La trappola dell’abbondanza, un ostacolo per l’evoluzione
Comportamento
Sottrarre, non aggiungere. Diminuire, non aumentare. Più che un auspicio, una necessità impellente per sopravvivere a questo tempo accelerato da stimoli di ogni sorta che rimbalzano su una pluralità di schermi perennemente accesi. Ma quanto è difficile liberarsi dal giogo sociale se ogni esperienza si misura in follower, cuoricini e pollici all’insù nel gran bazar dei social media. Ce lo racconta quasi con rassegnazione Michael Easter, professore al dipartimento di giornalismo dell’Università del Nevada Las Vegas e co- direttore del think tank accademico Public Communications Institute. « Ogni giorno una persona media trascorre da 11 a 13 ore interagendo con i media digitali. Tutto ciò riguarda i nostri telefoni, le televisioni, i computer e molto altro. Generiamo e consumiamo 90 volte più informazioni e dati rispetto a soltanto 15 anni fa. In passato la scarsità consentiva all’uomo di evolversi, inventare, esplorare. Oggi nell’età dell’abbondanza siamo in trappola » , afferma Easter, tra i più noti esperti mondiali di scienze comportamentali, autore del best seller uscito in Italia col titolo “Mai abbastanza” per Roi Edizioni. Si tratta di una riflessione lucida e quasi etnografica sui limiti dell’esistenza connessa e riempita all’inverosimile. È il nostro “talento per l’insaziabilità”: così lo ha descritto magistralmente la scrittrice canadese Margaret Atwood. Ma anche Abraham Maslow, uno dei pionieri della psicologia contemporanea, ci ha definito come animali perennemente desideranti. « Sembriamo credere che le nostre condizioni interne ed esterne saranno sempre perfette e che saremo in grado di riposare, una volta soddisfatto l’ennesimo desiderio. Ebbene, questa è una mera illusione. Perché appena appagato, il nostro cervello produce quello successivo. È come se fossimo sempre a un passo da dove desideriamo essere. In fondo per gli esseri umani meno equivale a male, peggiore, improduttivo. Invece più corrisponde a buono, migliore, produttivo. Il nostro cervello è focalizzato sulla scarsità perché le persone trascurano sistematicamente la sottrazione » , afferma Easter, che per comprendere a fondo i meccanismi che guidano scelte e comportamenti non si limita a studiarli da lontano con ricerche accademiche, ma va direttamente sul campo, mettendosi in gioco da scienziato. Così analizzando le nostre abitudini, Easter comprende come alcune siano reazioni alla percezione del concetto di scarsità, gratificanti nel breve termine e controproducenti nel lungo periodo. Così continuiamo
Nel suo libro Michael Easter analizza i meccanismi alla base dei consumi. E traccia una via di scarsità
a mangiare anche se siamo sazi, scorriamo incessantemente i social alla ricerca di una nuova notifica, schiacciamo il bottone di una slot machine perdendo la cognizione del tempo e dei soldi, accumuliamo oggetti di cui non abbiamo realmente bisogno, scandagliamo la rete alla ricerca di risposte continue. « Il sistema comportamentale è sì influenzato dal contesto, ma deriva da sistemi antichi e cicli ancestrali che si sono evoluti naturalmente con la specie umana permettendole la sopravvivenza. Un mondo in cui sopravvivere è facile grazie all’abbondanza, mentre diventa la trappola più pericolosa per il nostro cervello con effetti negativi a lungo termine » , dice Easter. Sul banco degli imputati i colossi tech, ma anche le nostre scelte di consumo. « Negli anni della diffusione di social e video in rete dovremmo mettere in campo strategie necessarie per una “scomodità a breve termine”. Insomma, nel tempo dell’intelligenza artificiale vogliamo tutto e subito e questo genera loop che creano frustrazioni e amplificano disagi » . Le trappole della scarsità sono ovunque, integrate nella progettazione di prodotti e servizi. « Oggi come ieri seguono lo stesso sistema in tre parti: opportunità, ricompense prevedibili, rapida ripetibilità. Un meccanismo per il quale scambiamo crescita e ricompense più grandi per piccole gratificazioni nel breve termine e che ci intrappola in una gabbia mentale e fisica. Ma possiamo uscirne da questo circolo vizioso attuando strategie di rimozione » , conclude Easter. Lo sosteneva già da fine ‘ 800 anche William James, padre della psicologia funzionale americana: in fondo la nostra vita è una raccolta continua di ciò a cui abbiamo prestato attenzione.