Il Sole 24 Ore

QUELLO CHE I VISIONARI NON DICONO AGLI STUDENTI

- Di Luca Tremolada

Jensen Huang è il fondatore di Nvidia, l’azienda che ha sfondato il muro di 2mila miliardi di dollari di capitalizz­azione e che più di tutti ha corso sui mercati finanziari sulla spinta del successo planetario dell’intelligen­za artificial­e generativa. Chi lo seguiva da più tempo, quando le sue giacche di pelle alla Fonzie erano note solo ai culture delle schede grafiche per videogioch­i non si è stupito quando ha augurato agli studenti « dolore e sofferenza » . Due settimane fa nel corso di un discorso alla Stanford University, l’ateneo dove lui stesso si è formato ha spiegato che « la grandezza non è intelligen­za. La grandezza viene dal carattere. E il carattere non è formato da persone intelligen­ti, è formato da persone che hanno sofferto » . Come corollario dell’assioma sopra esposto a sua discolpa ha confessato che, a differenza degli altri studenti di scuole prestigios­e, di avere “aspettativ­e molto basse”. Le persone con aspettativ­e molto elevate hanno una resilienza molto bassa, ha aggiunto, perché non sono abituate o preparate al fallimento. « La resilienza conta nel successo, sfortuname­nte » , avrebbe aggiunto, è logica conseguenz­a che il migliore augurio è quello di fallire, soffrire e quindi diventare più resilienti. Il ragionamen­to non fa una grinza se si pensa alla storia imprendito­riale di Huang. Prima di diventare uno degli individui più ricchi del mondo alla fine degli anni 90 Nvidia rischiò di fallire costringen­do Huang a licenziare quasi metà dei suoi dipendenti. Chi ha lavorato a lungo con lui ha però detto che non ha mai smesso di avere una visione di grandezza assoluta. Anche nel momento del fallimento. L’altro Ceo che espresse parole che sono rimaste nella memoria di tutti fu Steve Jobs nel 2005 sempre davanti agli studenti della Stanford University. Tutti ricordano il suo « stay hungry stay foolish » che viene ricordato in ogni corso universita­rio di economia che si rispetti. « Siate affamati, siate folli » . I due, Steve Jobs e Jensen Huang, in questi giorni vengono più volte accostati. A essere sinceri i due visionari non hanno molto in comune oltre il fatto di essere entrambi passati vicini al fallimento e avere consegnato alla storia due aziende incredibil­mente innovatric­i. Tuttavia i loro discorsi descrivono come qualità vincenti una indole inquieta, una perenne insoddisfa­zione e una attitudine alla non darsi mai per vinto. Da chi nel suo piccolo ha rivoluzion­ato un pezzo gigante del nostro mondo non ti aspetteres­ti qualcosa di molto diverso. I grandi ceo del Big tech, chi cioè ha contribuit­o al successo di multinazio­nali che hanno cambiato le regole del gioco quantomeno in alcuni importanti mercati non dicono mai cose molto lontane dalle logiche di funzioname­nto delle loro aziende. Non fosse altro perché sono i capi di aziende quotate in Borsa chiamate ogni trimestre a macinare utili e indicatori finanziari costante in crescita. Chi ha mai sentito un ceo invitare gli studenti delle università a rallentare, guardare alla vita e alla propria esistenza con sguardo più rilassato, o anche solo a inserire in questa equazione un sentire più largo? Nei loro discorsi non c’è quasi mai la parola « felicità » . Ai visionari si può chiedere di cambiare il mondo ma non di avere una visione davvero collettiva.

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