Il Sole 24 Ore

Materiali critici, finora sono solo due i siti riaperti

I casi di Gorno ( Bergamo) e di Silius ( Cagliari): sono gli unici in attività

- Davide Madeddu

La corsa alle materie critiche spinge la ricerca e un potenziale ritorno in miniera. L’obiettivo è duplice: superare gli effetti provocati dai conflitti internazio­nali che hanno determinat­o una riduzione nell’approvvigi­onamento e aumento dei costi; raggiunger­e l’indipenden­za nella produzione di materiali critici. Ma prima di estrarre il materiale dal sottosuolo sarà necessario aspettare qualche anno.

Attualment­e le miniere metallifer­e presenti nel territorio nazionale sono in sonno. E i siti in cui si lavora per rimettere in marcia gli impianti per coltivare i giacimenti con potenziali materiali critici ( gli altri compendi minerari funzionant­i in Italia non hanno queste caratteris­tiche) sono solo due. Una è a Gorno nella provincia di Bergamo dove da anni sta lavorando, attraverso la Energia Minerals, l’australian­a Altamin. La stessa azienda che porta avanti anche una serie di altre iniziative con permessi di ricerca per Cobalto e Grafite in Piemonte, poi Emilia Romagna, Liguria e Lazio dove si sta lavorando al progetto Litio. L’altra è a Silius, in provincia di

Obiettivo delle ricerche in Italia: cobalto, grafite, fluorite, galena titanio e litio

Cagliari, in mano alla Mineraria Gerrei, in cui si sta andando avanti, forte di un investimen­to che supera i 40 milioni di euro, con il piano per rimettere in marcia la produzione di Fluorite e Galena e un potenziale da esplorare di Terre rare. Un altro progetto, presentato dall’azienda Sabbie di Parma, e attualment­e in fase autorizzat­iva, riguarda Giacurru, il sito minerario di Gadoni, in provincia di Nuoro, per la valorizzaz­ione dei minerali di ferro. « Risvegliar­e le miniere in sonno è quella che viene definita la soluzione più semplice - sottolinea Fabio Granitzio, geologo minerario con esperienza in ambito nazionale e internazio­nale, dato che i tempi, andando tutto bene, oscillano tra i 5 e i 7 anni » . Nel caso si dovesse procedere con la costruzion­e ex novo, i tempi si dilatano enormement­e: « Dal primo passo all’eventuale ingresso in produzione passano circa quindici anni, anche perché molto spesso i progetti devono fare i conti con i contesti locali e la burocrazia » .

In questo panorama si gioca poi un’altra partita, che riguarda i permessi di ricerca ed esplorazio­ne propedeuti­ci per la ricostruzi­one dei siti minerari e quindi l’entrata in produzione. In questo caso in Italia si cerca molto Litio ( Cesano di Roma), Grafite, Titanio, Cobalto, Fluorite, Galena e Blenda e diversi altri materiali compresi tra gli elementi critici. Per il geologo sarebbe comunque rilevante riprendere lo sfruttamen­to in Italia e in Europa: « Naturalmen­te si tratta di una scelta politica e strategica legata alla volontà di rendere indipenden­te l’industria Europea dalle forniture straniere di materie prime. Basti un esempio: il nichel è essenziale per la produzione di acciaio inossidabi­le e fondamenta­le anche per la produzione di batterie, ma è una sfida che l’Europa rischia di aver già perso, dovendosi confrontar­e con l’Indonesia e la Cina, paesi che stanno invadendo il mercato globale con metallo a basso costo con criteri non rispettosi degli standard Esg » .

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