Conti esteri, illecito da provare anno per anno
La Cgt lombarda di secondo grado stoppa le Entrate sulla presunzione di fatto ignoto da fatto noto
La disponibilità da parte del contribuente di somme all’estero in annualità successive rispetto a quella in contestazione non può liberare l’amministrazione finanziaria dalla prova del fatto noto ( per l’appunto, la detenzione di disponibilità finanziarie all’estero), circostanza che avrebbe legittimato la presunzione legale di violazione degli obblighi dichiarativi ai fini del monitoraggio fiscale. lo ha deciso la Cgt di secondo grado della Lombardia ( sentenza n. 657/ 2024)
In attività di cooperazione internazionale, l’agenzia delle Entrate veniva a conoscenza della titolarità da parte di un contribuente italiano di due rapporti bancari presso un intermediario elvetico ( saldo contabile al febbraio 2015), sicché lo invitava a dare informazioni e documenti su origine delle somme, motivo della loro omessa indicazione nel quadro RW e composizione e valorizzazione di tali attività estere negli anni per i quali era stata violata la disciplina sul monitoraggio fiscale ( Dl 167/ 1990).
Il contribuente non dava riscontro e l’ufficio emetteva un atto di contestazione per violazione degli obblighi dichiarativi. Il contribuente si opponeva ed eccepiva che l’ufficio non avesse provato nell’anno d’imposta in contestazione ( 2011) la sua detenzione di attività finanziare all’estero. I giudici di primo grado accoglievano il ricorso mettendo in evidenza che l’ufficio si era “appoggiato” al fatto noto relativo ad un’altra annualità d’imposta - il saldo contabile al febbraio 2015 - per rideterminare il reddito dichiarato nel periodo di imposta 2011; in sostanza, ritenevano che le Entrate avessero fatto mal governo delle disposizioni in tema di presunzioni legali ( articolo 12, comma 2, Dl 78/ 2009) che consentono di addivenire, per legge, alla prova di un fatto ignoto basandosi su un fatto noto, salva prova contraria sul fatto ignoto. Secondo l’ufficio, la presunzione legale doveva considerarsi pienamente legittima e operante, in quanto il ricorrente non aveva mai contestato né negato la circostanza che le relazioni bancarie presso l’intermediario elvetico fossero a lui riferibili, ciò comportando l’applicazione del principio di non contestazione ( articolo 115, Codice di procedura civile).
La Cgt di secondo grado ha confermato l’esito favorevole al contribuente evidenziando, con carattere dirimente, che, quantunque risultasse incontestata la detenzione di disponibilità finanziaria in Svizzera nel 2015, l’ufficio non aveva provato che tale detenzione risalisse anche al 2011, primo anno accertabile in base al Dl 78/ 2009, articolo 12, commi 2bis e 2- ter. Solo dopo aver adempiuto a tale onere probatorio l’ufficio avrebbe potuto applicare la citata presunzione legale relativa, con conseguente irrogazione delle sanzioni.
I giudici hanno, altresì, osservato che la disponibilità di somme all’estero nel 2011 non era stata provata dall’Agenzia nemmeno con presunzioni semplici: nell’avviso di accertamento mancava qualsiasi dato o notizia sull’anno di imposta 2011. In definitiva, la Corte ha ritenuto che l’ufficio, riguardo al 2011, non poteva ritenersi libero dalla prova del fatto noto, che avrebbe legittimato l’operatività della presunzione legale relativa alla natura reddituale delle somme, in forza della asserita prova di detenzione di somme ( fatto noto) in un diverso anno di imposta ( il 2015).