CONCORRENZA DALLA CINA: è IL CLIENTE CHE DECIDE
La questione dei dazi all’importazione di auto cinesi sta polarizzando l’industria, con i generalisti in difesa e i premium che guardano a oriente.
Il numero uno di Mercedes, Ola Kallenius, ha invocato il libero mercato contro un possibile inasprimento dei dazi, ma il sospetto è che parli a favore dei suoi primi azionisti, entrambi cinesi con quasi il 20%. Però ha incassato pure il sostegno di Oliver Zipse, leader di BMW: « Dobbiamo accettare la competizione e imparare gli uni dagli altri » . Evidentemente, a pesare è anche il timore di ritorsioni da parte di Pechino, che ormai vale un terzo delle vendite per i costruttori tedeschi, incluso Volkswagen. Queste posizioni indicano quanto il perimetro delle multinazionali non coincida con quello della politica, presumibilmente orientata a proteggere più il valore sociale delle imprese che quello azionario.
All’opposto i due grandi generalisti, Stellantis e Renault, hanno più volte richiesto la collaborazione del decisore, come protezione dall’importazione dalla Cina e come sostegno alle vendite di auto elettriche. Di più, affidano la strategia di prodotto al decisore politico, avvertendo che una revisione del divieto di vendita di auto termiche dal 2035, possibile se non probabile, li lascerebbe in mezzo al guado di investimenti plurimiliardari già fatti: indietro non si torna. Qui si registra l’eccesso opposto. L’industria non considera più la politica una condizione ambientale con cui relazionarsi, ma la trasforma nell’ispiratrice delle strategie, al posto dei consumatori. È stato l’errore grave che ha disallineato l’offerta attuale rispetto a ciò che i clienti comprano.
Non passa settimana senza apprendere che questa o quella Casa abbia ritardato, attenuato o annullato dei progetti sull’elettrificazione.
Può succedere, errare è umano. Ma qui si persevera. Si tratta di marketing, né più né meno. L’industria ha il suo cliente: il consumatore.
Anche la politica ha il suo: il cittadino. Sono la stessa persona? Sì. Dunque vogliono la stessa cosa? No. Ciò che uno dichiara come cittadino può non equivalere a quello che acquista. Nel marketing i clienti sono tali solo se e quando entrano in quello che si chiama “processo d’acquisto”. Un percorso che si attiva con la percezione del bisogno e si conclude con la sua soddisfazione attraverso un acquisto. Entrano in gioco le idee e i valori del cittadino? Certo che sì. Al punto da portare a un acquisto del cliente che non soddisfi il bisogno? Certo che no. Però così diventa complicato.
Vero: l’umanità risponde a interessi concreti mentre coltiva aspirazioni ideali.