Sanità, pensioni, Irpef e cuneo: i nodi irrisolti del Def
Nel Documento niente indicazioni sui 25 miliardi necessari alla manovra 2025
L’allarme che si è riacceso sui fondi necessari al servizio sanitario nazionale è solo l’ultima, in senso cronologico, delle incognite che pendono sulle prospettive della finanza pubblica; in un orizzonte che comprende anche lo sforzo indispensabile per la replica del cuneo fiscale alleggerito, dell’Irpef a tre aliquote e delle altre misure al momento in vigore solo per quest’anno. Incognite che non saranno risolte dal Def in arrivo martedì prossimo sul tavolo del consiglio dei ministri.
In gestazione fra le onde del Superbonus e i nodi lasciati aperti dal ritorno delle Patto di stabilità Ue, destinate a essere sigillate dalla definitiva approvazione formale solo a metà maggio, il nuovo Documento di economia e finanza sarà « asciutto » e « leggero » , come spiegato mercoledì alla Camera dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. In pratica, l’intenzione è quella di approvare un Documento snello, con un quadro programmatico sostanzialmente aderente al tendenziale a politiche invariate, per lasciare la definizione dei pilastri della prossima manovra a una fase successiva, quando il quadro comunitario sarà chiarito dal testo finale del Patto e dall’esito delle elezioni dell’ 8 e 9 giugno.
Bastano pochi calcoli, del resto, per capire che l’impresa è parecchio ostica per un Def nel quale l’obiettivo di offrire rassicurazioni sul deficit, e soprattutto di non mostrare un rialzo netto del debito/ Pil, è appeso ai decimali. Accanto a una stima di crescita dell’ 1% per quest’anno e dell’ 1,2% per il prossimo, dunque in entambi i casi sotto di soli due decimali alle indicazioni della NaDef di settembre, dovrebbe essere tracciato un sentiero del debito in forte discesa, al 4,3- 4,4% nel 2024 e molto sotto il 4% nel 2025. Tanto non basta però a proseguire il calo del debito/ Pil, chiamato a sopportare il peso crescente delle ricadute da Superbonus: alla mezzanotte di ieri si è chiuso il termine per comunicare all’agenzia delle Entrate sconti in fattura e cessioni dei crediti sulle spese sostenute lo scorso anno, e complice l’incrocio non facile fra le agende fittissime di questi giorni è stato spostato a questa mattina il vertice al Mef che potrebbe chiudere i conti all’interno di un range che le stime della vigilia fanno spaziare dal 138% circa fino al 140% delle ipotesi più pessimistiche.
Tutto questo, appunto, senza la manovra 2025 che deve ancora trovare gli spazi in cui muoversi. Solo per mantenere la spesa sanitaria al 6,7% del Pil, quindi comunque lontanissima dalle medie europee riassunte dall’ultimo Rapporto al Parlamento della Corte dei conti ( Sole 24 Ore di martedì), servirebbero 9- 10 miliardi. Altri 14 abbondanti sono necessari alla conferma nel 2025 dei tagli al cuneo e all’Irpef, mentre sulle pensioni l’angustia del bilancio pubblico prospetta l’ennesimo rinvio per una riforma complessiva. Solo così, spese obbligatorie comprese, il conto supera i 25 miliardi: da trovare probabilmente in più tappe, a partire da una prima correzione dei conti dopo le Europee.