« La regolarizzazione spinge la riqualificazione »
« Regolarizzare le piccole difformità va sicuramente nella direzione giusta » . Parola del presidente di Confindustria Assoimmobiliare, Davide Albertini Petroni che saluta l’annuncio di un prossimo provvedimento con favore.
L’ipotesi di costruire un sistema per mettere in regola le piccole difformità la convince?
Sì, certamente, l’intento è positivo. In Italia abbiamo fabbricati molto vecchi che sono stati in qualche modo riqualificati, modificati, aggiornati e sistemati, ma che dal punto di vista amministrativo non sono a posto per le più disparate ragioni, per dimenticanza o impossibilità, soprattutto gli immobili di una certa età che non di rado restano invenduti. Regolarizzarli è la cosa migliore perché si consente di valorizzare quel fabbricato.
Eppure in molti hanno parlato dell’ennesimo condono.
L’obiettivo è corretto, ed è giusto che il governo lavori per sistemare le piccole irregolarità. Questo credo che sia nell’interesse di tutti. Andrebbe evitato che fosse percepito come un condono perché non lo è.
Il Consiglio nazionale degli ingegneri ha stimato in più dell’ 80% gli immobili coinvolti in questo tipo di irregolarità. È una stima che la impressiona?
Sì ma è anche molto verosimile. In Italia abbiamo un patrimonio molto vecchio, cosa che inciderà anche per il passaggio alle performance della direttiva Epbd dell’Unione europea sulla transizione energetica dei fabbricati. Nei residenziali abbiamo il 65% degli immobili in classe F e G. E quindi rispetto alla Germania o rispetto ai Paesi scandinavi, dove hanno costruito molto di più recentemente, l’impatto della direttiva sulle case green per noi sarà molto più oneroso.
Dal vostro osservatorio le mancate regolarizzazioni incidono sulle compravendite?
Sì, sono un freno al mercato. Molti dei nostri associati stanno facendo riqualificazioni di immobili esistenti: l’orientamento oggi è questo, fare riqualificazione ed evitare il consumo di suolo.
E questo cosa comporta?
La rigenerazione urbana passa dal riutilizzo e dalla riqualificazione degli immobili esistenti. E qui a volte nascono i problemi perché le piccole difformità impediscono o rallentano l’acquisto e il passaggio di proprietà. Prendiamo gli immobili costruiti nel dopoguerra, anni ' 60, anni ' 70, non sempre le modifiche della planimetria o dell’intervento sul fabbricato sono state adeguatamente riportate nelle carte. Questa purtroppo è una conseguenza della vetustà del nostro patrimonio.
Questa norma è inserita in un disegno più ampio, il Piano casa, che si incarica anche di affrontare la crisi degli alloggi e di studiare soluzioni abitative accessibili ai redditi mediobassi. Qual è la vostra posizione a riguardo?
Oggi il mercato si sta lentamente orientando verso la locazione e non solo sulla proprietà. E questo accade per via di tutta una serie di mutamenti anche sociali, la mobilità lavorativa, il fatto che le famiglie non vedono più la casa come l’obiettivo primario. All’estero già ci sono grandi proprietari di case che fanno esclusivamente locazione di immobili e quindi non esiste più lo sfratto per necessità.
E quindi bisogna sostenere questa inversione di tendenza?
Esistono modelli abitativi con al centro le grandi proprietà che hanno migliaia di appartamenti: in questo caso io posso anche vivere tutta la vita in affitto, come accade nel nord Europa. Perché oggi sto a Milano, domani mi sposto a Bologna, a Ferrara. Questo modello sta arrivando anche in Italia.
Ma la crisi morde e gli affitti sono altissimi...
Si, perché l’affitto medio non dovrebbe superare il 35% degli stipendi medi mensili.
E allora come fare?
Bisogna puntare sui partenariati pubblico- privati. Destinare aree agli investimenti privati per la costruzione di alloggi a prezzi calmierati. Esistono diverse esperienze concrete e virtuose fuori dal circuito Milano- Roma. Quindi si può fare.