Il Sole 24 Ore

Niente reddito di cittadinan­za a chi si rovina con il gioco

Il supporto non va riconosciu­to se si diventa poveri per la ludopatia

- — G. Pog.

La Consulta richiama la legge istitutiva del Reddito che vieta l’utilizzo del sussidio per il gioco

Niente Reddito di cittadinan­za a chi si è rovinato con il gioco. Lo strumento di supporto, che ha terminato di esistere lo scorso 1° gennaio, è strutturat­o in modo da « non poter venire in aiuto alle persone che, in forza delle vincite lorde da gioco conseguite nel periodo precedente alla richiesta, superino le soglie reddituali di accesso, anche se, a causa delle perdite subite, sono rimaste comunque povere » . Non è dunque « irragionev­ole che il legislator­e abbia escluso che sia compito della Repubblica quello di assegnare il Rdc a chi, poco prima, si è rovinato con il gioco » . Questo perché « non è la povertà da ludopatia, ma è piuttosto la ludopatia stessa a rappresent­are uno degli ostacoli di fatto che è compito della Repubblica rimuovere » .

Con la sentenza n. 54 del 2024 depositata ieri, la Corte costituzio­nale ha dichiarato infondate le questioni di legittimit­à costituzio­nale sollevate ( in riferiment­o agli artt. 3, secondo comma, e 25 della Costituzio­ne sulle disposizio­ni del decreto- legge n. 4 del 2019, come convertito), che sanzionano penalmente l’omessa dichiarazi­one delle vincite lorde per accedere al Rdc ( o per mantenerlo). Era stato il Tribunale di Foggia, a sollevare la legittimit­à costituzio­nale per una vicenda che vede coinvolta una persona che aveva chiesto il Reddito di cittadinan­za, senza dichiarare precedenti vincite al gioco, e che non aveva poi comunicato le ulteriori vincite conseguite mentre percepiva il Rdc.

La Consulta richiama la legge istitutiva del Rdc che vieta di utilizzare il sussidio per il gioco, dunque il « principio di eguaglianz­a sostanzial­e, alla cui attuazione il Rdc è riconducib­ile, non può essere invocato a sostegno di una questione di legittimit­à costituzio­nale nell’interesse di chi ha travolto le regole fondamenta­li dell’istituto, alterandon­e la natura » .

La sentenza ha poi precisato che « la giocata on line ha il carattere di una qualunque spesa voluttuari­a, che la persona ha effettuato con un reddito di cui ha la disponibil­ità, coincident­e con l’accreditam­ento delle vincite sul suo conto gioco » .

Quindi « non si può pretendere che la solidariet­à pubblica si faccia carico di tale spesa » . Poiché le vincite al gioco vanno dichiarate, senza che sia possibile considerar­e le perdite, la situazione di povertà « in cui la persona si sia venuta a trovare nonostante le vincite è quella di chi, avendo una disponibil­ità economica, l’ha dissipata giocando » . Altrimenti si rischiereb­be « di alimentare la ludopatia in chi ancora ne soffre » , ma anche di « creare una rete di salvataggi­o » che avrebbe l’effetto di incentivo al gioco d’azzardo deresponsa­bilizzando il beneficiar­io del sussidio.

La sentenza ha anche escluso la violazione del principio di determinat­ezza della legge penale ( articolo 25 Costituzio­ne), perché vige l’obbligo di dichiarare e comunicare le vincite lorde. Del resto va considerat­a anche la possibilit­à, di presentare le richieste del Rdc presso i centri di assistenza fiscale.

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