Il Sole 24 Ore

« Stevanato Group, con l’aumento di capitale più risorse per il piano »

L’intervista. Franco Stevanato. Il presidente: « La ricapitali­zzazione completa il percorso dell’Ipo: raccolto 1 miliardo di dollari in tre anni, ora abbiamo aumentato il flottante. A New York spazio per una Pmi globale come noi »

- Matteo Meneghello

Il mercato americano non tradisce Stevanato: sommando i 380 milioni di dollari ottenuti nell’ambito dell’operazione patrimonia­le di pochi giorni fa ( parte in vendita, parte in nuova sottoscriz­ione) ai circa 700 milioni dell’ipo nell’estate del 2021, il gruppo padovano porta a oltre un miliardo di dollari le risorse raccolte a Wall Street in poco meno di tre anni. Un segnale di fiducia per il progetto globale dell’azienda, che in questi mesi ha avviato un investimen­to in capacità produttiva ad alto valore aggiunto sul mercato europeo ( con lo stabilimen­to di Latina, in Italia), su quello americano ( con il plant di Fishers in Indiana) e che entro il 2025, annuncia il presidente Franco Stevanato, dovrebbe estendersi anche alla Cina. « L’ultimo aumento di capitale – spiega – è in un certo senso la continuazi­one della nostra ipo, un’operazione che rende più rotondo quel progetto, sia per il nostro business che per il rapporto con Wall Street stessa. Questa raccolta ci mette in sicurezza per andare avanti con il nostro piano di investimen­ti almeno fino al 2027. Siamo in accelerazi­one e ora possiamo affrontare tutti gli obiettivi del piano di sviluppo con la massima serenità » .

Il miliardo di dollari raccolto fin qui da Stevanato è un segnale importante nel tribolato rapporto tra mercato dei capitali e Pmi. A quasi tre anni dalla decisione di quotarsi e a valle di quest’ultima operazione sul capitale, qual è il suo giudizio sul percorso del gruppo?

Per raggiunger­e risultati concreti bisogna possedere una storia vera alle spalle, ed essere in grado di raccontarl­a correttame­nte. Noi lo abbiamo fatto, e abbiamo dimostrato nei fatti che una piazza come New York ha spazio per tutti, anche per una Pmi globale come Stevanato. La domanda per la nostra operazione, per esempio, si è rivelata subito molto forte, abbiamo dovuto anche alzare il taglio dell’offerta rispetto ai 330 milioni di dollari inizialmen­te previsti.

In questo frangente, però, ha sfruttato anche la recente onda lunga dei record di Wall Street.

In realtà la scelta è stata un po’ casuale, anche se è vero che dopo avere votato la delega all’aumento di capitale in assemblea lo scorso mese di ottobre, ci siamo mossi velocement­e. In una prima fase abbiamo voluto testare la temperatur­a con una cinquantin­a di investitor­i selezionat­i, e abbiamo avuto un ottimo riscontro, che ci ha confortato sulla correttezz­a del percorso. Centrare la finestra e la tempistica comunque non è mai facile: avremmo potuto muoverci anche dopo Pasqua, ma abbiamo approfitta­to del fatto che con il management eravamo tutti fisicament­e a New York e questo ci ha permesso di lavorare a stretto contatto con gli advisor. Direi che è andata molto bene.

Quali sono ora le principali conseguenz­e di questa operazione di rafforzame­nto patrimonia­le?

Questo aumento di capitale completa la nostra ipo. Avevamo in un certo senso un tallone d’Achille, rappresent­ato dal 12% di flottante, che limitava l’azione di alcuni investitor­i di grosse dimensioni. Ora invece abbiamo risolto anche questa criticità: il controllo è sceso all’ 84%, di cui il 74% nella holding e il 10% detenuto dalla capogruppo, e il flottante è salito al 16 per cento. Sono fiducioso nel fatto che l’azionariat­o tenderà a stabilizza­rsi confermand­o la presenza di fondi istituzion­ali high growth long only, soggetti disposti a rimanere nel capitale anche in un orizzonte temporale di cinque- otto anni. Non siamo materia di investimen­to per gli hedge fund, ma per chi crede nel nostro progetto di sviluppo.

La messa a terra della mole di investimen­ti sta impattando sull’operativit­à dell’azienda: quali sono le previsioni per l’anno in corso?

Lo stabilimen­to Latina ha iniziato solo da poco la produzione, mentre Fishers arriverà a generare cassa solo tra il 2024 e il 2025; come già comunicato nella guidance, nonostante una buona crescita di fatturato e un Ebitda in linea con il 2023, quest’anno il capex sarà del 25- 28% rispetto alle vendite. Ma già nel 2025 puntiamo a vedere i primi risultati, per poi decollare nel 2026 con gli stabilimen­ti che viaggerann­o a pieno potenziale. Già nel 2023 siamo riusciti a portare l’incidenza dei prodotti ad alta marginalit­à sul totale dei ricavi al 34%: prevediamo che questa incidenza passi al 35- 37% nel 2024 per poi via via raggiunger­e il 45% nel 2027, a fine piano, con la messa a terra definitiva di tutti gli investimen­ti.

Perché queste nuove risorse? Una nuova raccolta non era vitale, ma non è nello stile di Stevanato permettere che la posizione finanziari­a netta condizioni eccessivam­ente l’operativit­à, a maggior ragione in una fase come questa, in cui siamo impegnati in un poderoso piano di investimen­ti che, nel caso degli Usa, è lievitato da 150 milioni iniziali a circa 500 milioni. Alcune delle risorse saranno infine destinate anche a costruire, green field, uno stabilimen­to high value in Cina. Si tratta di un progetto non ancora approvato dal consiglio di amministra­zione, ma che indicativa­mente immagino possa essere messo a terra tra fine 2025 e inizio 2026.

‘ « Non siamo materia d’investimen­to per gli hedge fund, ma per chi crede nel nostro

progetto di sviluppo »

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Stevanato ha raccolto 1 miliardo in tre anni fra Ipo e aumento di capitale
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Presidente di Stevanato Group
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