Nell’offerta newyorkese l’esempio di sostenibilità dei giovani cuochi
L’associazione « Tempi di Recupero »
La sostenibilità nella ristorazione newyorkese passa dai giovani italiani. Preparati sia come chef sia come imprenditori, hanno le idee chiare in fatto di cucina, benessere del pianeta e business.
Il gruppo One More Hospitality – cui fanno capo le insegne Osteria 57, Alice, Travelers Poets& Friends e la gelateria Pamina, tutte nel cuore del West Village – guidato dal giovane chef Riccardo Orfino ( ex Aimo e Nadia e Eataly NY) ha scelto di non servire carne nei suoi ristoranti.
« Credo impossibile garantire una selezione sostenibile e senza allevamenti intensivi per alti numeri di coperti. È una scelta controcorrente per gli Usa, amanti della carne, ma il pubblico ci dà ragione » . Ogni giorno le verdure arrivano dal vicino mercato di Union Square. Mentre il pesce tramite una cooperativa di pesca sostenibile.
Niente sprechi nella preparazione dei piatti anche per la costola statunitense di Roscioli, la nota salumeria con cucina di Roma. Il ristorante, noto anche per la sua fornita cantina, ha deciso di adottare le spedizioni in barca a vela per il vino che arriva dall’Italia, con un risparmio energetico del 97% rispetto alla navigazione tradizionale.
Le parole chiave qualità, sostenibilità e rapporto tra terra e prodotto sono anche alla base della filosofia di Alessandro Trezza. Noto in Italia per il suo “gelato contadino” che valorizza le materie prime stagionali e locali, oggi è proprietario nel vivace quartiere di Brooklyn, di Have & Meyer, Terre Pasta and Natural Wine, e Spes, dove serve vini rigorosamente naturali e piatti della tradizione del recupero.
« Solo tre o quattro ingredienti nel piatto – spiega – ma sempre genuini e freschi, nel rispetto agricolo. La nostra wine list non parla di vino, ma dei produttori che ci stanno dietro » . Da 25 anni Trezza finanzia realtà e cooperative agricole per promuovere i prodotti del territorio che usa nei suoi piatti.
Dagli chef italiani strategie per evitare sprechi, contenere il consumo di carne e risparmiare energia
A legare queste realtà è l’associazione Tempi di Recupero « nata per promuovere una visione consapevole del mondo, contribuendo con le iniziative di ciascuno al raggiungimento dell’obiettivo socio- economico del cibo buono e sostenibile » narra il presidente e fondatore Carlo Catani, ex direttore dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo.
Ogni anno soci ( circa 200) operatori del settore enogastronomico e accademici si ritrovano per la Week e per il Festival, appuntamenti dove il recupero, la sostenibilità e il rispetto sono il comune denominatore.