Il Sole 24 Ore

« Nei nuovi imballaggi irraggiung­ibile la quota da prodotto riciclato »

- Sa. D.

alcuni obiettivi di contenuto minimo di materiale riciclato nei nuovi packaging, a partire dal 1° gennaio 2030, « calcolato come media per stabilimen­to e anno » : 30% per sensitive packaging in Pet, 10% per sensitive packaging in materiali diversi dal Pet, 30% per le bottiglie in plastica monouso, 35% per tutti gli altri imballaggi. Dal 2040 poi questi target verranno aumentati. Sono obiettivi raggiungib­ili?

Antonello Ciotti, presidente di Petcore Europe ( l’organizzaz­ione che rappresent­a l’industria del Pet in Europa), prova a rispondere ricordando che già la Sup ( la direttiva sulla plastica monouso) richiede che entro il 2025 le bottiglie in Pet abbiano il 25% di contenuto minimo riciclato sul loro peso. Sulla fattibilit­à dei nuovi obiettivi,

Ciotti mette in fila un po’ di cifre: « Non ci saranno ostacoli per gli imballaggi in Pet: in Europa dei 4 milioni di tonnellate immessi sul mercato, già adesso oltre 2 milioni vengono raccolti e riciclati. Nel 2023 in Italia eravamo al 75% di raccolta e arriveremo facilmente al 77%, che è l’obiettivo richiesto dalla Sup. Non ci saranno problemi per il contenuto minimo riciclato » . Le difficoltà sorgono invece per gli imballaggi in materiali plastici diversi dal Pet, in particolar­e le poliolefin­e di cui sono fatte pellicole e confezioni: « A livello europeo stiamo parlando di un mercato da 9 milioni di tonnellate. Richiedere un contenuto minimo riciclato del 10% significa dover avere a disposizio­ne 900mila tonnellate di riciclato. Che ad oggi non c’è » , spiega Ciotti. « Uno dei problemi per utilizzare materiale riciclato nel sensitive packaging, che prevede contatto alimentare, è la necessità che il prodotto iniziale abbia contenuto prodotti alimentari. Mentre nel Pet è facile, tanto che si può usare il riciclo meccanico, nelle poliolefin­e è difficile: il film può avere contenuto di tutto. La soluzione è quindi il riciclo chimico » .

La tecnologia che scompone la plastica fino a livello molecolare, producendo olio di pirolisi e gas, è tuttavia ancora in fase di sviluppo industrial­e embrionale, con impianti pilota o in costruzion­e, anche in Italia, da qualche migliaio di tonnellate: « Nel nostro Paese il mercato delle poliolefin­e nell’imballaggi­o è intorno a 1 milione di tonnellate, avremmo bisogno di 100mila tonnellate da riciclo chimico » , indica Ciotti che ricorda come bisognerà aspettare almeno 3- 4 anni perché questa tecnologia maturi. Nel frattempo c’è il problema del materiale riciclato importato, che dovrebbe sopperire a quello europeo mancante e che risulta più appetibile dal punto di vista dei costi. « La raccolta e il riciclo dei materiali in Europa costa 10 volte di più rispetto a quella in India o Cina. I riciclator­i europei non possono competere. Il Ppwr indica clausole restrittiv­e sulla qualità del riciclato importato, ma per i materiali extra- Ue tante volte questo è impossibil­e da verificare » , conclude Ciotti.

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