Materiali critici, finora sono solo due i siti riaperti
I casi di Gorno ( Bergamo) e di Silius ( Cagliari): sono gli unici in attività
La corsa alle materie critiche spinge la ricerca e un potenziale ritorno in miniera. L’obiettivo è duplice: superare gli effetti provocati dai conflitti internazionali che hanno determinato una riduzione nell’approvvigionamento e aumento dei costi; raggiungere l’indipendenza nella produzione di materiali critici. Ma prima di estrarre il materiale dal sottosuolo sarà necessario aspettare qualche anno.
Attualmente le miniere metallifere presenti nel territorio nazionale sono in sonno. E i siti in cui si lavora per rimettere in marcia gli impianti per coltivare i giacimenti con potenziali materiali critici ( gli altri compendi minerari funzionanti in Italia non hanno queste caratteristiche) sono solo due. Una è a Gorno nella provincia di Bergamo dove da anni sta lavorando, attraverso la Energia Minerals, l’australiana Altamin. La stessa azienda che porta avanti anche una serie di altre iniziative con permessi di ricerca per Cobalto e Grafite in Piemonte, poi Emilia Romagna, Liguria e Lazio dove si sta lavorando al progetto Litio. L’altra è a Silius, in provincia di
Obiettivo delle ricerche in Italia: cobalto, grafite, fluorite, galena titanio e litio
Cagliari, in mano alla Mineraria Gerrei, in cui si sta andando avanti, forte di un investimento che supera i 40 milioni di euro, con il piano per rimettere in marcia la produzione di Fluorite e Galena e un potenziale da esplorare di Terre rare. Un altro progetto, presentato dall’azienda Sabbie di Parma, e attualmente in fase autorizzativa, riguarda Giacurru, il sito minerario di Gadoni, in provincia di Nuoro, per la valorizzazione dei minerali di ferro. « Risvegliare le miniere in sonno è quella che viene definita la soluzione più semplice - sottolinea Fabio Granitzio, geologo minerario con esperienza in ambito nazionale e internazionale, dato che i tempi, andando tutto bene, oscillano tra i 5 e i 7 anni » . Nel caso si dovesse procedere con la costruzione ex novo, i tempi si dilatano enormemente: « Dal primo passo all’eventuale ingresso in produzione passano circa quindici anni, anche perché molto spesso i progetti devono fare i conti con i contesti locali e la burocrazia » .
In questo panorama si gioca poi un’altra partita, che riguarda i permessi di ricerca ed esplorazione propedeutici per la ricostruzione dei siti minerari e quindi l’entrata in produzione. In questo caso in Italia si cerca molto Litio ( Cesano di Roma), Grafite, Titanio, Cobalto, Fluorite, Galena e Blenda e diversi altri materiali compresi tra gli elementi critici. Per il geologo sarebbe comunque rilevante riprendere lo sfruttamento in Italia e in Europa: « Naturalmente si tratta di una scelta politica e strategica legata alla volontà di rendere indipendente l’industria Europea dalle forniture straniere di materie prime. Basti un esempio: il nichel è essenziale per la produzione di acciaio inossidabile e fondamentale anche per la produzione di batterie, ma è una sfida che l’Europa rischia di aver già perso, dovendosi confrontare con l’Indonesia e la Cina, paesi che stanno invadendo il mercato globale con metallo a basso costo con criteri non rispettosi degli standard Esg » .