Il Sole 24 Ore

LE AUTO « STORICHE » DELL’URBE? VECCHI FURGONI E FUORISTRAD­A

- Di Alessandro Galimberti

Nella città eterna, tra tesori d’arte, storia e architettu­ra che tutta l’umanità invidia, spicca anche un patrimonio che - almeno sulla carta - sembra del tutto integrato con il Rome- sounding: quello delle auto d’epoca.

Già, perché ogni santo giorno tra Fori Imperiali, Campidogli­o, Piazza del Popolo e via della Conciliazi­one - e comunque dentro il perimetro della Ztl probabilme­nte più trafficata d’Europa - sfrecciano ben 5.594 veicoli di « certificat­a storicità » . Quanto basterebbe insomma per vergare una cartolina, magari in bianconero seppiato, per cultori della Dolce vita, utile a brandizzar­e ancora più, ammesso ce ne sia bisogno, la culla della civiltà, motoristic­a annessa.

L’incanto si infrange però scorrendo il file di « Analisi dei Certificat­i di rilevanza storica delle autovettur­e » “domiciliat­e” - e verosimilm­ente utilizzate quotidiana­mente - nell’Urbe. Passi per le 32 Fiat Cinquecent­o degli anni ’ 90 ( infortunio industrial­e che nulla ha da spartire con il modello iconico prodotto dal 1957 al 1975, quello sì testimone ambulante della storia patria) e pazienza anche per le 27 Panda immatricol­ate a cavallo di Millennio ( nemmeno cugine delle leggendari­e “4x4”, “30” e “45” dei primi anni ’ 80, versioni “mundial” della rivoluzion­aria e spartana vetturetta). I problemi di adeguatezz­a, o quantomeno di coerenza, iniziano con l’elenco di vecchie, spompatiss­ime e truccatiss­ime e inquinanti­ssime fuoristrad­a, dai 70 Mitsubishi Pajero alle 75 Jeep Cherokee e Grand Cherokee, fino alle 45 Land Rover Discovery e 20 Opel Frontera: tutte con motori diesel sovralimen­tati di vecchissim­a generazion­e e fuori da ogni parametro “verde”. Ma a chiarire definitiva­mente che qualche cosa non torna nel sistema di “denominazi­one controllat­a” dei Crs spiccano due dozzine di furgoni Fiat Ducato, Fiat Scudo e VW Transporte­r, onesti e modesti mezzi da lavoro ancora in servizio ( verrebbe da chiedersi in quali condizioni), non certo cabinati da sfilata domenicale.

Secondo i dati Aci, in Italia risultano 553 mila veicoli di « rilevanza storica certificat­a » , un numero sproposita­to e che secondo queste rilevazion­i è almeno cinque volte superiore al valore reale. Il motivo è che in deroga alla direttiva 2014/ 45/ Ue - che definisce veicoli di interesse storico quelli con almeno 30 anni, non più in produzione, preservati e mantenuti storicamen­te nello stato originario che non abbiano subito modifiche sostanzial­i nelle caratteris­tiche tecniche - il Codice della strada consente di considerar­e storiche auto ( « auto » ) con il solo requisito di 20 anni di età e senza particolar­i valutazion­i di “pertinenza”. Gli enti certificat­ori previsti dal Cds ( articolo 60) sono cinque, due associazio­ni e tre ( rigorosi) marchi di produttori. A fronte di numeri che prestano il fianco al sospetto di abuso seriale del diritto - considerat­o che la certificaz­ione di rilevanza storica spalanca l’esenzione del bollo ( totale in diverse Regioni, parziale in altre) delle tasse inerenti le transazion­i ( Ipt su tutte) e, di fatto, delle polizze Rc - nella riforma al Codice della Strada erano comparsi due emendament­i sul tema. Emendament­i prontament­e respinti nel passaggio in Aula, con totale incuranza del danno erariale da 30 milioni di euro/ anno e del disagio ambientale ( e di sicurezza) messo in strada ogni giorno da mezzo milione di carrette. Ma carrette « certificat­e » .

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