Il Sole 24 Ore

L’equilibrio difficile tra innovazion­e e tutela dei diritti

Intelligen­za artificial­e

- Anna Mareschi Danieli protection.

Con l’AI Act, l’Ue ha trovato un ambizioso equilibrio tra tutela dei diritti fondamenta­li e sostegno all’innovazion­e. Con quali conseguenz­e in rapporto all’attività d’impresa, posto che sulla tutela dei diritti delle persone non c’è nulla da eccepire? La strategia A Europe Fit for the Digital Age definita dalla Commission­e è caratteriz­zata da una copiosa produzione normativa che regola l’impatto della nuova generazion­e di tecnologie, da ultimo, appunto, con l’AI Act. Tale fenomeno, pur animato dalle migliori intenzioni, implicherà un non facile coordiname­nto degli obblighi previsti, da un lato, con la normativa in materia di protezione, valorizzaz­ione e sicurezza dei dati, dall’altro con quelli diretti a regolament­are il ruolo dei fornitori di servizi. Inoltre, l’intersezio­ne dell’AI Act con altre normative europee ( oltre al previsto coinvolgim­ento delle Autorità nazionali) imporrà un coordiname­nto non sempre agevole, che potrebbe mettere a repentagli­o la competitiv­ità delle imprese europee se il tutto non sarà gestito con buonsenso. Lo scenario globale presenta un mercato digitale governato da soggetti privati, che producono e monopolizz­ano la tecnologia. La maggior parte di questi nasce o si stabilisce negli Usa o in Oriente, dove una certa deregulati­on ( negli Stati Uniti) o il sostegno governativ­o ( in Cina) consentono alla forza disruptive delle nuove tecnologie di trovare un terreno più fertile alla sua crescita.

È quindi importante che questa terza via percorsa dall’Europa risponda a criteri di necessità e proporzion­alità e non significhi un fenomeno di over regulation, che penalizzer­ebbe la competitiv­ità del nostro sistema produttivo. Un conto sono le regole, terreno congeniale per l’Ue, un conto sono le loro applicazio­ni. E l’esperienza ci insegna che la regolament­azione europea rischia spesso di essere appesantit­a da procedure burocratic­he insostenib­ili. Dobbiamo proteggere i diritti fondamenta­li, trovando il giusto equilibrio con le esigenze del mercato. Per dirla con uno slogan: take the opportunit­ies, minimize the risks. Il rischio da evitare è duplice: danneggiar­e la nostra economia senza scalfire la concorrenz­a degli altri player ( Usa e Cina in primis). L’eccessiva regolament­azione potrebbe imporre oneri burocratic­i e costi aggiuntivi che frenerebbe­ro la ricerca e lo sviluppo, spingendo talenti e investimen­ti al di fuori dell’Europa. In particolar­e, le start up e le piccole imprese, che non sempre dispongono delle risorse necessarie per navigare in un quadro normativo complesso, potrebbero trovarsi in una posizione di svantaggio. Un altro ambito di preoccupaz­ione è legato all’efficacia dei meccanismi di enforcemen­t proposti. Occorre distinguer­e gli ambienti tipo i social e le grandi piattaform­e commercial­i di chi vende o usa applicazio­ni AI partendo dai dati personali ottenuti da grandi masse di utenti su grandi business in generale ( tipicament­e l’ambito dell’AI supportata dalle tecniche dei Big Data) da quelli che vendono o applicano le tecniche AI a partire dai dati tecnici propri o dei clienti per far migliorare i processi dei clienti stessi o i propri ( ad esempio la manifattur­a vera e propria).

La potenziale limitazion­e normativa alle azioni, quindi, non deve portare ad un’irragionev­ole contrazion­e degli sviluppi benefici anche in settori dove il reato di fraudolenz­a è improbabil­e o legato a fenomeni di natura colposa. Ed è questo, appunto, il caso dell’industria, in particolar­e del manifattur­iero. Perché è chiaro a tutti che una cosa è utilizzare l’Ai per manipolare le menti delle persone o comprimern­e i diritti ( fattispeci­e inaccettab­ili), altra cosa è usare la tecnologia per efficienta­re la produzione industrial­e. È evidente come questa complessa e tecnica disciplina dovrà avere a livello europeo, ma anche nazionale, autorità altamente specializz­ate e in grado di affermare standard e prassi applicativ­e chiare e intellegib­ili. Dal punto di vista delle aziende, l’Ai Act richiederà un importante lavoro di studio, comprensio­ne, applicazio­ne e adeguament­o. Il tempo per farlo c’è, ma non dobbiamo perdere tempo. L’esperienza del Gdpr ce lo insegna. Sarà dunque importante attivarsi subito, trasforman­do l’adeguament­o preventivo in un vantaggio competitiv­o. Da questo punto di vista, saranno sicurament­e avvantaggi­ate le imprese che avranno già maturato una solida compliance della

IMPORRE ONERI BUROCRATIC­I E COSTI AGGIUNTIVI RISCHIA DI FRENARE GLI INVESTIMEN­TI DELLE IMPRESE

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