Appalto illecito torna reato ma la sanzione è più contenuta
La misura del Dl 19/ 2024 risulta più bassa rispetto a quella precedente Con la prescrizione obbligatoria l’ammenda è ridotta a un quarto
Nonostante il Dl 19/ 2024 abbia per così dire “ri- penalizzato” il regime sanzionatorio in caso di appalto ( e di distacco) illecito, intervenendo sull’articolo 18 del Dlgs 276/ 2003, l’importo da pagare a carico dei trasgressori, in caso di regolarizzazione, potrebbe essere inferiore a quello previsto nel regime previgente.
Il paradosso si viene determinare nel momento in cui, in ipotesi di regolarizzazione ( che sottende, ovviamente, il riconoscimento della violazione), è possibile accedere a uno strumento deflattivo che, sul piano squisitamente economico, appare più conveniente rispetto a quello applicabile, nella medesima situazione, prima dell’entrata in vigore del decreto 19.
Nel regime previgente, infatti, nel caso di appalto non genuino, dopo la depenalizzazione dell’illecito introdotta dal Dlgs 8/ 2016 ( che ha degradato a livello di sanzione amministrativa - salvo alcune eccezioni - tutte le fattispecie la cui pena era prevista nella sola ammenda o nella sola multa), era prevista una ammenda ( divenuta quindi sanzione amministrativa), di 60 euro al giorno ( dopo l’incremento disposto dalla legge di Bilancio 2019 che aveva aumentato del 20% l’importo originario di 50 euro) per ogni lavoratore coinvolto e per ogni giornata di occupazione.
Nel caso, però, in cui i due trasgressori ( pseudo- appaltatore e committente/ utilizzatore), come già anticipato, avessero deciso di regolarizzare la posizione, ponendo fine alla condotta illecita ( non necessariamente in modo congiunto), sarebbe stato possibile accedere ( solamente, secondo l’Inl) al cosiddetto « pagamento in misura ridotta » , disciplinato nell’articolo 16 della legge 689/ 1981, con sanzione amministrativa rideterminata in misura pari a 1/ 3 dell’importo massimo ( o fisso), che nel caso specifico avrebbe ridotto la penalità a 20 euro al giorno, sempre per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione.
Oggi, invece, la sanzione, in base al nuovo comma 5- bis dell’articolo 18 del Dlgs 276/ 2003, è tornata a essere penale ed è classificabile quale « contravvenzione » con pena « alternativa » : arresto fino a un mese « o » ammenda di 60 euro ( sempre per ogni lavoratore e per ogni giorno di lavoro).
In tal caso, però, è parimenti possibile accedere a uno strumento deflattivo previsto in materia penale, sostanzialmente analogo al precedente e sempre alternativo al contenzioso, applicabile a una parte dei reati contravvenzionali, cioè a quelli in cui è prevista la pena o della sola ammenda ( se non depenalizzata) o della pena alternativa tra arresto e ammenda, come nel caso del novellato comma 5- bis.
Si tratta della cosiddetta prescrizione obbligatoria, introdotta nel nostro ordinamento attraverso il Dlgs 758/ 1994, che prevede la possibilità di estinguere l’illecito pagando una somma di denaro, in sede amministrativa, pari a 1/ 4 dell’ammenda.
Pertanto, facendo i conti, se nel previgente regime di depenalizzazione l’importo da pagare era pari a 20 euro al giorno ( 60 euro/ 3), per ogni lavoratore e per ogni giornata di occupazione, oggi, paradossalmente, si riduce a 15 euro ( 60 euro/ 4), tenendo altresì conto che il reo ha un diritto incondizionato a poter beneficiare della citata prescrizione obbligatoria se decide di sanare le irregolarità.
Viene inoltre confermato che l’importo della sanzione non può comunque essere inferiore a 5mila euro e superiore a 50mila, sicché anche in questo caso oggi si potrà dividere l’importo minimo e massimo per 4 anziché per 3.
Residua ancora un piccolo dubbio: il comma 3 dell’articolo 29 del decreto legge 19/ 2024 interviene anche sulla legge di Bilancio 2019, disponendo un aumento di talune sanzioni ( tra cui proprio quelle di cui all’articolo 18 del Dlgs 276/ 2003), nella misura del 30%, anziché del 20% e non si comprende se ciò possa determinare l’aumento immediato dell’ammenda di 60 euro a 65 euro ( 50 euro + 30%), nel qual caso il vantaggio rimarrebbe, ma si assottiglierebbe a 3,75 euro per ogni lavoratore e per ogni giornata di lavoro.
In conclusione, la invocata “ri- penalizzazione” dell’illecito in materia di appalto non genuino, cioè privo dei requisiti di cui all’articolo 29, comma 1, del Dlgs 276/ 2003 ( prescindendo dall’ipotesi di somministrazione fraudolenta), è sostanzialmente più conveniente, in caso di regolarizzazione con rinuncia al contenzioso, rispetto al regime precedente in cui lo stesso illecito era stato depenalizzato a opera del Dlgs 8/ 2016.