Pnrr, mille giorni al traguardo: 121mila opere in corsa, nodo tempi
Programma a metà strada, 126mila soggetti attuatori al lavoro, 69.867 gare avviate Sforata la prima scadenza del decreto- quater: verso il rinvio il check up del Piano complementare
Il Pnrr italiano arriva oggi a metà del guado. Mancano esattamente mille giorni alla scadenza del 30 giugno 2026, data ufficiale di chiusura dei lavori, al netto di proroghe di cui in Italia sottotraccia si discute molto nella consapevolezza, però, che il dibattito è prematuro e che eventuali decisioni in merito toccheranno alla nuova Commissione europea.
Altri 995 giorni sono invece passati dalla « decisione di esecuzione » con cui il Consiglio Ue ha approvato il Piano presentato da Roma. I motori viaggiano a pieni giri, come mostrano alcuni dei numeri messi in fila per Il Sole 24 Ore dall’Osservatorio Recovery Plan dell’Università di Tor Vergata. In corso di realizzazione ci sono 121mila progetti, su cui lavorano 126mila soggetti attuatori affiancati da 11.581 soggetti subattuatori. Ma il panorama continua ad arricchirsi, perché a oggi ci sono 69.867 procedure di gara avviate. Dal contatore della spesa, l’ultimo dato ufficiale emerso si riferiva al 31 dicembre scorso e si attestava a 42,9 miliardi. Il dato, però, dovrebbe accelerare in fretta, anche per effetto delle nuove norme del decreto Pnrr quater che rendono più stringenti gli obblighi di aggiornare sulla piattaforma telematica ReGis lo stato di avanzamento degli interventi, pena la segnalazione in una sorta di “black list” e il rischio di subire i poteri sostitutivi. L’ultimo ostacolo da superare pare quello della piena integrazione con i dati relativi alle opere del ministero dell’Istruzione che fin qui avevano viaggiato su un canale digitale autonomo.
Anche i simboli del calendario convergono, dunque, nell’indicare il 2024 come l’anno decisivo per il destino del Pnrr. Già la prossima relazione seme
‘ Prosegue il braccio di ferro Fitto- Giorgetti sui fondi da ricavare dal gemello italiano del Piano di ripresa
strale attesa subito dopo l’estate sarà eloquente nel segnalare le potenzialità di successo o le eventuali prospettive di fallimento dell’intero Piano. Il quadro rimane complesso, mentre il Governo è impegnato nell’ennesimo lungo negoziato sull’assessment relativo agli obiettivi della seconda metà del 2023, da cui dipende il disco verde al pagamento dei 10,6 miliardi di euro della quinta rata, chiesta dall’Italia il 29 dicembre scorso.
Fin qui le tappe formali del cronoprogramma sono tutte state rispettate. La partita più difficile comincia adesso, anche per dare gambe alla rimodulazione approvata dalla Commissione Ue a novembre e di fatto recepita e disciplinata dal decreto 19/ 2024 ora all’esame della Camera. Tra i nodi più intricati continua a esserci quello dei finanziamenti alternativi per le opere stralciate dal Pnrr, e in particolare il braccio di ferro tra il ministro Raffaele Fitto e il titolare dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. Oggetto del contendere è ancora una volta la possibilità di ricavare nuove risorse dal Piano nazionale complementare, il gemello domestico del Pnrr, che nell’ottica di Palazzo Chigi dovrebbe rinunciare a una serie di interventi per ridurre il ricorso ai fondi di coesione. Entro il 31 marzo, stando all’ambiziosa tabella di marcia messa nero su bianco nel decreto, il Cipess avrebbe dovuto esaminare la prima delle relazioni semestrali chiamate a individuare i filoni del Pnc oggetto di possibile definanziamento. Ma l’appuntamento è saltato e nulla lascia pensare pensareche che sarà recuperato a breve.
I tecnici del Governo, a quanto risulta al Sole 24 Ore, sono anzi al lavoro su una serie di correttivi a questa parte, che è la più delicata politicamente, dell’articolo 1 del Dl in cui è disegnata l’architettura dei nuovi finanziamenti. Le decisioni si prenderanno a partire dalla prossima settimana, quando in commissione Bilancio alla Camera si cominceranno a votare gli emendamenti al decreto. Lì si tornerà a discutere anche delle rimodulazioni nel Pnc ai fondi per la sanità, al centro di diversi correttivi proposti tanto dalla maggioranza quanto dalle opposizioni.
Partiranno sempre la settimana prossima anche i lavori sui piani di rientro per le Pa ancora in ritardo nel rispetto dei tempi di pagamento: un’altra scadenza fissata dal decreto al 31 marzo, ma in questo caso sforata solo di pochi giorni. La prima riunione del tavolo tecnico con gli enti locali è in agenda giovedì 11 aprile e dovrà esaminare le contromisure proposte da 25 amministrazioni.