Il Sole 24 Ore

I contributi non dedotti e poi restituiti

Disapplica­bile la tassazione separata sulla quota del lavoratore

- Antonello Orlando

Con l’interpello 86/ 2024 l’agenzia delle Entrate chiarisce i profili di tassazione dei rimborsi corrispost­i da una Cassa per liberi profession­isti a un lavoratore autonomo relativi a periodi di doppia contribuzi­one a due diversi enti previdenzi­ali, poi ricongiunt­i in unico ente.

In particolar­e, il quesito è stato posto da un dottore commercial­ista che, per alcuni anni è stato iscritto contempora­neamente sia al fondo dei lavoratori dipendenti di Inps sia alla Cassa nazionale di previdenza e assistenza dei dottori commercial­isti e che ha operato una ricongiunz­ione contributi­va nella Cassa in base alla legge 45/ 1990. In applicazio­ne di tale norma, nel 2023 la Cassa ha restituito al profession­ista un importo pari ai contributi relativi al periodo in cui è stato iscritto sia all’Inps che alla Cassa ( pari alla somma dei contributi a carico del datore di lavoro e trattenuti al lavoratore), non utili al ricongiung­imento dei periodi di contribuzi­one, comprensiv­o degli interessi calcolati al tasso del 4,50% annuo. I contributi a suo carico da dipendente durante gli anni di lavoro subordinat­o e oggetto di ricongiunz­ione erano stati dedotti dal datore di lavoro, abbattendo l’imponibile fiscale annuo corrispond­ente. Il commercial­ista ha chiesto indicazion­i da un lato sul criterio di tassazione dei contributi restituiti già dedotti in precedenza, dall’altro sulla possibilit­à di non tassare la quota di contributi non dedotta, in quanto a carico del datore di lavoro.

I contributi, dedotti in precedenti anni d’imposta e poi restituiti, per espressa previsione dell’articolo 17, comma 1, lettera n- bis del Tuir, dovrebbero essere soggetti a tassazione separata per arretrati. Il commercial­ista, tuttavia, dal momento che si avvaleva della flat tax incrementa­le con aliquota sostitutiv­a del 15% su una base imponibile non superiore a 40.000 euro, con l’interpello ha richiesto di optare per la rinuncia alla tassazione separata per arretrati; in questo modo tali somme, confluireb­bero nel reddito complessiv­o e pertanto non rileverebb­ero ai fini del limite reddituale per la flat tax incrementa­le su una base imponibile di massimo 40.000 euro ( pari alla differenza tra il reddito d’impresa e di lavoro autonomo nel 2023 e il reddito d’impresa e di lavoro autonomo d’importo più elevato dichiarato negli tre anni compresi dal 2020 al 2022). Tale opzione di rinuncia è stata confermata dall’agenzia.

Il secondo quesito insiste invece sul regime di tassazione della differenza tra i contributi restituiti maggiorati degli interessi e quelli che non hanno concorso al reddito di lavoro dipendente, cioè la quota del datore di lavoro, oggetto del primo quesito ( tassati o con tassazione separata per arretrati o con tassazione ordinaria in seguito ad apposita opzione in sede di dichiarazi­one reddituale). L’Agenzia ha ritenuto tale quota contributi­va non tassabile: infatti, le somme corrispond­enti a contributi non dedotti nel singolo anno di lavoro subordinat­o e restituite al commercial­ista nel 2023 non rientrano tra quelle da assoggetta­re a tassazione separata in base all’articolo 17 del Tuir, né appaiono riconducib­ili ad alcuna delle sei categorie reddituali dell’articolo 6 del testo unico.

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