Yellen vuole proteggere gli States dall’invasione delle auto elettriche cinesi
Il segretario al Tesoro a Guangzhou attacca gli aiuti di stato per la transizione
Cinque mesi dopo il segretario al Tesoro americano Janet Yellen torna alla corte del segretario generale del partito comunista cinese Xi Jinping.
Missione lunga, fino a martedì, per portare a compimento il mandato di San Francisco dove, in occasione dell’Apec, la bilaterale tra Cina e Stati Uniti decise che era ora di disgelare le relazioni tra i due blocchi.
Come farlo, ci sta pensando questa donna piccola solo di statura, determinata ma in grado di negoziare con pazienza, anche a dispetto di incidenti di percorso sgradevoli: a novembre un’intossicazione alimentare stava per metterla fuori gioco nel pieno della visita nella capitale cinese.
La responsabile dell’Economia Usa ha messo le cose in chiaro non appena toccato terra a Guangzhou, nel Sud della Cina ( oggi sarà a Pechino). Ad attenderla c’erano il vice premier He Linfeng, che ha preso il posto di Liu He come plenipotenziario per l’economia, il governatore della Banca centrale e il top dei manager delle imprese cinesi. Ai vertici economici cinesi Yellen ha subito rinfacciato il doppio tema degli aiuti di Stato di Pechino, troppo generosi, per la transizione energetica e della sovraproduzione: due capitoli che limitano la concorrenza con le aziende occidentali nei settori della transizione verde, per le auto elettriche e i pannelli solari low cost. Yellen ha avuto incontri anche con i rappresentanti delle imprese europee e giapponesi, tutte preoccupate della parità di trattamento tra aziende straniere e locali nel business. Le imprese americani restano scettiche sulla possibilità di poter contrastare la Cina, l’industria delle auto tocca il 3% del Pil e un’analisi del settore a febbraio ha dimostrato che le auto Usa rischiano l’estinzione in caso di invasione di auto cinesi verdi cioè elettriche. Auto prodotte in grandi quantità che il mercato interno di Pechino non è in grado di smaltire. Prodotte con l’aiuto di laute sovvenzioni governative, questi prodotti falsano - come ha spiegato la stessa Yellen - le dinamiche di mercato e soprattutto quelle dell’import- export.
La mano è tesa ma il terreno di scontro resta bollente. La Cina ribalta le stesse accuse agli americani, anzi com’è noto qualche giorno fa ha fatto ricorso in sede Wto per denunciare la presunta violazione americana sugli aiuti di Stato nell’auto elettrica in casa propria con gli incentivi dell’Inflation Reduction Act dell’amministrazione Biden.
Il portavoce del ministero degli Esteri Wang Weibin ha detto che questi problemi per la Cina non esistono e che la domanda di prodotti verdi è frutto della richiesta globale improntata alla sostenibilità. Da queste secche Yellen dovrà uscire e non sarà facile nemmeno per una rompighiaccio gentile come lei. Intanto l’idea che possano essere ostacolate produzioni di questo tipo - dai pannelli solari alle auto elettriche - all’ingresso negli Usa è sempre più probabile, ovviamente siamo agli antipodi di un mondo improntato sulla globalizzazione semmai avviato verso un disallineamento sempre più lampante.