LA GUERRA CHE SERVE A BIBI E NON AGLI USA
Le azioni parlano più forte delle parole. Soprattutto in guerra. Nonostante le rassicurazioni di non volere un conflitto aperto con Hezbollah e l’Iran, mese dopo mese il Governo israeliano, con un crescendo di operazioni militari in territorio libanese e siriano, sta costruendo i presupposti affinché questa grande guerra mediorientale che tutti paventano divenga inevitabile. Ben sapendo che, se dovesse scoppiare un conflitto di queste dimensioni, gli Stati Uniti, obtorto collo, ne verrebbero risucchiati per difendere Israele.
L’Iran e gli Hezbollah libanesi, la longa manus di Teheran sul Mediterraneo, hanno sempre fatto capire di non volere una guerra aperta. E lo hanno dimostrato con i fatti. Gli Hezbollah stanno portando avanti una guerra a bassa intensità, con azioni contenute contro il territorio israeliano a ridosso del confine. L’esercito israeliano ( Idf) sta effettuando i suoi raid sempre più lontano. Non è una questione di limitate capacità offensive. Gli Hezbollah dispongono di un grande arsenale di droni e missili balistici. Eppure, non hanno mai agito in profondità come invece Israele ha fatto in Libano ed in Siria, dove la scorsa settimana ha colpito con raid particolarmente intensi alcuni obiettivi ad Aleppo, uccidendo 46 soldati siriani e 6 membri di Hezbollah. L’aviazione dell’Idf non ha esitato a colpire anche la capitale Beirut. ll 24 marzo i suoi caccia hanno bombardato Baalbek, la roccaforte degli Hezbollah nella Valle della Bekaa, ben distante dalle postazioni a ridosso del confine con Israele. Dal sette di ottobre, l’Idf ha ucciso almeno
300 membri di Hezbollah, di organizzazioni palestinesi loro alleate e civili. Sono molti di più rispetto alle vittime israeliane causate dai tiri di mortaio e dai missili anticarro lanciati da Hezbollah. Altro elemento di preoccupazione è il graduale ampliamento degli obiettivi israeliani in modo da includere comandanti senior della forza Radwan di Hezbollah, dei Guardiani della Rivoluzione e di forze di Hamas presenti in Libano.
Finora Israele non ha colpito direttamene l’Iran. Equivarrebbe a una dichiarazione di guerra che Teheran non potrebbe eludere. Ma ha colpito diverse volte in Siria milizie filo- iraniane e militari di Teheran. La scorsa settimana l’aviazione si è spinta fino ad Aleppo, uccidendo 46 soldati siriani e 6 membri di Hezbollah.
Per contro l’Iran ha finora agito attraverso le diverse milizie sciite sparse nella regione, che addestra e finanzia. Domenica è stata sorpassata una linea rossa. Il raid aereo che ha distrutto un edificio del consolato iraniano a Damasco, in cui ha trovato la morte il generale Mohamad Reza Zahedi, è un’azione senza precedenti , l’escalation più pericolosa sul fronte settentrionale in sei mesi di guerra. Di tutti gli ormai numerosi obiettivi illustri eliminati da Israele, Zahedi era senz’altro il personaggio più influente. Per esperienza, e per ruolo svolto. Per quasi 30 anni è stata una figura di spicco dei Guardiani della rivoluzione iraniana in Siria e Libano. Correva voce che fosse lui il collegamento tra il potente leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, con cui aveva il privilegio di interagire direttamente, e gli Ayatollah.
L’Iran ha promesso vendetta. Secondo copione, sceglierà il tempo e il modo. È plausibile che ricorrerà a milizie nella regione per non esporsi direttamente. Ma sull’altra sponda dell’Atlantico, la Casa Bianca guarda con grande preoccupazione agli ultimi sviluppi in Medio Oriente. Quasi a voler prendere le distanze, ancora una volta, dalle iniziative militari del Governo israeliano, Washington ha precisato di non essere coinvolta nel raid su Damasco. A sette mesi dalle elezioni presidenziali, l’ultima cosa che desidera Joe Biden è una guerra “americana” nel cuore della campagna elettorale. Sarebbe una disfatta su tutti i fronti. Un jolly in mano al candidato repubblicano Donald Trump, che da tempo rivendica di essere il solo capace di risolvere il conflitto ucraino e quello a Gaza .
Biden teme che il premier israeliano Nenayahu sia disposto ad aprire altri fronti pur di garantirsi la sopravvivenza politica. I ministri oltranzisti del suo Governo sanno di avere dalla loro un’occasione ed un contesto forse irripetibili per regolare i conti una volta per tutte con Teheran e con gli Hezbollah.
C’è chi sostiene che il raid contro il consolato iraniano sia l’ultimo di una serie di avvertimenti rivolti a Teheran. Ma a questo punto ci si domanda che differenza ci sia tra una formale dichiarazione di guerra ed un raid, non rivendicato, contro obiettivi così importanti. Ci si chiede quale sarà il prossimo obiettivo. Alzare ancora la posta significherebbe scatenare una guerra.
In questi giorni sui media sta circolando una vecchia foto che ritrae cinque uomini. Sono figure di spicco di Hezbollah e dei Guardiani della rivoluzione. Quattro di loro sono stati eliminati. L’ultimo era Zahedi. Il solo rimasto in vita è Hassan Nasrallah.