I contributi non dedotti e poi restituiti
Disapplicabile la tassazione separata sulla quota del lavoratore
Con l’interpello 86/ 2024 l’agenzia delle Entrate chiarisce i profili di tassazione dei rimborsi corrisposti da una Cassa per liberi professionisti a un lavoratore autonomo relativi a periodi di doppia contribuzione a due diversi enti previdenziali, poi ricongiunti in unico ente.
In particolare, il quesito è stato posto da un dottore commercialista che, per alcuni anni è stato iscritto contemporaneamente sia al fondo dei lavoratori dipendenti di Inps sia alla Cassa nazionale di previdenza e assistenza dei dottori commercialisti e che ha operato una ricongiunzione contributiva nella Cassa in base alla legge 45/ 1990. In applicazione di tale norma, nel 2023 la Cassa ha restituito al professionista un importo pari ai contributi relativi al periodo in cui è stato iscritto sia all’Inps che alla Cassa ( pari alla somma dei contributi a carico del datore di lavoro e trattenuti al lavoratore), non utili al ricongiungimento dei periodi di contribuzione, comprensivo degli interessi calcolati al tasso del 4,50% annuo. I contributi a suo carico da dipendente durante gli anni di lavoro subordinato e oggetto di ricongiunzione erano stati dedotti dal datore di lavoro, abbattendo l’imponibile fiscale annuo corrispondente. Il commercialista ha chiesto indicazioni da un lato sul criterio di tassazione dei contributi restituiti già dedotti in precedenza, dall’altro sulla possibilità di non tassare la quota di contributi non dedotta, in quanto a carico del datore di lavoro.
I contributi, dedotti in precedenti anni d’imposta e poi restituiti, per espressa previsione dell’articolo 17, comma 1, lettera n- bis del Tuir, dovrebbero essere soggetti a tassazione separata per arretrati. Il commercialista, tuttavia, dal momento che si avvaleva della flat tax incrementale con aliquota sostitutiva del 15% su una base imponibile non superiore a 40.000 euro, con l’interpello ha richiesto di optare per la rinuncia alla tassazione separata per arretrati; in questo modo tali somme, confluirebbero nel reddito complessivo e pertanto non rileverebbero ai fini del limite reddituale per la flat tax incrementale su una base imponibile di massimo 40.000 euro ( pari alla differenza tra il reddito d’impresa e di lavoro autonomo nel 2023 e il reddito d’impresa e di lavoro autonomo d’importo più elevato dichiarato negli tre anni compresi dal 2020 al 2022). Tale opzione di rinuncia è stata confermata dall’agenzia.
Il secondo quesito insiste invece sul regime di tassazione della differenza tra i contributi restituiti maggiorati degli interessi e quelli che non hanno concorso al reddito di lavoro dipendente, cioè la quota del datore di lavoro, oggetto del primo quesito ( tassati o con tassazione separata per arretrati o con tassazione ordinaria in seguito ad apposita opzione in sede di dichiarazione reddituale). L’Agenzia ha ritenuto tale quota contributiva non tassabile: infatti, le somme corrispondenti a contributi non dedotti nel singolo anno di lavoro subordinato e restituite al commercialista nel 2023 non rientrano tra quelle da assoggettare a tassazione separata in base all’articolo 17 del Tuir, né appaiono riconducibili ad alcuna delle sei categorie reddituali dell’articolo 6 del testo unico.