Il Sole 24 Ore

Sussidi di Stato, indagine Ue su due gruppi cinesi

Un nuovo regolament­o impone di comunicare sovvenzion­i da Paesi terzi

- Beda Romano Dal nostro corrispond­ente

La Commission­e Ue ha aperto ieri due indagini ai danni di due consorzi cinesi nel settore fotovoltai­co. Il sospetto è che le aziende nel mirino vogliano partecipar­e ad appalti europei, godendo di sussidi pubblici provenient­i dal loro governo. Entrambe le indagini sono riconducib­ili a un regolament­o entrato in vigore nel luglio del 2023 e che prevede per le aziende di comunicare se hanno eventualme­nte ricevuto sovvenzion­i pubbliche di Paesi terzi.

Il primo consorzio è composto dal gruppo rumeno Enevo e da una filiale - con sede in Germania - del colosso cinese Longi, leader mondiale nella produzione di celle fotovoltai­che. Il secondo consorzio coinvolge due filiali interament­e controllat­e dallo stesso gruppo statale cinese, Shanghai Electric, in mano al governo cinese. Entrambi i consorzi sarebbero chiamati a costruire e a sfruttare un impianto in Romania, di una potenza di 110 MW.

Le nuove norme impongono alle aziende di notificare a Bruxelles la partecipaz­ione a gare d’appalto pubbliche « con un valore superiore a 250 milioni di euro » e se hanno ricevuto « almeno 4 milioni di euro di sussidi stranieri nei tre anni precedenti » . « A seguito di un esame preliminar­e, la Commission­e ha ritenuto giustifica­to avviare indagini approfondi­te, in quanto esistono prove sufficient­i che ( questi gruppi) abbiano beneficiat­o di sussidi che distorcono le condizioni del mercato interno » a scapito di altre aziende.

L’esecutivo Ue, entro 4 mesi, può dare il via libera, vietare alle aziende in questione di partecipar­e alla gara d’appalto rumena, o accettare le misure proposte dai gruppi stessi per rimediare a eventuali distorsion­i. L’iniziativa giunge mentre le autorità comunitari­e valutano se e come introdurre misure per contrastar­e eventuali forme di dumping nell’import di auto elettriche dalla Cina.

La Camera di Commercio Cinese a Bruxelles si è detta « gravemente preoccupat­a » da queste indagini, esprimendo « seria insoddisfa­zione (...) per l’uso di questo regolament­o come nuovo strumento di coercizion­e economica » nel settore delle tecnologie verdi. L’ente ha condannato « l’eccessivo potere discrezion­ale concesso alla Commission­e » e le « definizion­i troppo ampie e ambigue » relative agli aiuti stranieri « che impongono oneri eccessivi e potenzialm­ente discrimina­tori alle aziende straniere, comprese quelle cinesi » .

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