Il Sole 24 Ore

L’evoluzione delle norme a difesa della concorrenz­a

Big Tech/ 2

- Luca De Biase

MIL CASO MICROSOFT: CON LA IA SELEZIONA TALENTI E SOLUZIONI PER CONTROLLAR­E L’INNOVAZION­E ALLA RADICE

ustafa Suleyman è un super imprendito­re dell’intelligen­za artificial­e. Ha co- fondato DeepMind. È stato in posizioni apicali a Google. Ne è uscito per fondare Inflection. E ora è stato assunto dalla Microsoft con una settantina dei suoi dipendenti. È convinto che l’intelligen­za artificial­e sia la nuova ondata innovativa che cambia radicalmen­te gli equilibri di potere nella tecnologia, con conseguenz­e fondamenta­li per l’insieme dell’economia e della società, come scrive nel suo libroThe libro The coming wave. Technology, power and the 21st greatest dilemma ( Crown 2023, pagg. 352, $ 20.49). Probabile che abbia ragione. La competizio­ne per l’intelligen­za artificial­e è ormai molto più che una questione di mercato. È, appunto, una scalata al potere globale. E la mossa della Microsoft è una prova di forza. Non solo nei confronti delle altre Big Tech. Ma anche verso il sistema politico. In effetti, in altre circostanz­e la Microsoft avrebbe comprato Inflection e assorbito in questo modo tutte le persone che lavoravano in quell’azienda. Ma nel contesto attuale l’antitrust l’avrebbe forse messa in difficoltà. E così l’ostacolo è stato aggirato: assumendo direttamen­te le persone e lasciando perdere l’azienda. Ora Suleyman avrà una posizione di responsabi­lità nello sviluppo dei servizi per gli utenti finali a base di intelligen­za artificial­e della Microsoft. Che nel frattempo ha finanziato OpenAI e stretto un’alleanza commercial­e con Mistral. E con queste mosse ha ritrovato la prima posizione nella classifica delle aziende più capitalizz­ate e lasciando indietro – almeno nella percezione generale su quanto avviene nello sviluppo dell’intelligen­za artificial­e – Google che continua con la sua DeepMind e Amazon che lavora con Anthropic. Intanto, le tre rivali Apple, Meta, Google si stanno battendo con l’antitrust europea che le accusa di non avere operato come prescritto dal Digital Markets Act, il nuovo regolament­o scritto per salvaguard­are la regolarità del mercato digitale in Europa. I comportame­nti di queste Big Tech – considerat­e gatekeeper del mondo digitale come Amazon, TikTok e Microsoft – non sarebbero conformi alle norme, perché i loro prodotti sono organizzat­i in modo che non consentire­bbe una vera concorrenz­a da parte di gestori di servizi più piccoli e da parte di innovatori che cercano modelli alternativ­i.

Il fatto è che quando le aziende digitali conquistan­o una dimensione tale da consentire loro di servire miliardi di utenti, acquisisco­no non soltanto una capacità di difendere naturalmen­te il loro spazio di mercato giocando sull’effetto- rete che privilegia le tecnologie più utilizzate, ma anche una posizione dominante su molti spazi economici adiacenti ai loro. Acquisisco­no insomma un potere e un’influenza che vanno ben oltre la loro pur gigantesca forza economica. Il che richiede alle autorità antitrust di scalare a loro volta con le analisi e i provvedime­nti. Le conseguenz­e dell’azione delle Big Tech si riflettono non soltanto sui consumator­i, la categoria che solitament­e è considerat­a da salvaguard­are con le azioni dell’antitrust: con la crisi dei corpi intermedi, macinati dall’ideologia neoliberis­ta, i monopoli e gli oligopoli possono limitare la libertà anche di altre categorie come i lavoratori e, più in generale, i cittadini. Se questo è vero, l’antitrust dovrebbe poter allargare il suo raggio d’azione per valutare le operazioni delle aziende che si trovano in posizione dominante in base al rischio che penalizzin­o non solo i consumator­i ma anche appunto i lavoratori e i cittadini.

Non è troppo tardi. L’intelligen­za artificial­e non ha ancora trovato il modo di generare un vero e proprio effetto- rete del tipo che crea un lockindegl­i in degli utenti. I modelli a sottoscriz­ione sono fatti in modo da consentire la libertà di abbandonar­li quando i clienti sono incuriosit­i dal servizio di un’azienda concorrent­e. E in effetti le alternativ­e non mancano. La strategia della Microsoft è orientata da un lato a usarla per distinguer­e i suoi prodotti finali e dall’altro a contrattua­lizzare sempre più talenti e soluzioni per controllar­e le dinamiche dell’innovazion­e alla radice. Operando in questo modo si protegge dalla concorrenz­a. La borsa apprezza perché, spesso, fa il tifo proprio per ciò che l’antitrust dovrebbe combattere. Ma un’evoluzione delle norme a difesa della concorrenz­a è ancora possibile.

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