Rinnovabili, Sicilia terra di conquista Scatta l’allarme speculatori
Sono 1.100 le pratiche di autorizzazione: un terzo del totale nazionale. Massima allerta per evitare, come in passato, infiltrazioni mafiose
Èun labirinto, metaforico si intende, fatto di mappe, grafici, progetti, proiezioni, grafici. Ma soprattutto mappe, mappe catastali. Una montagna di carte per fortuna non stampate: minimo mille pagine, da scorrere, leggere, verificare, controllare. Prima di dare un via libera che vale, a volte, centinaia di milioni di euro. Se ne occupano in tre, funzionari dell’assessorato regionale all’Energia della Regione siciliana: è a loro che tocca esaminare le pratiche di autorizzazione dei progetti per gli impianti di energia rinnovabile. Che sono tanti, soprattutto per quanto riguarda il fotovoltaico. E parecchi ne continuano ad arrivare. « Ci troviamo a fronteggiare con armi impari una battaglia epocale » dice il direttore generale del dipartimento Calogero Burgio.
I fronti aperti sono parecchi: eolico a terra e off- shore, fotovoltaico, agrivoltaico. Solo per avere un’idea basta guardare il numero delle pratiche in itinere che è possibile vedere sul portale di Terna cui è necessario fare domanda per avviare l’iter che porterà poi all’autorizzazione degli impianti: sono in totale 1.110 ( un terzo del totale nazionale) per un totale di 79,07 Gw di potenza ( poco più del 24% del totale nazionale. L’isola ( superata solo dalla Puglia che ha in itinere 1.307 pratiche per un totale di 87,19 Gw) ha già in potenza progetti per quasi sette volte il limite previsto per la Sicilia dal nuovo burden sharing in corso di approvazione che è di 10,38 Gw di installato al 2030. Numeri enormi anche se, secondo stime degli addetti ai lavori, ne arriveranno al traguardo meno della metà. In dettaglio intanto 783 pratiche per un totale di 40,37 Gw riguardano il solare ( il 51,06% del totale), 293 pratiche per 15,30 Gw l’eolico on- shore, 34 pratiche per 23,40 Gw l’eolico offshore. L’installato, invece, al 31 dicembre 2023 è di 4,7 Gw, di cui 4,4 Gw tra eolico e fotovoltaico.
Dati che creano non pochi timori. In generale si teme l’assalto degli speculatori e le infiltrazioni della mafia, come del resto è già avvenuto in passato. Inchieste, arresti, sequestri e confische hanno dimostrato negli anni scorsi che il settore delle rinnovabili è stato campo di conquista per le cosche e in particolare della mafia trapanese guidata da Matteo Messina Denaro ( boss arrestato l’anno scorso e poi morto a settembre). E la geografia delle pratiche in itinere vede proprio la provincia di Trapani al primo posto con richieste di connessione a Terna per 25,59 Gw ( il 32% del totale regionale) di cui 6,98 Gw di fotovoltaico, 5,60 Gw di eolico on- shore e 13 Gw di eolico off- shore. Gli uffici della Regione siciliana, per quanto riguarda le pratiche arrivate alla loro attenzione, hanno verificato che oltre metà delle richieste di nuovi impianti viene presentata dai cosiddetti sviluppatori: si tratta spesso di srl con 10mila euro, di capitale di cui un quarto realmente versato, che presentano progetti che valgono parecchi milioni. « Il punto – spiegano dalla regione – è che spesso questi progetti tolgono spazio alle grandi società che hanno un bagaglio industriale concreto e serio. Anche se è pur vero che certi grandi gruppi preferiscono rivolgersi agli sviluppatori nella fase procedurale per palesarsi una volta che tutte le autorizzazioni sono state ottenute » . Ed è così che si è creato un mercato delle autorizzazioni: 300mila euro a Mw per un impianto. Se tutte le pratiche in itinere con Terna andassero a buon fine si tratterebbe di un mercato potenziale di 23,7 miliardi. Se consideriamo la potenza installata abbiamo invece un totale di 1,4 miliardi. Non è detto che si tratti solo di speculazione ma di fronte a queste cifre viene il sospetto che i meccanismi non siano per nulla, diciamo così, adamantini. Anche perché la Regione fa i controlli ambientali, procedurali sul piano amministrativo ma nulla può su altri versanti. « Noi – spiega un investigatore – interveniamo solo quando c’è l’apertura di una indagine sulla base di una notizia criminis » . Giusto anzi sbagliato perché un ulteriore controllo alla fonte aiuterebbe a bonificare un mercato così appetitoso per le organizzazioni criminali a tutte le latitudini.
La Regione, ovviamente, non è stata con le mani in mano. Un primo argine lo ha messo sul fronte dei terreni: in Sicilia ( e una sentenza della Consiglio di giustizia amministrativa, che è l’organo di appello per la Regione siciliana, dell’anno scorso lo ha confermato) è obbligatorio presentare il titolo giuridico dei terreni ( affitto, acquisto, comodato) regolarmente registrato alla conservatoria e ciò ha evitato ( come avviene in altre regioni del paese) che fossero presentati progetti su terreni di ignari agricoltori: l’esproprio per pubblica utilità può avvenire solo per le connessioni. Altro provvedimento è quello che riguarda la possibile voltura dell’autorizzazione: può avvenire solo a impianto costruito e non subito dopo aver ottenuto l’autorizzazione. Una procedura che crea qualche problema ma facilmente aggirabile: basta vendere, magari con un’operazione fatta all’estero, la società. Terzo argine: la richiesta di una adeguata referenza bancaria anche se sarebbe necessaria una due diligence bancaria alla società. « Il punto – spiegano ancora dalla Regione – è che non esiste una norma specifica e quindi dobbiamo agire in via amministrativa » . In ogni caso gli uffici regionali hanno dato un’accelerazione: la Commissione tecnica specialistica, presieduta da Gaetano Armao, l’anno scorso ha dato parere a 360 progetti alla voce energia. E gli uffici temono che si venga a creare un imbuto: « Se tutto è ok sul piano ambientale – spiega Burgio – noi dobbiamo procedere: esaminare la pratica e autorizzare anche se, ipotizziamo, è stato superato il limite del burden sharing. Lo dice la legge » .
Intanto nelle campagne si teme il diffondersi degli impianti fotovolaici che, dicono gli imprenditori, tolgono terreno all’agricoltura e imbruttiscono il paesaggio: per un impianto di 10 Mw servono 13 ettari di terreno. Sono stati autorizzati anche impianti di oltre 250 Mw. Fate voi i conti.
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Sono solo tre i funzionari della Regione che devono smaltire e verificare le migliaia di documenti depositati