Il Sole 24 Ore

Legge elettorale: premio, soglia al 40% e ballottagg­io nello schema del governo

Ma Casellati frena: se ne discuterà solo dopo la prima lettura del premierato

- Emilia Patta

« Della legge elettorale, che è una legge ordinaria, ce ne occuperemo dopo la prima doppia lettura della riforma costituzio­nale che introduce l’elezione diretta del premier » , ripetono all’unisono la ministra azzurra per le Riforme Elisabetta Casellati e il presidente meloniano della commission­e Affari costituzio­nali del Senato Alberto Balboni. Eppure non sapere come sarà eletto il premier e di conseguenz­a come saranno eletti i parlamenta­ri a lui collegati rende la discussion­e sulla riforma costituzio­nale quantomeno monca.

Nelle ultime sedute della commission­e prima della pausa pasquale il tema è stato posto con forza dal M5s e dal Pd ( « nessuno al mondo fa elezioni contestual­i e concatenat­e di capo del governo e Parlamento, e ovunque ci sia un’elezione diretta c’è la soglia del 50%, ossia la maggioranz­a assoluta » , ha ricordato tra tutti il vicepresid­ente dem della commission­e Dario Parrini). Ma anche nel centrodest­ra i mugugni a riguardo stanno crescendo, e intanto sono stati portati alla luce dall’ex presidente del Senato Marcello Pera, ora senatore di Fratelli d’Italia: « Introdurre il premierato ma non precisare come ( e anche se) il premier è eletto rende la riforma costituzio­nale incerta e lacunosa » . Già, perché nel testo di riforma è stabilito solo che « la legge disciplina il sistema per l’elezione delle Camere e del presidente del Consiglio assegnando un premio su base nazionale che garantisca una maggioranz­a dei seggi in ciascuna delle Camere alle liste e ai candidati collegati al presidente del Consiglio, nel rispetto del principio di rappresent­atività » .

Eppure un modello in campo - abbastanza dettagliat­o, dietro le quinte, tra ministero delle Riforme e Palazzo Chigi - già c’è: base proporzion­ale e premio fino al 55% dei seggi per la lista o la coalizione che supera il 40% e ballottagg­io nazionale tra le prime due liste o coalizioni se nessuno raggiunge il 40%. In buona sostanza una sorta di riedizione rivista e corretta del renziano Italicum bocciato dalla Consulta nel gennaio 2017 e mai utilizzato: basterebbe consentire gli apparentam­enti che l’Italicum vietava tra primo e secondo turno - è il ragionamen­to - per superare le possibili obiezioni della Corte. « La soglia potrà anche essere un poco superiore al 40% - si sbilancia Balboni -. Ma portarla fino al 50% potrebbe avere l’effetto contrario a quello che ci proponiamo, ossia incentivar­e le aggregazio­ni al primo turno per bipolarizz­are il confronto politico. Con una soglia troppo altra i partiti piccoli e medi sarebbero spinti a correre da soli per poi far pesare di più i loro voti al secondo turno. Bisogna inoltre tenere conto che ai ballottagg­i l’affluenza tende ad essere inferiore e potrebbe dunque darsi il caso di un premier eletto al secondo turno con meno voti di quelli presi dal suo rivale al primo » .

C’è tuttavia un problema, quello del voto degli italiani all’estero sollevato per la prima volta sulle colonne del Sole 24 Ore il 14 marzo dai costituzio­nalisti bipartisan di LibertàEgu­ale e Magna Carta, che lo stesso Balboni ammette essere non di poco conto ( « il problema c’è, stiamo studiando le possibili soluzioni » ). Ora i cinque milioni di nostri concittadi­ni residenti fuori dall’Italia eleggono nella circoscriz­ione estero otto deputati e quattro senatori. Ma - come fa notare l’esperto di sistemi elettorali Giuseppe Calderisi, di Magna Carta - con un’elezione « a suffragio universale e diretto » quei voti potrebbero sovvertire qualunque risultato. « Sul voto estero l’unica soluzione è quella di determinar­e l’esito delle elezioni in base ai seggi e non ai voti - dice Calderisi -. Ma allora in Costituzio­ne non si può più scrivere che il premier “è eletto a suffragio universale e diretto”. Si potrebbe comunque scrivere che “è eletto il candidato premier collegato con il raggruppam­ento che ha ottenuto tot seggi” » . Consideran­do che l’elezione “diretta” è il fulcro della narrazione meloniana, si tratta appunto di un problema non di poco conto.

La ratio del governo: con una soglia al 40% o di poco superiore si incentivan­o le aggregazio­ni al primo turno

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Il presidente della Commission­e Affari costituzio­nali ammette: il voto degli italiani all’estero può essere un problema, stiamo studiando le soluzioni
ALBERTO BALBONI Il presidente della Commission­e Affari costituzio­nali ammette: il voto degli italiani all’estero può essere un problema, stiamo studiando le soluzioni

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