Mobilitazione di massa: il Cremlino chiama alla leva 150mila russi
Chiamata alle armi per 150mila russi: con un decreto firmato il 31 marzo, il presidente russo, Vladimir Putin, ha ordinato un’altra coscrizione di massa, nel periodo dal 1° aprile al 15 luglio. Saranno soggetti alla coscrizione gli individui di età compresa tra 18 e 30 anni. I militari di leva non possono essere per legge impiegati al di fuori della Russia e quindi non andranno a combattere in Ucraina. La Russia ha circa 1.320.000 militari in stato attivo e due milioni di soldati di riserva.
Mobilitazione e propaganda vanno di pari passo per il Cremlino, che continua a indicare nell’Ucraina e nell’Occidente i mandanti della strage di Mosca del 22 marzo, a dispetto dei crescenti elementi che rafforzano la pista Isis. Oltre agli Stati Uniti, secondo quanto riportato da Reuters ieri, anche l’Iran avrebbe avvertito la Russia della possibilità di una grande « operazione terroristica » sul suo territorio, prima del massacro della Crocus City Hall, nel quale sono morte almeno 144 persone.
Il Cremlino ha liquidato le segnalazioni di Washington come propaganda, ma è più difficile respingere alla stessa maniera l’intelligence dei sempre più stretti alleati iraniani, che a loro volta puntano proprio sulla branca afghana dell’Isis ( Isis- K). I servizi di Teheran avrebbero ottenuto le informazioni su un possibile attacco in Russia durante gli interrogatori delle persone arrestate dopo gli attentati dell’Isis in Iran del 3 gennaio, nella città di Kerman, dove sono state uccise quasi 100 persone. Le forze di sicurezza hanno catturato 35 uomini, per quella strage, tra cui un comandante di Isis- K. Sempre secondo quanto riferito da Reuters, i servizi iraniani avrebbero scoperto che gli attentatori di Mosca avrebbero ricevuto istruzioni da Isis- K di prepararsi per un’importante operazione in Russia. Interrogato sulle notizie diffuse dalla Reuters, il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha dichiarato di « non saperne nulla » .
Un’altra conferma della pista Isis è arrivata perfino dall’Fsb, il servizio di sicurezza russo, che ieri ha annunciato di aver smantellato una « cellula terroristica » nella provincia russa del Daghestan, nel Caucaso settentrionale. I suoi membri avrebbero fornito armi e denaro ai presunti attentatori di Mosca. Nell’operazione in Daghestan, sono stati arrestati quattro militanti, accusati di aver « partecipato al finanziamento dell’attacco terroristico e di aver fornito equipaggiamento » , ha dichiarato proprio l’Fsb in un comunicato. Uno dei sospetti ha addirittura confessato di aver portato di persona le armi agli attentatori di Mosca, quattro uomini di nazionalità tagika, catturati diverse ore dopo l’attacco, mentre si dirigevano in auto verso il confine con l’Ucraina o con la Bielorussia. All’indomani dell’attentato, il direttore dell’Fsb, Alexander Bortnikov, si era accodato alla ricostruzione suggerita dal Cremlino, affermando che dietro i radicali islamici c’è la mano di Ucraina, Stati Uniti e Regno Unito.
Gli elementi che stanno emergendo a sostegno della pista Isis non bastano a chi vuole un colpevole diverso. Ieri, il Comitato investigativo russo ha aperto una inchiesta sul ruolo dell’Ucraina, degli Stati Uniti e degli altri Paesi occidentali negli attentati terroristici nel Paese. L’inchiesta si basa su materiale ricevuto dai deputati della Duma. I deputati hanno inoltrato una richiesta di apertura di indagini alle procure di cinque Paesi, Russia, Germania, Cipro, Usa e Francia, oltre che al Comitato investigativo russo.
L’ATTENTATO
Anche l’Iran aveva avvisato Mosca di un possibile attacco terroristico
LE INDAGINI
Le autorità investigative aprono un’inchiesta sul ruolo di Kiev e degli alleati