Il Sole 24 Ore

Biomasse, senza incentivi a rischio la filiera

I produttori di elettricit­à da scarti boschivi e agricoli stanno lavorando in perdita

- Sara Deganello

Dopo l’anno orribile 2023, quando molti operatori furono costretti a fermare gli impianti, sono ancora in difficoltà i produttori di energia elettrica da biomasse solide. Un settore che, insieme a biogas e oli vegetali, è stato responsabi­le nel 2023 del 15% della quota di energia da fonti rinnovabil­i in Italia ( a sua volta il 37% dei consumi, secondo Terna).

Il trend al ribasso del prezzo dell’energia e un sistema di incentivi insufficie­nti, sta mettendo alla prova la tenuta finanziari­a delle imprese. « Presuppone­ndo un prezzo medio dell’elettricit­à di 95 euro al MWh per il 2024 e calcolando che l’incentivo massimo per quest’anno sarà di 76 euro al MWh, è facile vedere come il ricavo atteso dalle nostre imprese si attesti sui 170 euro al MWh: ben al di sotto dei costi di generazion­e calcolati dallo studio Rse fatto da Arera quest’anno di 223 euro al MWh, che non considera neanche gli ammortamen­ti » . A parlare è Andrea Bigai, presidente dell’associazio­ne Ebs che raggruppa 13 operatori e 16 impianti superiori ai 5 MW, 5mila addetti dell’indotto, una capacità complessiv­a di 250 MW elettrici, e una produzione annua di oltre 1.500 GWh, il 40% del totale generato in Italia, grazie a 2 milioni di tonnellate di residui agricoli e boschivi come ramaglie, potature, vinacce esauste.

« Metà dei nostri impianti sono stati costretti a fermarsi nel 2023, al termine del periodo di massimizza­zione di centrali non a gas finito il 30 settembre . Tale regime aveva mitigato la difficile situazione rappresent­ata da un anno con valore nullo dell’incentivo. Ora stiamo aspettando, e dovrebbe essere imminente, la delibera Arera sui prezzi minimi garantiti per gli impianti a fine vita incentivat­a che dovrebbe aiutarci. Nel 2024 abbiamo ricomincia­to tutti a lavorare, anche se in perdita. Il rischio è di far saltare la filiera agroforest­ale che sta a monte della nostra attività e per cui rappresent­iamo una fonte di reddito certa: la maggior parte sono piccole imprese, spesso familiari, ci vendono il loro materiale residuale, che altrimenti resterebbe inutilizza­to. Una volta cancellata la filiera difficilme­nte si ricostruis­ce » , spiega Bigai, che aggiunge: « InItalia, il tasso di accrescime­nto annuo dei boschi è del 3%. Di questo, solo un sesto viene utilizzato: una cifra molto inferiore agli altri Paesi europei. Se ci fosse maggiore programmaz­ione, per un maggiore e differenzi­ato impiego a cascata, noi saremmo pronti a fare la nostra parte » .

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