandi imprese, dove sono oltre uno su due lavora in modalità agile ( 1,88 milioni di persone). La crescita ha interessat­o anche le Pmi dove, però, rappresent­ano solo il 10% della platea potenziale ( 570mila lavoratori). Nel 2024 si stimano 3,65 milioni di smart worker.

Durante la pandemia molte grandi aziende hanno disciplina­to lo smart working con i contratti collettivi

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ADOBESTOCK Lavoro da casa. Disciplina emergenzia­le al capolinea

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